A Bloodthirsty Killer

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A Bloodthirsty KillerMentre in Giappone Nakagawa Nobuo rivoluzionava l’horror autoctono con film del calibro di Jigoku o Tokaido Yotsuya Kaidan, in Corea del Sud un altro regista operava sullo stesso versante producendo, tra altri titoli simili, questo A Bloodthirsty Killer. Non c’è da sorprendersi di tanta follia e vitalità nella realizzazione di una tale opera; in questo paese prodotti del genere sono stati spesso realizzati (si pensi allo psichedelico Public Cemetery Under the Moon). Probabilmente l’unica aggravante culturale è il fatto che ci troviamo ancora di fronte ad una cinematografia -ad oggi- poco approfondita e che sicuramente sarà capace di restituirci nel tempo molte perle del passato.
Seppur più claudicante e meno ancorato nel folklore locale, questo film opera lo stesso lavoro certosino dei colleghi del Sol Levante arrivando ad anticipare e influenzare molti horror successivi che sarebbero giunti in tempo di new wave horror asiatica (oltre al solito Raimi di cui anche qui si trovano “presunte” tracce ante litteram). Esteticamente –sempre nel volere creare affinità e divergenze- ci troviamo di fronte ad un respiro e un’estetica più prossima a quella di tanto horror occidentale anche se farcita di elementi tipicizzanti di evidente effluvio locale (troviamo di nuovo la figura del gatto fantasma, il bakeneko, già visto anche in The Mansion of the Ghost Cat sempre di Nakagawa, appunto e in decine di altri film). Il bianco e nero è gelido e netto, una vera e propria lama di ombre atte a tagliare corpi e ambienti. Anche l’utilizzo delle location, soprattutto all’inizio, sembra ricordare la gestione barcollante di tanto cinema occidentale d’avanguardia. Meno soffuso e più virulento rispetto ai colleghi nipponici il film regala con disinibizione sequenze violente (occhi estratti dalle orbite, sangue, mutazioni), pudiche ma mentalmente ardite sequenze sessuali e effettacci ottici goffi ma tanto efficaci quanto disorientanti.

Lee Si Mok (Lee Ye Chun) viene trascinato a forza in una villa dove trova un quadro dipinto con il sangue raffigurante sua moglie morta da un decennio. Inseguito, guadagna la fuga portando il quadro con sé, ma una volta a casa un fantasma dai capelli corvini e dal viso deforme come la sposa fantasma di Ghost of Kasane Swamp lo attende per iniziare il suo circolo di morte e sangue.

Arditissimo nelle invenzioni e nella regia (il fantasma in questione scivola sui pavimenti, vola fuori dalle finestre, cammina sui soffitti e piomba a terra in postura aracnidea), parte inquietante, parte ironico e grottesco, fasciato da effetti sonori cacofonici, in bilico tra finezza e grossolanità, si rivela come un’opera a dir poco fondamentale per capire e conoscere percorsi altri di progressione del genere in loco.