Sword of the Beast

Voto dell'autore: 3/5

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Il tradimento e la caccia sanguinaria al denaro e all'oro sono elementi ricorrenti nell'opera di Gosha Hideo (Là Dove Volano i Corvi, The Secret of the Urn...) e anche questo film co-sceneggiato dall'autore (come The Secret of the Urn, d'altronde) non fa eccezione. Ancora un chanbara per la Shochiku e un altro viso valorizzato dal regista che cambiava spesso protagonista scolpendo di volta in volta il suo volto nella storia del cinema (Tatsuya Nakadai per Là Dove Volano i Corvi, Kinnosuke Nakamura in The Secret of the Urn, Mikijiro Hira in questo film).
Al secondo film dopo il folgorante esordio di Three Outlaw Samurai, Gosha gira parzialmente a vuoto, con una storia meno compiuta e articolata, troppo episodica e ripetitiva. Non perde smalto e forza immaginifica ma tra un sequenza folgorante (fin dall'inizio) e l'altra la regia è troppo spesso anonima. Dopo l'incredibile Cash Calls Hell e l'anomalo The Secret of the Urn ritroverà tutta la propria verve nei Samurai Wolf e film successivi.

In questo invece evoca la storia di Gennosuke, un samurai tradito dal proprio clan che nella propria itineranza si trova a percorrere i sentieri di una montagna dove si svolge una sanguinosa caccia all'oro. Alle sue spalle inoltre la figlia di una sua vittima (elemento cardine del tradimento) e il suo uomo, pronti alla vendetta.

Il cane sciolto Gennosuke, troverà maggiore compimento nello psicotico Tange Sazen di  The Secret of the Urn, che possiede una base narrativa simile ma una maggiore foga e vivacità nella messa in scena, seppur sempre di film minore e meno pregiato di altri si tratti.