Little Toys

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little toysNel 1921 Ye, (Ruan Lingyu) vive placidamente con i suoi due figli e il marito costruendo giocattoli artigianali. Il suo villaggio natale è il classico locus amoenus tipico dei luoghi puri e incontaminati dei film di Sun Yu. Ma il mercato cinese è ormai invaso dai giocattoli stranieri costruiti in fabbriche su catene di montaggio capaci di produrre modelli ad una velocità allarmante e totalmente senza competizione contro i lavori fatti a mano dalla donna. Questa improvvisa onda produttiva ridurrà drasticamente il lavoro di Ye riducendo gli introiti con cui far sopravvivere la famiglia. Così il marito muore di stenti (tisi?) in mezzo alla strada e mentre lei piange il suo uomo le rapiscono il figlio minore per rivenderlo ad una ricca famiglia di città. Dieci anni dopo seguono gli scontri legati alla guerra civile spinta dai signori della guerra e la donna e tutti gli abitanti del villaggio si trovano senza casa, costretti ad un esodo da senzatetto verso Shanghai dopo che il loro villaggio viene raso al suolo. I più valorosi intanto si arruolano nella guerra contro il Giappone per difendere la patria e periscono tutti, solo uno tornerà invalido a casa. La donna vive alla giornata vendendo i suoi giocattoli ormai obsoleti alla ricca popolazione di città ma un bombardamento degli occupanti giapponesi ferisce la figlia Chu Er (ormai adulta, interpretata da Li Lili) che viene infine uccisa da un altro attacco insieme agli uomini della croce rossa che la stavano soccorrendo. La donna ormai sconvolta si muove fuori da un ricco teatro, mentre il suo figlio rapito va da lei per comprare un suo giocattolo, la donna lo riconosce ma il bambino indica come vera madre la signora che lo aveva “adottato”. La donna ormai impazzita scambia i petardi e i fuochi pirotecnici dei festeggiamenti per l’ennesimo singulto bellico e inizia ad urlare straziando le coscienze di tutti i presenti con un discorso patriottico.

Capolavoro di Sun Yu, uno di migliori film di Ruan Lingyu, piena espressione del wenjipian e del cinema dell’età d’oro della Lianhua, di Shanghai e della Cina. Come al solito il regista contrappone la quiete e la pace delle campagne affollate da uomini e donne valorose e patriottiche alla città corrotta e affollata di uomini arrivisti e traditori. Tutti gli elementi che introduce infatti nella prima sezione del film torneranno virati in versione bellica nella seconda zona del film; il carro sopra cui Chu Er impartiva lezioni ginniche ai bambini ritorna come mezzo per trascinare merci in tempo di guerra, i giocattoli a forma di navi, aerei e carri armati si trasformano in veri mezzi da battaglia durante la guerra cino-giapponese con un significativo e vistoso montaggio alternato. Infine il dialogo che Ye divideva con la piccola Chu Er “non piangere, solo gli sciocchi piangono” verrà rinfacciato alla madre dalla figlia quando quest’ultima starà per morire. Anche il gesto di sottrarre le lacrime dal viso dell’amato e lanciarle contro un’illustrazione viene riprodotto sul finale, interrotto solo dall’intervento lancinante della morte. La regia di Sun Yu è più moderna del solito, frutto forse degli studi effettuati negli Stati Uniti; lunghe carrellate, gru, primissimi piani (sintomatico quello dell’occhio del rapitore del figlio che con lo sguardo segue i movimenti del piccolo), una straordinaria soggettiva di uno svenimento e infine il grande finale. Quando Ye, ormai impazzita dal dolore e dalla perdita confonde il rumore dei festeggiamenti dei giochi pirotecnici con il fragore della guerra inizia un’invettiva contro i ricchi che affollavano un locale accusandoli di essere lì a divertirsi anziché a difendere la patria; la donna li indica tutti, uno ad uno e infine, punta il dito e un luttuoso sguardo verso la macchina da presa accusando in prima persona tutti gli spettatori. Un’invenzione assolutamente pionieristica per l’anno di produzione del film. Ruan Lingyu è regina indiscussa di Little Toys ma sembra essere carente di qualcosa nella prima parte del film. Nel momento in cui entra in scena anche Li Lili il suo personaggio si definisce e scolpisce a 360° trasformandolo istantaneamente in mito, bellissima e brava, calibrata e sotto controllo, capace di regalare un’interpretazione straordinaria. Certo, può far riflettere il fatto che la differenza di età tra le due attrici che interpretano rispettivamente madre e figlia sia solo di due anni, tant’è che nel successivo National Style interpreteranno due sorelle, ma il film funziona ugualmente alla perfezione. Per l’ennesima volta –come in tanto melodramma mandarino- ci troviamo di fronte a delle donne forti ma estremamente femminili che contrastano uomini spesso deboli, meschini o femminei. Donne sicure, patriottiche, pronte all’azione, ma al contempo dotate di una candida purezza infantile; a fare infatti da loro controparte sono i bambini che con loro condividono la stessa morale (il figlio ritrovato annuncia alla vera madre il sogno di proteggere la patria una volta cresciuto).