The Four, Part 2

Voto dell'autore: 3/5

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Guardando i primi minuti del film c'è di che sorprendersi e viene da valutare il regista Gordon Chan come uno dei pochi autori capaci di coniugare eleganza, talento e senso dell'intrattenimento senza cedere al facile entusiasmo di esagerare evocando un film più maestoso e ricco del precedente. Senza il volere per forza lavorare ad un baraccone sbancabotteghini più “grosso” ed esagerato nel campo dell'azione e dell'effettistica. Tant'è che tutti i primi lunghi minuti avanzano pacati e placidi, introducendo i personaggi nella natura, in controtendenza senza azione, con ricercatezza ed eleganza tale da evocare lo stile dei capolavori di King Hu. E lo fa disattendendo le attese di azione e effetti, lavorando invece nella scrittura e nella magniloquenza della messa in scena.
Invece di lì a poco arrivano sempre più invadenti una montagna di effetti digitali di fattura decisamente inferiore al primo capitolo penalizzati dal fatto di essere al servizio di un film in 3D. E tutto il bello pian piano si spegne attestando The Four, Part 2 ai livelli dei vari blockbuster cinesi contemporanei. The Four era in effetti uno dei migliori esempi di nuovo fantasy locale; a differenza di tanti titoli simili diretti anche da nomi fondamentali dell'industria cinematografica riusciva a trovare un perfetto equilibrio tra originalità, intrattenimento, intelligenza ed eleganza. Questo secondo capitolo, sempre tratto da un ciclo di romanzi di Wen Ruian, già trasposti in serie Tv è un gradino inferiore al primo. Lavora particolarmente sui personaggi e sulle loro origini palesandosi come una sorta di prima parte di un dittico che si concluderà nel capitolo successivo, tant'è che molte delle questioni e personaggi anche di radicale importanza introdotti restano in sospeso alla fine. E dire che un paio di sequenze lasciano davvero sbalorditi; il già citato inizio e un buon flashback particolarmente violento e cromaticamente ardito che può far ricordare, fatti i debiti paragoni, un altro memorabile flashback, quello nel The Blade di Tsui Hark. Non resta che restare in attesa della conclusione della trilogia sperando il meglio e un degno finale maestoso almeno quanto il primo film.