Battles Without Honor and Humanity: Deadly Fight in Hiroshima

Voto dell'autore: 4/5

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Battles-Without-Honor-and-Humanity-hiroshima-death-match1950-1953. Questo secondo capitolo della saga di Battle without Honor and Humanity è sintomatico di come essa raccolga ed esponga in modo preciso tutta la poetica e le tematiche che il regista ha raccontato e racconterà nel corso della propria vita cinematografica. Quasi un film di passaggio, solo parzialmente legato agli eventi del precedente. Scopo del film è raccontare i giovani tanto cari a Fukasaku e a cui si dedicherà fino alla fine con particolare tenacia durante l’ultima parte della propria carriera.

Un flashback presenta un momento della storia precedente non mostrata nel primo film ossia l’incontro in prigione tra Hirono (Bunta Sugawara) e Yamanaka. Questo breve evento serve per introdurre il ragazzo (interpretato da Kinya Kitaoji), vero protagonista del film e personaggio su cui il regista vuole focalizzare l’attenzione. Gli altri già presentati precedentemente questa volta assurgono al ruolo di semi comparse quasi passive, la città di Kure appare improvvisamente troppo piccola e vera protagonista diviene Hiroshima. E la storia mostra un tema caro al regista, i limiti invalicabili tra le caste, i grandi che si ingrassano sfruttando i piccoli, i vecchi boss che manipolano e sfruttano le giovani leve, i potenti che si perpetuano sulla pelle dei giovani. Il gruppuscolarismo yakuza è perenne ma il film focalizza l’attenzione su due nuove famiglie, la Muraoka e la Otomo. Yamanaka, il giovane protagonista è un cane sciolto, un ragazzo fragile e caduto in un universo che lo rigetta e nonostante i tentativi di integrazione il libente non possiede la forza e il carisma di Hiroshi e dovrà suo malgrado soccombere al proprio karma, tra inconcepibili slanci sentimentali, frammenti di codice d’onore, in una fuga cieca e priva di direzione. Quasi un alter ego sconfitto (ancora più sconfitto) di Hirono, una sua copia più spaesata, quasi provinciale che non ha avuto la forza di reagire e di prendere posizioni. E mentre Hirono è ormai un antieroe disincantato il ragazzo decide di eliminare il suo personaggio che è fuori tempo in una storia più grande e spietata di lui. A questo proposito è magistrale la sequenza finale, speculare a quella del primo film in cui Hirono si trova di nuovo al funerale dell’amico ucciso indirettamente dai traffici dei vari boss di turno. La sua espressione e reazione è del tutto sintomatica della maturazione avvenuta in due film, merito assoluto alla bravura dell’attore, un Bunta Sugawara raramente così intenso e al regista che l’ha diretto così bene. E mentre la polizia è come in tutti i film di Fukasaku un’entità esterna e passiva, presente solo come spazzina di cadaveri o corrotta con i vari boss, Hirono inizia dal basso a costruirsi, ancora timidamente, la propria famiglia.

Realismo è una delle frasi di lancio del film e come già detto in questo senso Fukasaku è realmente un maestro. Quando serve rende ogni istante di un’intensità inedita. Bisogna assolutamente analizzare le sue sequenze di lotta e notare come sono distanti da tutto quello visto prima, da ogni alone di dinamismo pop, estetismo all’americana e dinamicità coreografata. Esemplare è l’omicidio perpetuato a sangue freddo da Yamanaka. Il ragazzo suda, trema, quasi non riesce a sparare, cerca il coraggio e una posizione consona che non arriva mai spontanea nella realtà, in un’esperienza anni luce lontana da quella che può aver visto al cinema. Così come la vittima, in lacrime, cosciente del proprio destino. Il regista intensifica, allunga la sequenza, la tende come una corda di violino, e poi esplode nella deflagrazione dei colpi, mentre la pistola prende vita propria, trascinando il corpo del ragazzo, il montaggio si fraziona in frammenti di pochi fotogrammi e in una molteplicità di punti di vista, ripetendo più volte in modo continuato brevi porzioni di movimento. Il corpo sussulta, il ragazzo tremante cerca di prendere coscienza di ciò che ha fatto, non si muove, non riesce a fuggire, inspira a fondo, si avvicina teso al corpo, lo tocca con timore, tasta il polso, appura il decesso, inizia a tremare in modo inconsulto, guarda l’arma, inizia a fischiettare nervoso, poi sorride e fugge urlando mentre la colonna sonora si eleva. Il risultato finale è glaciale.

Visto il successo del primo film e per la legge che il secondo deve essere sempre più grosso, si uniscono al cast uno stuolo di volti noti del cinema giapponese. Marginale ma intensissimo il ruolo di Yasuko, la ragazza di cui si innamora Yamanaka, prima sposa, poi vedova di un kamikaze, poi cameriera, poi geisha e poi futura sposa, interpretata dalla bellissima e brava Meiko Kaji (Lady Snowblood, Female Prisoner # 701: Scorpion), mentre Sonny Chiba Shinichi nei panni del violentissimo e cinico Katsutoshi Otomo regala uno dei ruoli più incisivi della propria carriera.
Un secondo capitolo degno del primo.