Kim Eun-kyeong


Kim Eun-kyeongRegista.

 

La giovane regista coreana (classe '78), con il suo esordio Roommates (aka D-day), ha dimostrato di avere la stoffa non solo per muoversi con disinvoltura in un contesto abusato e sofferente come quello horror, ma anche per piegarlo e utilizzarlo a proprio vantaggio. Impostasi alla critica (e agli investitori) con una manciata di cortometraggi, è stata scelta per partecipare a una serie di quattro horror a basso budget, Suddenly One Day, progetto concepito dalla mente di Ahn Byeong-ki (APT, The Phone), noto regista e produttore specializzato nel genere. Oltre a Roommates, gli altri film erano 4th Floor (Kwon Il-soon), Death Forest (Kim Jeong-min), February 29th (Jeong Jong-hoon).

 

 


Asian Feast: La prima domanda sorge spontanea: esistono davvero posti del genere in Corea?

Kim Eun-kyeong: Sì, sono molto rari ma esistono questi sparta hagwa, "istituti spartani", in cui ti mettono a studiare. Anch'io, durante la ricerca che ho fatto per documentarmi, sono rimasta scioccata da quello che ho trovato, perché queste persone diventano delle vere e proprie macchine per lo studio.

AF: Quindi l'ispirazione per la deriva psicologica della protagonista ha un aggancio nella realtà?

KEK: L'episodio dell'incendio nell'istituto-prigione è veramente accaduto. Ovviamente non ha avuto una grossa esposizione mediatica, ma è da quel fatto che ho tratto ispirazione, ho pensato soprattutto alle reazioni, alle sensazioni di paura e di terrore che i giovani presenti in quell'istituto hanno potuto provare.

AF: Una delle protagoniste prende di continuo delle pillole, ma non si capisce chiaramente per quale motivo, né chi gliele prescriva...

KEK: Durante la mia ricerca sono venuta a sapere che in alcuni di questi istituti è presente addirittura la figura dell'infermiere-farmacista. Solitamente le persone vengono portate in ospedale, se si sentono male, perciò il fatto di aver scoperto l'esistenza di una figura di tipo pseudo-medico interna a questi istituti mi ha lasciato molto perplessa. Comunque so che ci sono anche dei casi in cui gli studenti prendono farmaci contro il sonno, per dormire di meno, in modo da poter continuare a studiare.

AF: La scelta di un cast completamente al femminile è stata dettata dal luogo, che è un collegio per sole ragazze, o ha deciso prima di girare un film sulle donne e quindi ha scelto quell'ambientazione?

KEK: La ragione principale è che io sono una donna. Poi c'è il fatto che, con una presenza mista di uomini e donne, temevo che la storia si potesse sviluppare anche in altre direzioni, mentre io volevo mettere assolutamente l'accento sulla competitività e sulla totale cancellazione dei sentimenti in nome della competizione e del successo nel riuscire a superare l'esame, e in questa situazione capire che cosa succede alle protagoniste. Per cui, ovviamente, all'interno di un gruppo omogeneo era molto più facile analizzare questo tipo di processo di crescita e di cambiamento.

AF: Infatti in altri film dalla trama affine, come la saga dei Whispering Corridors, l'elemento dell'amore saffico tende a pesare più degli altri temi, a differenza del suo film, che sembra concentrarsi sulla questione della competizione e dello studio...

KEK: Sì, è vero.

AF: È stata scelta personalmente dal produttore Ahn Byeong-ki? Com'è avvenuta la selezione?

KEK: Ahn Byeong-ki è un regista di film horror molto famoso, però io non sono stata scelta da lui, ma direttamente dalla CJ Entertainment. Il mio progetto è piaciuto perché, pur avendo un budget molto ridotto, ha mostrato delle potenzialità di ricerca psicologica e di approfondimento dei protagonisti e della storia.

AF: Una domanda sulle attrici. Avendo il film scene abbastanza forti, anche fisicamente impegnative, come si sono comportate queste giovani poco più che esordienti?

KEK: Per scegliere le protagoniste, ovviamente, abbiamo fatto un'audizione, a cui hanno partecipato anche attrici già in parte affermate. Però non le ho scelte perché il loro modo di recitare non mi è piaciuto, mi è sembrato già molto inquadrato in determinate regole di comportamento recitativo. Invece tutte le esordienti, che magari potevano sembrare un po' innaturali, non molto sciolte, mi hanno ispirato, innanzitutto perché anch'io ero alla prima esperienza con un lungometraggio e poi perché ho cercato di costruire questo lavoro attorno a una collaborazione di gruppo. Infatti non giravo le scene dicendo "Tu devi fare questo, tu quest'altro", non dirigevo da un punto di vista della recitazione; prima se ne parlava insieme, si analizzavano le scene e poi si decideva come agire.

AF: L'elemento horror - che nel suo come in molti altri film coreani sembra decisamente un contorno a una trama ben più spessa e significativa del classico slasher - è stato imposto dalla produzione o è stata una sua scelta, per mettere in risalto la situazione opprimente e allucinatoria?

KEK: La casa di produzione, fin dall'inizio, ha pensato che la mia sceneggiatura fosse molto pericolosa, perché solitamente i film horror si svolgono in una struttura canonica molto ben definita e io invece con il mio film ne uscivo completamente. Quindi qualcosa che si allontana da un genere in maniera così evidente, ovviamente, per una casa che investe il proprio denaro, rappresenta un rischio. In realtà quello che io volevo mettere in evidenza, anche nella sceneggiatura, è che per me non è tanto importante la struttura dell'horror in sé, quanto la persona; il centro della mia attenzione non è lo stile horror, ma i personaggi che agiscono all'interno della struttura horror.

AF: I suoi progetti per il futuro?

KEK: Innanzitutto desidero precisare che per me il cinema è uno strumento per imparare a vivere meglio, per vivere una vita più degna di essere vissuta.
In questo periodo sto studiando la divinazione, il fato, nel senso del destino che uno ha fin dalla nascita (in coreano si chiama saju). Sono 4 numeri importanti: ora, giorno, mese e anno di nascita, che rivelano il destino delle persone. Quello che affronterò nel mio prossimo film sarà il rapporto che si crea nell'incontro tra persone nate fortunate e persone che invece sono nate meno fortunate e le dinamiche che si sviluppano all'interno di queste relazioni, soprattutto la gelosia e l'invidia da parte di chi non ha avuto tutto quello che gli altri hanno avuto.

AF: Quali sono i registi e i film che l'hanno maggiormente influenzata?

KEK: Difficile! Ne ho visti tantissimi. Sono tanti i registi che considero e onoro come maestri. Tra i contemporanei mi piace molto Alejandro Amenabar: mi piacerebbe molto fare i film che fa lui.

AF: Come si è trovata a Udine e in Italia?

KEK:  Sono arrivata in Italia due giorni fa. In realtà non avrei mai immaginato che il mio film potesse arrivare a un festival straniero, per cui già questa è stata una notizia molto bella. E poi Udine è una città molto tranquilla e a me piacciono molto i posti poco mondani.

 

Foto di Marco Tregambi: