Feng Shui

Voto dell'autore: 3/5

VOTA ANCHE TU!

InguardabilePassabilePiacevoleConsigliatoImperdibile (2 votes, average: 3,00 out of 5)

Feng ShuiChito S. Roño, regista di questo Feng Shui, non è certo l’ultimo degli sprovveduti: nelle Filippine gode di una certa fama e nella sua filmografia figurano opere di ogni genere, dalle commedie al thriller, dai drammi politici fino ad arrivare alle ultime incursioni nell’action movie. Il 2004 è stato l’anno del suo ritorno ai film dell'orrore, non solo per sfruttare la sempre crescente richiesta del pubblico ma anche per cercare di dare una ben precisa connotazione all’horror Filippino, ben poco noto nel mercato internazionale e spesso considerato fin troppo derivativo nei confronti del più blasonato filone proveniente dal Giappone.

L’idea alla base della sceneggiatura dello stesso Roño trova le fondamenta nell’arte del Feng Shui, da noi conosciuta come "geomanzia", nata oltre mille anni or sono nella Cina antica e mirante all’armonizzazione degli ambienti e delle abitazioni sfruttando l’energia sprigionata dal nostro campo vitale. Uno degli oggetti maggiormente rappresentanti questa disciplina è senz’altro il Ba Gua, una sorta di specchio ottagonale che una volta appeso in casa ha la funzione di deviare le energie negative, portando così buona sorte a chi lo possiede: ed è proprio così che il film ha inizio, quando Joy Ramirez (interpretata da Kris Aquino, un altro nome molto noto al pubblico Filippino) appende alla porta di casa un Ba Gua apparentemente perso da qualcuno all’interno di un autobus. E se inizialmente il magico specchio sembra sortire gli effetti voluti - Joy diventa subito un punto di riferimento nella ditta per la quale lavora, così come il marito Inton viene di lì a poco promosso - la vita non sembra procedere allo stesso modo per coloro che circondano la famiglia Ramirez: delle morti sospette cominciano a verificarsi tutto intorno a loro e strane presenze sembrano popolare la loro casa.

Quantificare pregi e difetti di un film come Feng Shui con una preparazione quasi nulla sulla situazione che circonda il genere nel suo paese d'origine è impresa ardua: la sensazione di già visto pervade lo spettatore durante tutto lo svolgersi della vicenda, le capacità recitative non fanno certo gridare al miracolo e l’impianto visivo è tutt’altro che soddisfacente. Tuttavia non si può negare a Chito S. Roño una certa padronanza del mezzo cinematografico, cosa che gli ha permesso di raccontare una storia solida e diretta ma soprattutto diversa dai soliti innumerevoli epigoni nipponici, non dimenticandosi nemmeno di tratteggiare un velato sottotesto sociale - sul tema della famiglia e dei rapporti tra i suoi singoli elementi – magari fin troppo didascalico ma non del tutto scontato, riuscendo peraltro a coniugare il tutto con un ottimo successo commerciale (sfruttando intelligentemente la moda per il Feng Shui, da non molto esplosa nelle Filippine). Ma nonostante le vicende si dipanino con un ritmo inaspettatamente alto e con delle meccaniche che potrebbero ricordare quelle degli horror americani, il film non riesce mai ad ingranare davvero e le poche scene memorabili si contano sulle dita di una mano (tra le quali segnaliamo la fuga di due personaggi dalla casa dei Ramirez, ormai pullulante di presenze maligne e dalla cui porta si intravedono, seppure per un attimo, creature barcollanti che rievocano vaghi echi Romeriani e oggetti fluttuanti in puro stile Poltergeist); la paura inoltre latita e i telefonatissimi colpi di scena finali non aiutano di certo nel giudicare in maniera del tutto positiva il comunque apprezzabile lavoro di Roño. Ad ogni modo, il successo guadagnato in patria non lascia adito a dubbi e getta se non altro le basi per una rinascita del cinema horror Filippino. Il tutto mentre le voci sull'immancabile remake americano continuano a girare sul web in maniera sempre più insistente...