People Mountain People Sea

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people mountainInizia con un omicidio all'aperto all'interno di cave di roccia bianca e termina con una strage nel profondo del ventre di una nerissima miniera. Nel mezzo un viaggio. Se è vero che le coordinate del cinema asiatico si stanno incrinando, se è vero che il cinema spettacolare (specialmente quello di Hong Kong) sta “artisticamente” morendo o è già defunto, è anche vero che alcuni dei film più radicali e traumatizzanti degli ultimi anni giungono dalla Cina o da cinematografie minori; i filippini Kinatay o Casket for Rent, l'indonesiano Identity o dalla Cina il durissimo The Ditch ed ora questo People Mountain People Sea, presentato a sorpresa alla 68° Mostra Internazionale di Arte Cinematografica di Venezia e vincitore del Leone d'Argento. Un film sulla vendetta, tema ormai abusato ma che grazie a questo titolo riesce a donarci una visione  nuova e radicale sul tema. Un uomo viene assassinato brutalmente. Suo fratello inizia un lungo viaggio lungo la Cina rurale fino alla città per trovare il colpevole e pareggiare i conti con la giustizia. Nel mezzo, figli dimenticati, aggressioni, falsi poliziotti corrotti, delinquenti, e una miniera illegale colma di morte, eventi luttuosi, violenza e assenza totale di speranza, torrida come lo erano i campi di rieducazione nel deserto del Gobi di The Ditch. Una regia calibrata e contemplativa, statica, una fotografia glaciale, dei personaggi asettici e vuoti interpretati con magistrale partecipazione. Con una certa curiosità notiamo (e la stessa reazione ci era levitata con la visione di The Sword Identity) come l'apparato estetico del film rimandi, non sappiamo quanto consapevolmente, a certo cinema giapponese che tanto amiamo e abbiamo amato. Si respira più volte aria di Imamura e del suo Vengeance Is Mine, anche nei panorami rurali che più di una volta ricordano tanto cinema nipponico del passato. E poi la regia, la radicalità spietata della messa in scena e dei temi affrontati, il tutto ancora più enfatizzato dal fatto che un film come questo sia quasi un miracolo all'interno del mercato cinese, sempre più aperto e libero ma ancora in parte poco permissivo verso temi e “eventi” mostrati; in  People Mountain People Sea si assorbe una Cina sporca e materica, sferzata da personaggi lerci e spietati, da personalità corrotte, da una violenza mai spettacolarizzata, perturbante, da aggressioni sessuali e amoralità, elementi praticamente assenti all'interno del cinema cinese che già aveva “alzato le armi” verso un film come Lost in Beijing, monumentalmente più inoffensivo di questo. Se prendiamo atto di un grande film e dell'ennesima “sorpresa” riservataci dal direttore della mostra del cinema di Venezia, se supportiamo in toto la scelta della giuria di premiare questo titolo anziché l'ennesimo inoffensivo -seppur riuscito- film hollywoodiano, prendiamo anche atto- fino a prova contraria- di come il cinema Cinese si stia evolvendo parimenti all'alleggerimento delle maglie della censura, sperando che quella co-produzione con Hong Kong non sia l'unico elemento ad aver reso possibile questo miracolo. Tratto da una fatto di cronaca realmente accaduto.