9° Far East Film Festival


Udine, 9° edizione

(20 Aprile - 28 Aprile 2007)

Ennesima edizione in crescita per il Far East Film Festival che giunge alla sua veneranda nona edizione (escludendo sempre l'edizione zero dedicata in toto al cinema di Hong Kong).

La zona migliore del festival è ovviamente stata la preziosissima retrospettiva su Patrick Tam, evento atteso da decenni da tanti amanti della storia del cinema, affiancata da un catalogo che si erge come ottimo compendio e oggetto di studio. 

Uno sguardo sulle agguerrite nazioni in palinsesto mostra una parziale delusione sortita dalla selezione Giapponese. 
A parte il festival-friendly Strawberry Shortcakes e l'incontestabile capolavoro Memories of Matsuko, si sono visti quasi unicamente blockbusters e colossali delusioni assortite. Umizaru 2Nana 2, Arch Angels eSinking of Japan sono stati, se non disastrosi, sconfortanti; Dororo e i due Death Note onesti prodotti medi di puro intrattenimento; Hula Girls e Sakuran tutto sommato modeste e dubbiose visioni; a Uncle's Paradise (che ha dalla sua almeno il fatto di appartenere ad un genere ben definito e codificato) e Slit-Mouthed Woman è meglio non ripensare nemmeno.
Discorso simile per Hong Kong. A tre ottimi titoli, Eye in the Sky, Dog Bite Dog My Name is Fame si sono alternati titoli assai modesti come On the Edge, Whisper and Moans, A Battle of Wits e Confession of Pain. Va bèh, Tam, ma è un discorso a parte.
Non cambia la solfa per la Corea del Sud; a parte gli oggettivamente scadenti The Restless e 200 Pounds Beauty, si è riconfermata fucina di grandi talenti recitativi, registici e visuali, con storie dal forte impatto narrativo, sia pur non originalissime, dalle tinte fosche e violente da un lato (Dirty CarnivalNo Mercy for the Rude,Cruel Winter BluesThe Host), leggere e adulte dall'altro (SolaceA Day for an AffairFamily Ties). Il livello medio dei prodotti è sempre elevato, anche se i film, quasi sempre, risultano privi di qualsivoglia originalità, a tratti noiosi e eccessivamente lunghi a fronte di un'esile storia narrata. 
Con delle Filippine stabili che confermano -nel bene e nel male- quello che ci avevano mostrato gli anni precedenti, almeno stando ai film selezionati, un buon film taiwanese e uno malese le sorprese maggiori giungono da due paesi in assoluto sviluppo, Thailandia e Cina.
I registi cinesi, lanciatissimi nell'emulare modelli e stilemi sia occidentali che asiatici, li rielaborano però in modi personali e freschi, spesso giungendo a risultati sorprendenti. Ormai si possono riscontrare esempi, se non folgoranti, almeno pregevoli in ogni campo: "teen movie" (Thirteen Princess Trees), commedia (One Foot off the Ground), parodia cinefila (l'orribile Big Movie), horror (The Matrimony), grottesco (The Case), noir (Curiosity Kills the Cat). Le speranze per il futuro sono sempre più rosee.
Solo quattro titoli dalla Thailandia (e ne auspichiamo sempre di più) ma che mostrano l'estrema vitalità del cinema locale; l'ottimo horror melodrammatico Dorm, l'action estremo Tabunfire e l'intenso 13-Beloved. Delude solo in parte il nuovo Sasanatieng, The Unseeable, suntuoso ma assolutamente poco originale.

Elevato il numero di ospiti intervenuti che hanno acceso gli animi dei membri di AsianFeast, i cui "inviati speciali" quest'anno si sono prodigati in un numero spropositato di interviste, visioni, foto... e applausi... [M3+CZ:]

Coincidenze che rivelano l'estremo livello di fantasia di cui, anche in oriente, gli addetti ai lavori sono dotati.
- Il numero 13 appare in tre titoli: Thirteen (la serie da cui sono tratti gli episodi di Tam), 13-Beloved, e Thirteen Princess Trees.
- Il termine "tie" ricorre in ben tre titoli coreani: Family TiesBloody TieRighteous Ties.
- La canzoncina "You Are My Sunshine" ricorre in tre film: After this our ExileDog Bite Dog e un terzo di cui attualmente ci sfugge il titolo, ma aveva già fatto una capatina a Udine l'anno scorso nel coreano You are my Sunshine (appunto).
- L'attore-ubiquo di quest'anno è sicuramente Lee Han-hwi (8 film nel 2005, 10 nel 2006!), visto in ben quattro pellicole presenti al Far East: 200 Pounds BeautyNo Mercy for the RudeRighteous TiesSolace; ma, sempre restando in Corea, non scherzano nemmeno Yoon Je-moon (The HostCruel Winter BluesDirty Carnival) e Kwon Tae-won (TazzaNo Mercy for the RudeA Dirty Carnival).

Venerdì 20

Dororo (Akihiko Shiota)
-Il film di apertura quest'anno delude (l'anno scorso si era scelto il godibile e per certi versi scioccante Rules of Dating). Nella trasposizione del manga del maestro Tezuka non c'è nulla che si faccia segnalare; la sceneggiatura superficiale manca di ogni minima cura per la coerenza; le poverissime scenografie, con tanto di pietre palesemente in cartapesta, infastidiscono; le musiche non si possono sentire tanto sono fuori luogo (Gipsy Kings? Aiuto!); sugli attori, o presunti tali, è meglio sorvolare, con l'eccezione della carinissima Shibasaki, le cui faccette rubano ogni inquadratura. A parte un paio di buone coreografie, il resto è infantilismo, approsimazione, noia e tanti, tanti effetti in CG. [M3]

-Ottima l'apertura del festival con Dororo, un blockbuster giapponese così libero come non se ne fanno ormai più, un film ricchissimo ma non (s)venduto alla patetica tendenza verso la perfezione stilistica fine a sè stessa e alla coerenza obbligatoria. Un film fatto da un fan, è evidente, in cui il regista ludicamente unisce creature gommose degne del miglior tokusatsu a impressionanti mostri digitali spingendo questa scelta anche nella alternanza di décors. Coreografie marziali folli e rocambolesce ad opera del maestro Ching Siu-tung. [CZ]

Love Massacre (Patrick Tam)
 Un caleidoscopico dramma-melo condito di splatterate varie (alcune censurate nella versione proiettata). Caleidoscopico non tanto per il montaggio o la frenesia dell'azione (la trama si snoda pacata e idolente), ma per il susseguirsi inarrestabile di determinati colori accuratamente selezionati e puntualmente ricorrenti. Pannelli, pennellate, oggettistica, scenografie, costumi, tutto ruota intorno al blu, al rosso e al bianco. Sensuali derive ossessivo-estetiche avvolgenti e travolgenti. [M3]

Sabato 21



Solace (Byeong Seung-wook)
-Si segue con passione questo delicato, malinconico melo sull'incontro di due anime oppresse dalla vita e dalle sue oscure e inesorabili sorprese. Dalla sua ci sono dei personaggi molto forti, caratterizzati da ottimi attori in modo più che verosimile (il fratello ritardato del protagonista è un incredibile Lee Han-hwi, il prezzemolino di cui sopra) e una narrazione che alterna momenti divertenti ad altri decisamente drammatici, venati di pessimismo realista. I molti dettagli di cui il film è prodigo appaiono inutili ma in realtà contribuiscono alla costruzione di una dimensione intima, intimista, un quadro concretamente tangibile di un'esistenza effimera, fatta di nulla, ma un nulla che entra nel cuore. Una durata eccessiva secondo qualcuno, ma il giusto lasso di tempo per fare la conoscenza dei protagonisti, adorabilmente odiosi nelle loro idiosincrasie e negli sfortunati casi che la vita ha riservato loro. La storia procede lenta, vero, ma, se questo sarebbe un difetto in un action, qui è una modalità del tutto naturale. Descrivere la quotidianità non richiede ritmi indiavolati. [M3]

-Un film abbastanza insopportabile, compiaciuto e noioso. [CZ:]

A Dirty Carnival (Yoo Ha) 
L'oscurità e il pessimismo cosmico che trasudano da questo film sono pari solo alla mole impressionante di violenza di cui è intriso. Riferimenti metacinematografici, attori al top (anche il giovane e inesperto protagonista), ottima fotografia, botte, saghe mafiose, bassezze, botte, cibo, discorsi, karaoke, botte, sentimentalismo, scelte laceranti, botte... Imprescindibile. [M3]

Young And Clueless (Tang Danian) 
Della serie "anche la Cina vuole dare il suo contributo al teenage movie asiatico". In seguito a una prima parte debitrice a mille altre pellicole, ma tutto sommato sui giusti binari, con due protagoniste insopportabili ma carinissime, diventa presto evidente quanto la sceneggiatura non sappia che pesci pigliare. Inserti onirici poco rassicuranti che non portano da nessuna parte, incontri superflui, un personaggio che si aggiudica la palma per il più simpatico del FEFF, ma che nulla ci azzecca col resto del film. E, dulcis in fundo, una conclusione a dir poco castrante. [M3]

Umizaru 2: Test Of Trust (Hasumi Eiichiro)
Tra i forumisti è stato forse il film che si è aggiudicato più stroncature. E in effetti è proprio inguardabile, indifendibile, insopportabile. Non so dove fosse arrivato Lorelei, ma qui si tocca il fondo, in senso figurato e letterale. La bella Kato Ai non attenua il giudizio impietoso sul cast: totalmente inadeguato. Non che un buon cast avrebbe potuto salvare il film dall'inabissamento, zeppo com'è di retorica e buoni sentimenti. La prevedibilità e gli effetti speciali - che dovrebbero essere costosi ma che non reggerebbero il paragone nemmeno con unExodus (di Erik Matti, ndCZ)- provocano un misto di irritazione e comicità. Si arriva agonizzanti alla fine, sorretti dalla sola speranza di veder morire tutti, ma, anche qui, c'è poco di che stare allegri. [M3]

Eye In The Sky (Yau Nai Hoi) 
L'unità temporale intensa quanto ridotta ne fanno una vetrina importante per Yau, libero di concentrarsi su regia, stile, fotografia e quant'altro. Montaggio frenetico, riprese traballanti e un modo di procedere arzigogolato, se da una parte ne fanno un film scorrevole, dal ritmo sostenuto, dall'altra lo rendono dispersivo e di faticosa fruibilità. Bello l'intrecciarsi incrociato di storie e persone, interessanti le tematiche, anche se non certo originali. Recitato e fotografato in maniera rigorosa, sceneggiato un po' meno, con quell'espediente finale indigesto e quel facile dualismo bene/male che puzza di stantìo. Ma ciò poco toglie all'incontestabile valore del film. [M3]

The Host (Bong Joon-ho)
 Senza "se" e senza "ma": divertimento genuino da cinema di prima classe. Il solo Song Kang-ho renderebbe la visione necessaria, ma il cast e lo staff al completo mettono al fuoco tanta carne/soia che se ne esce satolli e soddisfatti e col sorriso stampato. La storia, forse claudicante e mancante di verosimiglianza in qualche punto, è comunque un godibilissimo treno lanciato a velocità folle tra disaster-movie, parodia, satira e avventura tout-court. [M3]

Domenica 22

Sinking Of Japan (Higuchi Shinji
Catastrofico ipereffettato, remake di un classico della fantascienza nipponica. Si guarda come si guarda un desktop di windows. [CZ:]

Blockbuster sull’inabissamento del Giappone, presenta una trama derivativa (Armageddon è dietro l’angolo) e un’approfondimento psicologico dei personaggi pressoché nullo. I luoghi comuni del caso si sprecano, come pure i buoni sentimenti, ma la storia non è pesante da seguire, grazie anche all’argomento coinvolgente, agli effetti digitali di tutto rispetto e, soprattutto, alla Shibasaki, la più improbabile volontaria di una squadra di soccorso mai vista al cinema. Tutto sommato non così deludente. [M3]

Death Note (Shunsuke Kaneko)
 Al primo impatto si resta di sasso, tanto la storia è infantile e sconnessa e tante sono le volte in cui occorre chiudere un occhio (ma anche tutti e due). Poi, una volta presa confidenza con i personaggi, l'incredulità lascia il posto all'indifferenza. Alla fine si arriva a una sottospecie di coinvolgimento, ma la CG stupidina, il protagonista stupidino e la storia stupidina non lasciano troppo spazio per l'entusiasmo. [M3]

The Restless (Cho Dong-oh)
 Troppi svolazzamenti, troppi buoni sentimenti, troppe cose che ritornano, troppo misticismo, troppi belloccioni per considerarlo anche solo dignitoso. Notevoli gli effetti speciali e la coreografia degli scontri, ma avrei gradito la presenza di una trama (con più spessore). Durata soggettiva: 5 ore. [M3]

Agent X44 (Joyce Bernal)
 Questa sorta di umorismo sgangherato da due lire non dice niente, tantomeno fa ridere. La storia è ingarbugliata a dovere, ma inutilmente, rimane solo un pretesto per le infinite, spossanti, demenzialissime gag. Gli attori amatoriali sono così forzatamente stupidi (che lo siano o che lo facciano) da non fare nemmeno sorridere. Povera Joyce, tanto caruccia di persona, quanto cinematograficamente inutile. [M3]

Death Note: The Last Name (Shusuke Kaneko) 
Essendo già familiari con ambientazione e personaggi strambi, risulta più digeribile del primo, riuscendo a tratti anche a divertire, soprattutto quando c'è in scena la carinissima Toda. Purtroppo a un certo punto tutto si sfilaccia e il finale manda a ramengo ogni rimasuglio di credibilità. Inutile sperare nell'estinzione della saga: considerato il grosso pubblico, i seguiti saranno inevitabili. [M3]

Dog Bite Dog (Soi Cheang)
 Potentissimo il rapporto tra i due "cani" protagonisti, vero protagonista e fonte di momenti ad altissimo tasso di adrenalina. Di grande effetto le lotte, gli inseguimenti e le svariate rese dei conti. Lussuosissima e sporchissima insieme la fotografia, ricca di abbagli e di grandangoli in un ambiente urbano degradato e violentissimo. Il finale simbolista e metaforico invece richiede un notevole sforzo collaborativo allo spettatore che qualcuno potrebbe anche non sentirsi di accordare a Soi. Peccato, perché l'intera trama traballa. [M3]

Lunedì 23

After This Our Exile (Patrick Tam) 
La malinconia e il degrado all'esterno e all'interno dei protagonisti colpiscono basso allo stomaco. La durata è assolutamente relativa, non un solo secondo viene percepito come superfluo. La scena di sesso montata in modo schizoide è, oltre che di grande effetto, anche altamente significativa. La musica, poco presente ma estremamente drammatica, aggiunge struggimento nei momenti topici. La fotografia è curatissima, nei colori corretti e nella particolare attenzione per le luci. Gli attori sono semplicemente perfetti (in primis i due protagonisti). Il finale: flashback serrato, dissolvenza, brividi, titoli di coda, lacrime. Quanto di meglio mi sia capitato di vedere dalla ex-colonia, anche se è ambientato in Malesia. Capolavoro. [M3]

Sakuran (Ninagawa Mika)
 Di gran lunga il film più sontuoso del FEFF, maggiormente centrato (avvitato?) sul lato estetico-estetizzante. E infatti la regista proviene dal mondo patinato delle riviste di moda. La visione è un tripudio di colori sgargianti, tessuti preziosi, arredamenti dalle cromie decise e luminose, inquadrature studiatissime, pose plastiche, volti truccatissimi. Purtroppo sentire una colonna sonora modernista a tutti i costi in un film in costume è come uno stridere di unghie sul muro. Ma più grave ancora è una storia trita e banale, i cui pochi argomenti nulla tolgono né aggiungono alle pellicole che l'hanno preceduta. Meno male che c'è la Tsuchiya a riabilitare parzialmente il giudizio. Da rivedere senza audio, ascoltando musiche tradizionali. [M3]

Righteous Ties (Jang Jin) 
Immenso come sempre Jang Jin. Stavolta arrischia, con la consueta nonchalance sbarazzina, un'ambientazione carceraria snocciolando una trama delirante e dei granitici protagonisti che sprizzano carisma demenziale da tutti i pori. La spassosissima scena dell'aereo è il metro di misura della grandezza del regista-scrittore. Da rivedere a ruota continua. [M3]

Dynamite Warriors / Tabunfire (Chalerm Wongpim)
 Trama scarcassona e tante, tante botte dalla potenza sovrumana, condite da fantasiosi personaggi tamarroni, sprangate, esplosioni, volteggi, cavalcate di proiettili (!). Un delirio in deflagrazione costante, ma che a lungo andare fiacca e finisce per sfinire. [M3]

Martedì 24

No Mercy For The Rude (Park Chul-hee) 
Fotografato con luci stratosferiche che riempiono di plasticità e tridimensionalità ogni inquadratura, e caratterizzato nelle coreografie da duelli violentissimi all'arma bianca, è un noir solo nella forma, che riveste un melodramma urbano disperatissimo con elementi drammatici, comici, melo, grotteschi, fatto di grandi persone-personaggi che cercano di stare a galla nel degrado della grande metropoli. Certamente non innovativo e nemmeno epocale, ma di sicuro un film da gustare per l'atmosfera tesa, i (pochi) colpi di scena e soprattutto per la potente descrizione del rapporto che si viene a creare fra i tre protagonisti. [M3]

The Case (Wang Fen) 
Una commedia nera che inizia col ritrovamento della solita valigia con sorpresa, ma che prosegue e termina in modo assolutamente inaspettato. Modalità narrative fresche e protagonisti buffi, anche se un pelo stereotipati (lui sottomesso, lei autoritaria, l'altra fatalona). Decadentismo e ironia viaggiano a braccetto mentre non si sa bene se ridere o meno. [M3]

Cruel Winter Blues (Lee Jeong-beom)
 L'ho adorato. La storia è molto semplice, dosa col contagocce eventi e colpi di scena, ma l'atmosfera rurale e gli attori (Na moon-hee è sempre fenomenale) fanno la magia e la storia torbida di vendette mafiose si riempie di drammaticità da melo strappalacrime. Il tocco di classe consiste nell'aver inserito in un contesto abusato (il mondo della malavita organizzata in provincia) una storia forte e insolita (un carnefice che simpatizza-empatizza con la madre della sua vittima), culminante in un finale massimamente lirico, commovente, devastante. Davvero intenso e ben girato. Sol Kyung-ho è uno dei maggiori attori contemporanei. [M3]

One Foot Off The Ground (Chen Daming) 
Ottima prova intima e low budget del nuovo cinema cinese. Leggete l'intervista al regista e al protagonista per saperne di più. [CZ]

Family Ties (Kim Tae-yong)
 Adulto e innovativo, fa del suo ottimo cast un granitico riferimento per la trama stessa. Narrate con toni tragicomici e intimisti, le tre trame si ricollegano in modo sorprendente, offrendo risvolti inaspettati, coinvolgendo emotivamente e suscitando apprezzamento incondizionato. Da uno dei due registi di Memento Mori. [M3]

The Matrimony (Teng Huatao) 
Abbastanza convenzionale come ghost story, ma, tenuto conto che in Cina in questo campo vigevano finora delle regole molto limitanti, si può ritenere il primo film di fantasmi "puro". La componente drammatica e romantica prevale nettamente su quella horror, ma la storia è sviluppata degnamente e la fotografia è di prima categoria. Si lascia guardare con piacere. [M3]

Uncle's Paradise (Imaoka Shinji) 
Sulla carta insolito e innovativo, alla prova dei fatti volgare, povero, scialbo e per nulla stimolante. Un pink eiga scontato più per le meccaniche che non per l'ambientazione, nientemeno che l'inferno. E qui la messa in scena avrebbe potuto fornire interessanti spunti di originalità, ma il tutto si risolve in una serie di scontatezze, ingenuità e incoerenze. La recitazione dei pessimi protagonisti è insostenibile, come anche lo sviluppo di una storia che si regge sul nulla, che non ha né capo, né corpo, né coda e che cambia registro di continuo in modo fastidiosamente gratuito. [M3]

Mercoledì 25

A Battle Of Wits (Jacob Cheung)
 Deludente saga epica in costume, troppo incruenta e inoffensiva. Da Jacob Cheung ci si aspettava decisamente di più. [CZ:]

Memories Of Matsuko (Nakashima Tetsuya) 
Una carica visionaria fuori dal comune caratterizza ogni frame di questo bio-pic, incentrato sulla figura di Matsuko, vera e propria incognita, mutevole e stupefacente come il suo passato, che scopriamo grazie al nipote in modo sapientemente dosato. Una trama che si snoda fra visioni surreali, floreali, trovate scenicamente e narrativamente eccezionali, svolte e rivelazioni che colpiscono basso. Le tematiche pesantissime contrastano in modo stridente con la caleidoscopica spettacolarità visiva, estremamente e squisitamente pop, determinando una progressiva schizofrenizzazione nello spettatore, fino allo splendido, amarissimo, commovente finale. Uno spettacolo che è un punto di partenza e di arrivo. [M3]

Nana 2 (Otani Kentaro) 
Niente di nuovo sotto il sole. La storia delle due Nana prosegue abbastanza indolente e col pilota automatico. Pulsioni adolescenziali che aspirano a una maturità incombente, mai raggiunta; aspirazioni di grandezza frustrate dalla realtà; e via di tematiche ggiovani pingui di carinerie assortite e di tutto il repertorio della "saga" mediaticamente trasversale. [M3]

Curiosity Kills The Cat (Zhang Yibai) 
Intenso e stratificato thriller mainlander, getta indizi e li convoglia tutti nella seconda zona del metraggio. Assolutamente riuscito e interessante. Ottima prova d'attori. [CZ:]

Confession Of Pain (Andrew Lau, Alan Mak)
 Un thriller indirizzato al grande pubblico, di quelli con personaggi studiati, programmati e prevedibilmente duplici, con twist incorporato. I due attori protagonisti sono la cosa peggiore del film, ma i loro personaggi sono adeguatamente interessanti, sfaccettati, difficilmente inquadrabili. L'atmosfera così sottilmente perversa e pervasa di dolore e vendetta giustizionalista non è niente male. Notevole la colonna sonora. [M3]

Dasepo Naughty Girls (E J-yong)
 Una commedia musicale visivamente appagante, pop, iper-colorata e surreale quanto basta, dall'umorismo sboccacciato e dai siparietti demenziali, ma venata di sottotesti impegnativi e di scottante attualità, almeno sulla carta. Karaoke, scolarette maliziose, una setta dedita al sesso, una scimmia sulla schiena; all'inizio si direbbe un film disimpegnato all'insegna del nonsense e, anche dopo l'introduzione di elementi più "alti", non smentisce la sua natura di divertissement, essenzialmente basato su una serie di piccoli sketch, mutuati dal formato originale, un fumetto "a strisce". Niente repentini cambi di registro, solo un caleidoscopico viaggio nei meandri di una scolaresca pittoresca composta da ragazzi difficili alle prese con i piccoli, grandi drammi dell'adolescenza (ma non solo). Parzialmente delirante, parzialmente deludente, parzialmente karaoke-movie. [M3]

Giovedì 26 - Horror Day

Dorm (Songyos Sugmakanan)
 Tangenziale al genere horror, sviluppa in chiave drammatica i temi della solitudine, dell’amicizia, della solidarietà, della difficoltà di crescere. Una fotografia monocromatica e contrastata rischia di intaccare il realismo di una messa in scena decadente e opprimente. Le (poche) scene orrorifiche spaventano davvero e, considerato che di un esordio si tratta, il risultato è notevole. I piccoli attori se la cavano egregiamente, mentre lo stesso non si può affermare per quelli “cresciuti”. Anche se i protagonisti sono bambini, un film adulto. [M3]

Sukob (Chito S. Roño) 
In più occasioni ridicolo, vuoi per la poca professionalità degli attori o per la benché minima presenza di appeal nella storia o per l'imperdonabile leggerezza con cui è sviluppata (sorvolando su dialoghi e costumi), non riesce a tenere in sospeso, né tantomeno ad appassionare. Anzi, forte è la tentazione di lasciare la sala, dopo l'ennesimo aggiungersi di superstizioni strampalate. Pessimo e pesante. [M3]

Chermin (Zarina Abdullah) 
Gli elementi di critica sociale e di rottura col passato non bastano a rendere anche solo scorrevole questo horror romantico. Troppi formalismi programmatici e una trama pallida e anonima appesantiscono le palpebre. (Conta spaventi: 13) [M3]

The Unseeable
 Tutto sommato si è visto di molto peggio dalla Thailandia. Il palese riferimento a The Others e Sixth Sense pesa parecchio e magari Sasanatieng poteva anche risparmiarsi di infarcire la pellicola di salti sulla sedia: dopo poco la cosa alimentava (a ragione) l'ilarità generale (leggi "cojorama") e non è quello il sistema per ottenere un effetto pauroso. Tuttavia questo calcare la mano su elementi caratteristicamente horror non disturba poi tanto e qualche accorgimento stilistico è anche interessante. La bella protagonista aiuta a soprassedere incongruenze e telefonature assortite. (Conta spaventi: 24. Vincitore assoluto!) [M3]

Roommates (Kim Eun-kyung) 
Dramma vestito da ghost story, è un'interessante indagine psicologica sul mondo degli istituti di "recupero" scolastico più agghiacciante di un horror. Vengono esplorati i meandri di menti provate e oppresse da un ambiente arrivista che lascia ben poco spazio all'individualità della persona. Pochi salti, poca tensione, qualche traccia di gore lasciano ampio spazio alle riflessioni sui rapporti interpersonali in lenta disintegrazione. Per quanto rientri in una tipologia di film dell'orrore esplorata a fondo in patria (cfr. la saga dei Whispering Corridors) rimane un prodotto valido, dalla spiccata sensibilità femminile, dalla buona caratterizzazione delle protagoniste - viva approvazione per il cast - e dai toni tesi che non scadono mai nel banale e nel ridicolo. [M3]

The Slit-Mouthed Woman
 All'inizio sembra tutto simpaticamente inquietante, la leggenda metropolitana, i bimbetti rapiti... Ma ben presto risulta lampante non solo la derivatività di una trama prevedibile e sconclusionata, ma anche la sua ottusa, fastidiosa ostinazione per l'illogicità e l'approssimazione. Il cojorama regnava sovrano in sala, fra commentini ad alta voce e sganasciate per ogni ennesima azione-reazione impossibile. Se non altro diverte: non ho riso tanto per nessun altro film. (Conta spaventi: 16) [M3]

13-Beloved (Chookiat Sakweerakul)
 Assoluta sorpresa del festival, non un horror puro ma una strana storia perturbante e surreale, un talk show degli orrori tanto brutale quanto disperato. Prodotto onesto e a tratti sorprendente. Ennesima conferma della vitalità e libertà del cinema thailandese. [CZ:]

Venerdì 27

Kisarazu Cat's Eye: Sayonara Game (Kaneko Fuminori) 
Sinceramente speravo in qualcosa di più, dopo i commenti entusiasti al primo capitolo. I toni surreali-demenziali ci sono tutti, ma la trama si esaurisce senza stupire, gli attori gigioneggiano senza convincere e le gag divertono moderatamente senza far spanciare. Una visione tiepida, mediocre nella sua follia, dotata di scarsa attrattiva. [M3]

200 Pounds Beauty (Kim Yong-hwa) 
Nonostante una partenza divertente e promettente si lascia sopraffare dalla zuccherosità mainstream più bieca, puntando tutto sui buoni sentimenti e mancando clamorosamente l'obiettivo di far ridere. Scontato, banale e con una colonna sonora da suicidio. Peccato per il buon cast e alcuni momenti ad altissimo coefficiente di comicità. [M3]

My Name Is Fame (Lawrence Lau)
 La storia intima e sofferta non può che farsi apprezzare, un po' per la situazione maestro-alunna ambigua e molto realistica, un po' per il carisma unico di Lau. Si entra subito in sintonia con questo personaggio apparentemente molto capace e professionale ma sostanzialmente fallito nella vita. La componente romantica è dolcissima e quella più drammatica molto amara. Un'ottima prova per cast e regista. [M3]

Tazza: The High Rollers (Choi Dong-hoon)
 Narrata in maniera non lineare, per flashback incastonati l'uno nell'altro, la storia risulta intrigante, e, pur accusando le due ore e mezzo di durata e dei momenti non proprio brillanti, la visione è scorrevole, occasionalmente entusiasmante. Baek Yoon-sik, l'unica vera star del cast, sprizza classe e naturalezza per tutto il tempo, brillando di una luce così abbagliante da adombrare tutti gli altri. Eccellente la fotografia e anche il lavoro di montaggio, opera della brava Shin Min-gyeong, caso più unico che raro in un ambiente prevalentemente maschile come quello coreano. Un tuffo senza tempo in un universo pericoloso, popolato da boss senza scrupoli, truffatori professionisti, dark lady e, le figure più dolorosamente vere, poveri polli da spennare. [M3]

Arch Angels (Issei Oda)
 Forse il peggiore dell'anno a Udine. Non ho trovato un solo elemento in grado di riabilitarlo. Una serie infinibile di espedienti in CG, di svolte insensate, personaggi improponibili. Il potenziale intrattenitivo rasenta lo zero assoluto. Agghiacciante. [M3]

The Big Movie (A Gan) 
Divertente multi-parodia di film occidentali e asiatici (DaisyIn the Mood for LoveRingu,Pugnali volanti...), anche se l'ora tarda non ha facilitato l'attenzione (= la veglia). [M3]

Sabato 28

Whispers And Moans (Herman Yau)
 Deludente visione di Herman Yau sul mondo della prostituzione made in hong Kong. Manca il candore e la pregnanza politica di altre opere del regista. Dignitosissima prova d'attori (o meglio, d'attrici) ma il film non porta da nesuna parte. [CZ:]

Bloody Tie (Choi Ho)
 Spacciatori e polizia: guardia e ladri o collaborazionismo? Senza un briciolo di considerazione per il prossimo, ognuno cerca di (soprav)vivere come meglio riesce, fra vendette personali e aspirazioni di ricchezza. Un noir scuro e senza vie d’uscita, nel quale emerge l’omaggio ai polizieschi del passato, ma anche l’intento di rinnovare il genere. Stona forse il magniloquente finale con i toni minimali del resto del film, ma restano ai massimi livelli la fotografia, le scenografie, i costumi, le musiche anni ’70 e i due bravissimi protagonisti. [M3]

Strawberry Shortcakes (Yazaki Hitoshi)
 La narrazione pacata e il disorientamento dato dalle storie intrecciate delle numerose protagoniste rischiano di far perdere la presa dello spettatore, tuttavia il rivestimento da film artistico sortisce il suo fascino. Uno spaccato di vita reale e vuotezza quotidiana condito da qualche scena di sesso e sprazzi di serenità. [M3]

On The Edge (Herman Yau)
 Ennesima variazione sul tema del poliziotto infiltrato post-Infernal Affairs. Non aggiunge nulla di nuovo e si fa notare per una certa sciatteria visiva di fondo. Nonotante tutto, ottima prova d'attori e buona resa di alcune sequenze. Un discreto prodotto medio. [CZ:]

Hula Girls (Lee Sang-il)
 Un meccanismo ben oliato, personaggi rodati, situazioni strappa-sorriso, massiccio dispiego di carinerie assortite, ma tutto visto e stravisto. In Giappone ormai i film con dei ragazzini che vogliono cimentarsi in un'attività artistica ma sono delle frane - ma che alla fine diventano superfichi - è un genere stereotipato, con tanto di personaggi politically correct, scene di imbarazzo e gran finale assicurato. Almeno diverte e si arriva in fondo senza particolari tedii né stanchezze. [M3]

A Day For An Affair (Jang Moon-il) 
Una commediola piccante con due protagoniste opposte e ugualmente divertenti. L'infilata di luoghi comuni e di situazioni facilmente condivisibili lo rende un interessante specchio delle relazioni clandestine, ma la comicità va ristagnando e la freschezza narrativa va scemando. Più prosegue, meno si resta attratti dalle vicende, fino alla conclusione rovinosa e insipida per la quale andrebbe almeno picchiato il regista. [M3]

Metalchicks
 Più casinare che altro. La chitarrista, per quanto sapesse suonare, si divertiva ad autocampionarsi e a ripetere all'infinito riffs inutili; la batterista faceva la kawai senza darsi troppo da fare sulle pelli. Infinite. Ottimo però il coinvolgimento del pubblico sopratuttto durante le note del pezzo che componeva la colonna sonora del film -presente al festival- Arch Angels. Assolutamente divertenti. [M3+CZ:]

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Vincitori del premio del pubblico:

1 - No Mercy for the Rude

2 - After this our Exile

3 - Memories of Matsuko

di Senesi Michele [CZ] e Marco Tregambi [M3]

Recensioni:

Corea Del Sud

200 Pounds Beauty Una ragazza obesa, che vive doppiando una popstar stonata e la sua voglia di rivincita per guadagnare a sua volta un corpo perfetto.

- Bloody Tie Nel "regno" della malavita coreana, storie di violenza e sopravvivenza.

- Cruel Winter Blues Un dramma familiare vissuto attraverso il cambiamento di due personaggi che orbitano all'interno della malavita locale.

- Dasepo Naughty Girls Ispirato ad un manga di discreto successo, pubblicato in internet, le vicende personali di una scalcinata classe di studenti contraddistinta da una spiccata eterogeneità.

- A Dirty Carnival L'ascesa e la caduta di un giovane malavitoso giunto alla soglia dei trent'anni. Una storia di personaggi che navigano in pericolose acque, immersi in un clima di violenza di strada.

- Family Ties Storia di famiglie particolari, di legami fuori dalla tradizionale idea di coppia che attraversano gli anni.

- No Mercy for the Rude Un melodrammone urbano disperatissimo fatto di grandi persone-personaggi che cercano di stare a galla nel degrado della grande metropoli.

- The Restless Una storia d'amore nel regno dell'oltretomba. Un cacciatore di demoni alla ricerca della sua amata perduta.

- Righteous Ties Troppo divertente per essere un prison-movie, troppo profondo per essere un film comico, troppo verboso per essere un film d'azione...

- Tazza: The High Rollers Ispirato ad un noto manwha coreano, una storia che gira attorno al mondo dei giocatori d'azzardo, alle truffe e ai sentimenti.

Giappone

Arch Angels Ispirato al manga Warau Mikaeru, storia di tre studentesse "magiche" all'interno di un collegio cattolico.

- Death Note Il film dal vivo ispirato al famoso manga di Obata Takeshi, campione di vendite e generatore di una serie animata di grande successo.

- Dororo Film che porta sullo schermo l'inizio dell'omonimo manga di Osamu Tezuka. Un ragazzo e la sua caccia ai demoni.

- Hula Girls Carinissimo melò, ispirato ad una storia vera, dove un gruppo di ragazze si improvvisa Hula Girls, per salvare il proprio paese dal rischio di miseria.

- Memories of Matsuko Il vero vincitore morale del festival: una storia che solca gli ultimi cinquant'anni attraverso la vita e l'amore di una ragazza.

- Sakuran Opera iper-estetizzante che racconta la combattuta storia di una oiran nei quartieri del piacere dell'antico Giappone.

- Sinking of Japan Remake del famoso film anni '70: un'opera catastrofica sul Giappone che affonda a seguito degli smottamenti della crosta terrestre.

- The Slit-Mouthed Woman Horror ispirato alla famosa leggenda metropolitana della donna dalla bocca squarciata. Angosciante storia di madri assassine.

- Umizaru 2 : Test of Trust Pellicola catastrofica su un disastro navale e il dramma del recupero degli ultimi rimasti a bordo di un traghetto che sta colando a picco.

- Uncle's Paradise Un pink eiga che parte con il normale tono del genere per andare via via degenerando in un folle viaggio infernale.

Hong Kong

- A Battle of Wits Altro film in costume ambientato nell'antica Cina: un'immensa armata contro pochi valorosi che difendono il proprio castello.

- Cherie Storia di un'insegnante di aerobica contesa tra due uomini. Un'opera minore e criticata di Patrick Tam, però evidente esperiemento di stile.

- Dog Bite Dog Al confine tra uomini e bestie, si affonda in una spirale di violenza da cui non sembra esserci via d'uscita.

- Eye in the Sky Sulla base di una ricerca poliziesca, si sviluppa il rapporto tra una recluta e il suo superiore. Dovendo l'affetto reciproco, per portare a termine il proprio lavoro.

- My Name is Fame Il rapporto tra un ex attrore decaduto e ormai fallito e una bellissima esordiente. L'amore che viene soppiantato dal desiderio di far carriera.

- On the Edge La difficoltà di tornare alla vita normale, per un agente vissuto anni sotto copertura. Al di là del crime thriller, la storia di un dramma esistenziale.

- The Story of Ah-Suen Un affresco ideale – per quanto surrealmente e volontariamente stereotipato e portato agli eccessi - di tutti i problemi e gli inconvenienti che possono nascere da una storia d’amore.

Thailandia & Filippine

- 13 Beloved Un misterioso gioco a premi telefonico, un totale di tredici prove facoltative da superare, una possibile via di fuga che si trasforma in una giornata da incubo.

- The Unseeable Horror psicologico in cui una giovane donna incinta, alla ricerca del proprio marito, si trova invece ad avere a che fare con presenze sovrannaturali.

- Agent X44 Folle commedia ispirata al famoso personaggio dell'agente speciale X44, grande successo cinematografico degli anni '60-'70.

- Sukob Una coppia appena sposata inizia a subire i nefasti presagi di un’apparizione spettrale che causa l’apparente decesso e la reale scomparsa di tutti i famigliari e amici.

Cina & Taiwan

- The Case Una misteriosa valigia con dei resti umani e un marito che la nasconde. Una storia sulla gelosia e i sensi di colpa.

- Curiosity Kills the Cat Complicato giallo che si dipana (o forse no?) attraverso il susseguirsi di differenti punti di vista. Tra omicidi, vendette e gelosie.

- Eternal Summer Uno dei migliori film taiwanesi del 2006. Storia di un'amicizia cresciuta fin dall'infanzia, alle prese con i grandi cambiamenti della giovinezza.

- The Matrimony Inquietante horror sull'amore che continua dopo la morte. Il desiderio di una sposa perduta e il segreto di una donna altrimenti rifiutata.

- One Foot Off the Ground Bellissimo melodramma sull'attuale destino di una compagnia di attori dell'Opera Cinese, alle prese con i problemi della vita fuori dalle metropoli.

- Young and Clueless Storia di amori, cambiamenti e dubbi per due ragazze alla fine del liceo.

Retrospettiva Patrick Tam

In pochi forse hanno davvero colto l’entità dell’evento, sicuramente gli studiosi old school, quelli che anno dopo anno, libro dopo libro, articolo dopo articolo, vedevano –da quasi 30 anni- delinearsi la figura di Patrick Tam come quella del regista più opaco dell’ex colonia. E questo può in parte giustificare l’aura sacrale che levitava intorno all’uomo e forse evocare come la suddetta invisibilità potesse essere l’unico motivo di interesse di un nome sopravvalutato. Invece, fortunatamente, le sue opere sono (ri)emerse, e a parlare -come dovrebbe essere- non è stato l’uomo, ma le sue creazioni. E’ quasi romantica l’evocazione dei racconti dei vari collezionisti e cacciatori d’arte nel tentativo, durato decenni, di recupero delle opere del regista, racconti fatti di viaggi in loco, duplicazioni, spedizioni, transcodifiche, caccia alla copia VHS di quarta generazione quasi visivamente impercettibile, senza sottotitoli (come nel caso di Love Massacre), in formati sbagliati. Negli ultimi anni qualcosa (poco) era stato rieditato in DVD, ma solo il “totale” può realmente costruire dignitosamente e rappresentare la statura artistica del regista Patrick Tam, pietra di volta della new wave hongkonghese, direttamente e artisticamente legato con evidenza a quella francese. Tutti i suoi lungometraggi finalmente proiettati dignitosamente in pellicola, e addirittura, operazione davvero d’oro, la presenza di una doppia versione del capolavoro Nomad più o meno addizionata di sequenze illuminanti, veri saggi di ritmo, linguaggio, montaggio. Insomma, la retrospettiva su Patrick Tam era un evento unico e irripetibile atteso dagli appassionati di cinema (di tutto il cinema, non solo quello di nemmeno mezzo globo, ovvero il “nostro”) del mondo intero, da quasi vent’anni.

E così, via allo straordinario My Heart is that Eternal Rose, uno dei noir melodrammatici balistici più riusciti del ventennio, l’”edito” Cherie, lo struggente Burning Snow,  il pionieristico The Sword (rigenerante wuxia sperimentale che pochi fortunati avevano già avuto la fortuna di visionare 10 anni fa nel corso dell’edizione numero zero del Far East Film Festival), il seminale Final Victory, il maledetto Love Massacre accecante nelle riflessioni cromatiche annegate nel sangue (purtroppo colpevolmente censurato nelle sequenze più gore nella copia presente al festival) fino all’acclamato (agli Hong Kong Film Awards) ritorno del regista dopo decenni di esilio, After this our Exile (che si è aggiudicato -meritevolmente- il secondo premio del pubblico).

Come non bastasse, il Far East Film Festival è riuscito a proporre allo spettatore ulteriori sedici ore di lavori televisivi, ideali per contestualizzare l’opera del regista, un periodo storico, una new wave fino ad oggi ancora parzialmente eterea. E anche qui non sono mancate le sorprese tra cui almeno una decina di momenti –paradossalmente- di intenso e altissimo cinema.

 

(tutte le foto dal festival di Senesi Michele, Marco Tregambi, Martin De Martin, Michelangelo Pasini)