The Butterfly Lovers: Leon and Jo

Voto dell'autore: 3/5

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Nel periodo di uscita, anche il cinema d'animazione cinese (e di Taiwan, come in questo caso) stava tentando di aggiornarsi e di rinnovarsi per ottenere una sua fetta di mercato. Anche stavolta uno dei nomi più importanti ad avere spinto in questa direzione è stato quello di Tsui Hark che da sempre ha visto abbattuti nell’animazione quei limiti motori che il cinema classico gli imponevano arrivando a dire che forse quella d’animazione sarebbe la sua dimensione ideale. Ed è una dichiarazione comprensibile per un regista che tenta sempre di spingersi oltre i limiti della tecnica, e che li ha visti sempre bloccarsi di fronte alle barriere imposte dai mezzi e dalla tecnologia (oltre che dalla fisicità anatomica degli attori). Tsui aveva dato un corposo contributo con la produzione di A Chinese Ghost Story – The Tsui Hark Animation (sorta di rivisitazione animata della saga di Storia di Fantasmi Cinesi, edito anche in Italia), con il corto basato sull’universo del fumetto Master Q (contenuto nel film ad episodi 1:99), nel character design e nelle coreografie da lui curate in The Warrior (rivisitazione fantasy per ragazzi della saga di Wong Fei-hung, protagonista di Once Upon a Time in China) e infine nel film a tecnica mista (attori in carne ed ossa e personaggi virtuali) Master Q basato sul fumetto già citato. In breve tra Hong Kong e Cina erano usciti diversi prodotti più che dignitosi e di alterno successo, dai maialini McDull, all’acerbo ma accattivante Lotus Lantern, fino al wuxia in 3D Dragonblade. Stavolta il nome di Tsui Hark non è direttamente coinvolto nel progetto, ma la leggenda classica che ne sta alla base era già stata adottata dal regista nel suo capolavoro The Lovers. E la storia rimane la stessa (v. recensione di The Love Eterne), con coraggio, senza lesinare sulla violenza, sulla sensualità, ma aggiungendo solo del romanticismo bucolico talvolta stucchevole e retorico inserendo il film in un filone per ragazzi (il che equivale a preventivare a forza –ancora oggi- almeno due sequenze musicali, comprensibili però osservando la storia da cui proviene il film e le sue varie incarnazioni cinematografiche). Lo svolgimento è ottimo e intenso, finanche commovente (e potrebbe essere altrimenti?), alternando animazione classica, sequenze più astratte con tecniche miste e un 3D mai invasivo che si inserisce discretamente lungo il tessuto narrativo. Purtroppo al character design dei due protagonisti, davvero riuscito e delicato, si contrappone quello di tutti gli altri personaggi, assolutamente anonimo e oggettivamente brutto, così stereotipato da creare un’ulcera istantanea a un animatore anticonvenzionale come Bill Plympton che più volte si è scatenato contro le convenzioni dei tratti dei personaggi nell’animazione. La regia è a servizio della storia, ottima, convincente e con frequenti tocchi di classe e giochi di silhouette. Le voci sono affidate a nomi tutto sommato noti, Elva Hsiao (Infernal Affairs), Wu Jing (Sha Po Lang) e Rene Liu (A World without Thieves), mentre le musiche sono allietate dai pezzi classici (il The Butterfly Lovers Violin Concerto) che già avevano sottolineato i momenti migliori di tante trasposizioni passate della storia. Il soggetto –che solitamente per rendere un’idea immediata viene descritto come una sorta di Romeo e Giulietta- è lo stesso, classico, leggermente meno apocalittico sul finale ma basato sullo stesso assunto di base (v. recensione di The Love Eterne).