Saving General Yang

Voto dell'autore: 3/5

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SavingGeneralYangA sette anni di distanza da Fearless, Ronny Yu torna alla regia con Saving General Yang, pellicola epica ad alto budget tratta dal corpus di leggende e opere letterarie sorto attorno alla figura storica del Generale Yang, già in passato fonte di ispirazione per un nutrito numero di pellicole delle quali la più famosa è forse The Eight Diagram Pole Fighter.

Saving General Yang è il classico esempio di forma che sovrasta il contenuto. Ronny Yu esegue un mero lavoro di artigianato, a tratti pure ben fatto, ma che non regala alcun colpo di genio né alcun tocco da fuori classe, un fatto che lascia un po’ l’amaro in bocca considerando che Yu  in passato è stato un autore in grado di dare ai suoi progetti una forte impronta personale.

La storia dei sette figli del Generale Yang in missione dietro le linee nemiche per soccorrere il padre dovrebbe essere una parabola sull’orrore della guerra, sulla spirale di odio e rancore che essa genera (temi che erano in parte già presenti in The Bride with White Hair), ma il potenziale drammatico della storia viene vanificato  da una sceneggiatura che non si preoccupa neppure di abbozzare i personaggi e da interpretazioni non proprio esaltanti,  tra le quali si salvano solo quelle di Adam Cheng, nei panni  di un Generale Yang sofferto e combattuto, e di Shao Bing, che dà al film un villain tragico e spietato.

Nonostante la vacuità di contenuti c’è comunque di che godere per gli occhi: le location naturali spaziano da deserti sterminati a canyon angusti che incombono minacciosi sui protagonisti, il tutto viene splendidamente fotografato da un team di ben sei direttori della fotografia. Ronny Yu, avvalendosi dell’esperienza di un action director come  Stephen Tung Wai, filma alcune sequenze d’azione ben realizzate tra cui la battaglia al fortino, un tesissimo duello a colpi di arco e uno scontro  che vede due dei fratelli affrontare decine di truppe nemiche all’interno di uno strettissimo passo montano.

Però tutto ciò non basta a risollevare le sorti della pellicola, la cui confezione scintillante e lussuosa, per quanto piacevole da vedere,  non riesce a celare la dilagante povertà di idee.