Beneath the Cogon

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Beneath the CogonSam e Pepito dopo un’estenuante fuga seguita alla rapina ad una fabbrica si ritrovano a spartirsi il bottino in una casa desolata di campagna, ma ben presto si accorgono di non essere soli.

Se Aquarium, episodio della nota serie cinematografica horror filippina Shake, Rattle & Roll giunta ormai al suo ottavo capitolo a più di vent’anni dal suo esordio - una sorta di Masters of Horror ante litteram -, si dimostra fin troppo fedele a determinati standard estetici televisivi giocati su canovacci semplici semplici e gran tripudi di computer grafica, Beneath the Cogon cambia decisamente rotta presentandosi come opera dall’afflato sorprendentemente casereccio. Il materiale diegetico amalgamato intorno ad elementi eterogenei come una storia di rapina, un prolungato ménage sentimentale e un’orrenda quanto misteriosa fratellanza, viene scarnificato da uno stile ruvido e volutamente sgrammaticato che ne ischeletrisce la programmatica non appartenenza a nessun genere specifico. È un film che si diverte a prendersi gioco delle aspettative dello spettatore generando studiati momenti sospensivi che non approdano a nulla se non a declamare la forza grezza di una struttura calibratamente diseguale. L’éscamotage narrativo della componente orrorifica (il mostro che si nasconde dietro i fitti steli dell’erba cogon) pronto in ogni istante ad irrompere nel racconto noir-romantico che si va dipanando, gioca a rimpiattino con la nudità di una rappresentazione che non intende offrire sovrainvestimenti semantici. L’impatto visivo nella sua prosciugata crudezza flagrante da filmino amatoriale brutto, sporco e cattivo sembra l’elemento in cui Ilarde voglia concentrare il suo vero interesse, al di là di ogni possibile ibridazione narrativa. L’impressione conclusiva è che oltre a un certo elogio dello scombinamento prestabilito, sentiremo ancora parlare di questo giovanissimo filmmaker filippino, al quale il talento non sembra proprio difettare.