Chants of Lotus

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Chants of LotusI film a episodi sono sempre un’incognita, perché il più delle volte sono discontinui e poco coesi, e molto incerti nella direzione da tenere. Chants of Lotus raccoglie ben quattro episodi diretti da quattro diverse registe indonesiane. I quattro atti mettono in scena quattro spaccati della condizione femminile nell’Indonesia di ieri e di oggi. Nella prima storia viene affrontato il tema spinoso dell’aborto. Una coraggiosa levatrice, malata, che già in passato aveva dovuto praticare un’interruzione di gravidanza, decide di intervenire per aiutare una giovane donna ritardata, che ha subito violenza da parte di alcuni ragazzi del posto ed è rimasta incinta. L’ostetrica subirà pressioni da parte dei familiari e dell’uomo che ama, ma non cederà. L’episodio è impreziosito dalla ambientazione in una splendida isola e si sofferma sul volto delle protagoniste, accompagnandole con sobrietà e misura. Breve e senza speranza, ma coinvolgente l’episodio ci mostra una protagonista indomita, mai rassegnata, e un’amicizia solidale tra donne di grande spessore. Su tutto domina l’oceano, presenza che permea di sé l’intera storia come un personaggio sullo sfondo.

Il secondo atto è un’indagine sociologica sui comportamenti e le attitudini sessuali tra i giovani in Indonesia, svolta per conto di una rivista da un giornalista infiltrato in un gruppo di ragazzi di una piccola cittadina. Tra promiscuità, pornografia via web, droghe, il saggio documentaristico scivola gradatamente nella storia d’amore tra il reporter, sedicente studente universitario, e una delle ragazze più carine e serie della banda di amici. Gli adolescenti descritti a volte fanno rabbia, a volte sembrano vittime di un sistema sbagliato, a volte di un’ingenuità senza rimedio. La condanna nei confronti di chi sfrutta le loro debolezze e il loro disagio  per fare notizia è comunque abbastanza netta e il quadro che ne esce, anche dei media, non è affatto confortante.

Il terzo episodio, di Nia Dinata, affronta di petto e con un linguaggio e una forma realistici e toni decisamente drammatici il tema della prostituzione e dello sfruttamento del corpo femminile, a cui si legano altre gravi problematiche come la tossicodipendenza, le malattie sessuali, la pedofilia. L’episodio, forse il più complesso e approfondito dell’intero film, anche per la sua durata, lascia però un senso di incompletezza, e appare a volte anche un po’ schematico e ideologico, ma si dimostra maturo ed efficace nel trasmettere il messaggio che sta a cuore alla regista e produttrice. Ancora un atto d’accusa contro certe pratiche ingannevoli da parte degli uomini e contro la stupidità di certe donne che permettono agli uomini di sfruttarle. Forse le donne che si lasciano abbindolare dal miraggio del denaro e del successo sono ancora meno scusabili di chi le attira con le sue promesse.

L’ultima storia è senz’altro la più tragica e toccante. Una donna sieropositiva è costretta a nascondersi con la sua bambina dalla famiglia del marito che gliela vuole sottrarre a causa della sua malattia. L’istinto materno della donna avrà però il sopravvento su qualsiasi altra considerazione. Il valore dell’episodio è accresciuto anche dalla presenza magnetica della protagonista in una Jakarta solo apparentemente città occidentalizzata. La scena in cui la madre e la figli entrano in una gelateria che invoglia con la sua bella vetrina, è forse una delle più indicative in questo senso.

C’è un altro filo conduttore in Chants of Lotus ed è il fatto che tutte queste donne abbiano un comune nemico oltre agli esseri del sesso opposto, che si tratti dei membri del villaggio, e dei parenti, che si schierano contro l’aborto, che si tratti dei mezzi d’informazione che distorcono la realtà, di un’altra donna che si lascia imbrogliare, della famiglia del marito e dell’Aids, tutte e quattro le protagoniste devono fare i conti contro, non solo pregiudizi ancestrali, retaggi culturali dannosi, ignoranza, e violenza sottesa, ma con la loro stessa comunità, che le allontana e le rifiuta. Anche grazie alla  supervisione della produttrice Dinata, il livello si mantiene elevato in tutti e quattro i racconti, e il tema di grande impegno della discriminazione nei confronti della donna  in un paese con una forte maggioranza islamica, viene sviluppato con coesione, uniformità, approfondimento e impegno adeguati, senza mai cedere al ricatto emotivo e senza risultare mai eccessivamente didascalico. Formalmente ineccepibile, visivamente di grande cura, Chants of Lotus è sostanzialmente riuscito e solido.