Casket for Rent

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Casket for RentIl cinema filippino è enormemente stratificato. Poco si legge, si vede e si scrive in proposito ma continuamente dona i frutti di una energica vitalità; da una parte i chilometrici film d’autore puntualmente ricercati dai festival (selezione fissa ormai al Torino Film Festival), dall’altra i blockbuster di alterna riuscita (i robot di Resiklo, i super eroi di Super Noypi, il fantasy di Exodus: Tales from the Enchanted Kingdom) e poi il mare magnum di prodotti medi, che si muovono tra la norma e l’eccitante inventiva ed eccezione.

A questo ultimo gruppo appartiene Casket for Rent. Rivelazione assoluta del Far East Film Festival 2008, il film si sviluppa come un durissimo, neorealista sfiorante l’horror, racconto della vita di un nucleo di persone in un piccolo ghetto (che alla fine si risolve in un vicolo stretto e lungo). La vita che si muove oltre la povertà, il gioco d’azzardo, la prostituzione, le malattie letali, lo spaccio di droghe e infine una veglia funebre. Tutti questi atti vitali si snodano nel vicolo sopracitato, colmo di corpi ed oggetti. Su tutto regna il padrone di un’azienda di pompe funebri, anche lui appartenente alla congrega locale, che, vista la povertà, possiede un numero ridotto di bare che noleggia a tempo. L’incremento improvviso di decessi farà si che l’uomo debba utilizzarne anche una le cui dimensioni sono destinate ad un bambino, arrivando a amputare gli arti del cadavere di turno per farlo entrare nella cassa. La legge morale del contrappasso sarà sempre pronta a farsi giustizia, mentre i politicanti decidono di abbattere e bonificare il ghetto sotto gli occhi di un barbone, testimone silente e passivo della vicenda.

Un film agghiacciante e mai noioso, sconvolgente nella sua linearità e facilità espressiva a fronte di un contesto granitico. Grande prova del cinema filippino, disturbante ma indimenticabile.