Rainy Dog

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Rainy DogYuji, giapponese esiliato a Taipei, passa le sue giornate costantemente accompagnato da una pioggia battente, guadagnandosi da vivere come killer per la mafia locale e lavoratore notturno presso una macelleria. Un giorno, una donna bussa alla sua porta e gli affida Chen, un silenzioso bambino, che pare sia il frutto dell’unione tra Yuji e la sconosciuta. Yuji continua le sue attività ignorando il bambino, che lo segue ovunque come fosse un cagnolino. Ai due si unisce quindi Lily, una giovane prostituta a cui Yuji si è rivolto, anch’essa costretta dagli eventi a dover rimanere a Taipei ma con il desiderio di andarsene via non appena racimolati i soldi per rifarsi una vita. Grazie al ritrovamento di una valigetta piena di denaro appartenente ad una vittima di Yuji, il sogno dei due della fuga da Taipei comincia a concretizzarsi, ma non tutto andrà come previsto.

Rainy Dog, uscito nei cinema giapponesi dopo appena una settimana da Young Thugs: Innocent Blood (Kishiwada shônen Gurentai: Chikemuri junjô-hen), è il secondo film appartenente alla cosiddetta trilogia Kuroshakai, dopo Shinjuku Triad Society (Shinjuku Kuroshakai – China Mafia Senso) e prima di Ley Lines (Nihon Kuroshakai – Ley Lines). In realtà, questi tre film sono una trilogia più di nome che di fatto, dal momento che ambientazione e personaggi sono differenti, e il filo rosso che li unisce è formato unicamente da tematiche comuni, peraltro presenti in molti altri film del regista giapponese. Ed è proprio con questo film che prende il via il felice sodalizio tra Miike e l’attore Aikawa Sho, al tempo già noto in Giappone per aver lavorato con cineasti del calibro di Kurosawa Kiyoshi e Imamura Shoei. Il regista non poteva scegliere un attore più adatto per il ruolo di Yuji: la performance attoriale di Aikawa è sorprendente, con pochissime parole e un’espressione perennemente stampata in faccia tra il sorpreso e l’imbronciato riesce a rendere alla perfezione il suo stato d’animo di disadattato. Yuji è l’ennesimo esempio cristallino di outcast miikiano: lontano dalle sue radici (è un giapponese costretto dagli eventi a rimanere a Taipei), silenzioso, isolato e senza alcun legame affettivo, il tutto rafforzato dal fatto che nelle prime fasi del film Yuji viene a conoscenza dell’uccisione del proprio boss giapponese e del conseguente scioglimento del clan yakuza a cui apparteneva. Come Yuji, anche gli altri personaggi del film vivono ai margini della società: il misterioso personaggio senza nome interpretato da Tomorowo Taguchi (che è l’unico attore presente in tutti e tre i film della trilogia), destinato non si sa come a rimanere alle calcagna di Yuji, è anch’esso giapponese, vive per le strade come un senza tetto e può facilmente essere visto come una sorta di “lato oscuro” di Yuji, schiavo delle proprie ossessioni. O come Lily la prostituta, il cui status marginale alla società è chiaro fin dai primi momenti della sua apparizione nel film: quando Yuji si reca al bordello per scegliere la donna con cui passare la notte, lei non compare assieme alle sue “colleghe” ma rimane fuori dal gruppo. Ecco un’esempio dell’abilità del regista giapponese nel comunicare attraverso le sole immagini. Per non parlare del giovane Chen, abbandonato dalla madre con un perfetto sconosciuto, Yuji, che per il bambino rimane l’unica influenza ed appiglio al mondo reale, tanto da emularne via via i gesti e i modi di fare. Si confronti a tal proposito il rapporto tra Yuji e Chen e quello tra Chen e il cane randagio che questi incontra davanti al bordello, con il quale condivide la nottata passata ad attendere il padre ma che non esita ad abbandonare senza battere ciglio il giorno seguente. In Rainy Dog i temi della ricerca della felicità e dell’appartenenza ad un gruppo, surrogato della famiglia, sono altresì ben rappresentati. 

Per Yuji, la felicità è rappresentata dal suo ritorno in Giappone, e il sentimento di nostalgia per la sua terra natia è intenso, come si evince dal fatto che guardi continuamente “kaiju eiga” rinchiuso tra le quattro mura del suo piccolo appartamento. La sua attività di killer è semplicemente il mezzo per riuscire a tornare alla sua terra, dal momento che il boss di Taipei tiene in ostaggio il suo passaporto (e nel film non viene spiegato il perché, ma non è importante ai fini della storia) necessario a Yuji per lasciare Taipei.

La via di fuga di Lily è invece rappresentata dal denaro, che le permetterebbe di lasciare per sempre la piovosa Taipei, ma che – ecco un altro tema ricorrente nei lavori del regista – non porta alla felicità bensì alla rovina. Quando Yuji, dopo aver completato l’ennesima missione, si appropria dei soldi della vittima, uno spiraglio di speranza sembra aprirsi davanti al gruppo composto dallo stesso Yuji, Lily e Chen. Nei momenti di lì a poco successivi, quando i tre passano la nottata in spiaggia e il giorno dopo ritrovano uno scooter sepolto sotto la sabbia(!), dalle espressioni gioiose sui loro volti viene toccato l’apice della felicità, ma che di lì a poco si rivelerà essere effimera, un semplice preludio prima dell’inevitabile tragedia e l’inizio della disgregazione del gruppo. La quiete prima della tempesta: come sempre Miike è assai abile nell’insinuare una strisciante sensazione di minaccia nello spettatore, che da un momento all’altro si aspetta che il castello/gruppo costruito/costituito fino a quel momento crolli di lì a poco in pochi istanti.

Rainy Dog, mai titolo fu più azzeccato. “Rainy”, perché la pioggia è una presenza costante in questo film, e talmente importante che arriva a determinare le azioni del protagonista, convinto che uscire sotto la pioggia “porti sfortuna”. Nel momento in cui Yuji, Chen e Lily, in fuga con una valigetta stracolma di denaro, sono più vicini ad un’idea di felicità, la pioggia, non a caso, è assente e il cielo è lindo. Per il resto del film, invece, la pioggia scende praticamente senza tregua, forte e piano, rispecchiando l’umore dei personaggi, Yuji in primis. “Dog” è Yuji, costretto ad eseguire gli ordini del suo padrone, ma anche Chen, che segue Yuji come un fedele cagnolino: due facce della stessa medaglia; “Dog” – in questo caso randagio – è anche il misterioso personaggio interpretato da Tomorowo Taguchi, che, come un segugio, è costantemente alle calcagna di Yuji senza che il motivo venga mai svelato.

A conferma del fatto che questo film faccia parte di una trilogia solo nominalmente, si noti come anche dal punto di vista stilistico, Rainy Dog si discosti nettamente dal precedente Shinjuku Triad Society: tanto eccessivo e vicino al cinema d’azione è il primo quanto controllato e statico è il secondo, dove tutto gioca a favore dell’intensificazione dell’atmosfera uggiosa e malinconica di cui è pervaso. Si aggiunga quindi l’ottima fotografia di Yi-Xu Li, caratterizzata da toni di grigio e tenui accostamenti cromatici, e le musiche di Koji Endo (musicista che da qui in poi collaborerà a quasi tutti i film di Miike), formate da rarefatti ed indolenti arpeggi di chitarra, ed ecco servito uno dei film più malinconici del regista giapponese. Gli spettatori più impazienti, in cerca del Miike eccessivo di Ichi the Killer, rimarranno probabilmente delusi dall’incedere pacato di un film come Rainy Dog: per quelli invece che – con un po’ di pazienza - si lasceranno trasportare dalle immagini e riusciranno ad entrare nel torbido umore del film, la visione riserverà numerose sorprese, anche se certamente non metterà di buon umore.