Isabella

Voto dell'autore: 3/5

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IsabellaMacao, 1999, l’handover alla China è imminente. Il poliziotto Ma Chen-Shing (Chapman To) sta attraversando un difficile periodo lavorativo, non rinunciando per questo al suo stile di vita tutt’altro che rigoroso. Un giorno però si ritrova in casa una giovane ragazza (Isabella Leung), che sostiene di essere sua figlia. Tra diverse difficoltà i due riescono a costruire lentamente un rapporto che porta Ma a cambiare la sua vita, tentando di rimediare agli errori del passato.

Isabella, commedia dai toni agro-dolci, il quinto e per ora migliore film di Edmond Pang (A.V.Beyond our KenMen Suddenly in Black), coinvolge lo spettatore sia per quanto riguarda la trama narrata con delicatezza, sia per la messa in scena elegante ed avvolgente. Con le dovute differenze non è del tutto sbagliato pensare a Wong Kar-Wai, per come Pang integra pienamente l’immagine filmica nella narrazione degli eventi, rendendola parte di essa. I piani sequenza, le carrellate morbide, le inquadrature elaborate (spesso i personaggi non sono al centro dell’inquadratura, come a segnalarne la solitudine) e, non ultimo, il notevole montaggio danno alla pellicola un senso di fluidità che impiega poco tempo a conquistare lo spettatore. Anche l’ambiente di Macau contribuisce al quadro complessivo e riveste la pellicola di un’atmosefera, o meglio “mood”, quasi mediterranea (molto bella la fotografia di Charlie Lam, che si rifà al suo lavoro fatto per Jiang Hu, 2004), sottolineata anche dalla bella colonna sonora di Peter Kam (per questo film Orso D’argento al Festival di Berlino). Naturalmente la trama del poliziotto che scopre dopo anni di avere una figlia non è proprio nuova, ma la destrutturazione del racconto attraverso i flashback va lentamente a comporre un quadro complessivo che mantiene viva l’attenzione. La componente poliziesca in realtà non ha nessuna importanza e solo le corti (e decisamente gustose) apparizioni di Anthony Wong ci ricordano che Ma è un poliziotto. Tutto gira intorno al rapporto tra padre e figlia che va a costruirsi passo dopo passo, al ripetersi di momenti e situazioni che non sempre sono quello che sembrano. Il sottotono leggermente incestuoso (viene alla mente l’Homo Faber di Max Frisch), si dissolve solo nel finale. Isabella si regge anche sulla buona l’interpretazione di Chapman To, nel ruolo del perdente con senso d’onore, e su quella ancora più notevole di Isabella Leung (che si fa perdonare Bug Me Not!, 2004). Una storia semplice che potrebbe piacere anche al pubblico occidentale.