The Parasite Doctor Suzune: Genesis

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parasite doctor suzune genesisForse certi film è meglio limitarsi a immaginarli piuttosto che vederli, chi frequenta molto un certo tipo di cinema lo sa bene. Il gap tra ciò che lasciano presagire trailer e sinossi, e ciò che il film effettivamente ha da offrire è spesso drammatico, ma per qualche oscura ragione queste suggestioni sembrano essere sempre più forti di qualsiasi lezione impartita dall’esperienza. The Parasite Doctor Suzune: Genesis è uno di questi film.
Alla luce del successo (15 milioni di download) dell’omonimo manga per cellulari creato da Haruki, la Toei ha deciso di mettere in cantiere un dittico di adattamenti live action, composto da The Parasite Doctor Suzune: Genesis e il seguito The Parasite Doctor Suzune: Evolution, usciti a pochi mesi di distanza l’uno dall’altro.

In questo primo lungometraggio, seguiamo le vicende di Suzune (Rei Yoshii), procace dottoressa esperta di parassiti (che se ne va in giro in camice, shorts e corpetto di cuoio), che assieme alla sua ranocchia addestrata e al suo assistente gay, indaga su una nuova specie di parassita che si sta diffondendo in città: una sorta di creatura tentacolare e lattiginosa che aumenta la forza fisica e soprattutto l’appetito sessuale degli ospiti umani, fino a soggiogarne completamente la volontà. Suzune scoprirà che dietro tutto ciò si nasconde una misteriosa organizzazione che diffonde il contagio nascondendo le larve del parassita in pillole anti-età vendute su internet. Tra i capi dell’organizzazione c’è nientemeno che il padre di Suzune, brillante scienziato scomparso quando lei era ancora una bambina.

Da un plot del genere (che sarebbe piaciuto al Cronenberg degli esordi) non ci si può che aspettare eccessi e follie a profusione, tutte cose che fanno amare il cinema di exploitation, categoria in cui questo The Parasite Doctor rientra a pieno titolo. Purtroppo non siamo dalle parti né dei b-movie patinati alla Sushi Typhoon, né da quelle del v-cinema, povero ma vitale, che ha funto da palestra per talenti come Takashi Miike.
In Parasite Doctor si respira un aria di povertà sotto tutti gli aspetti, sia materiale, con poche (e spoglie ) location e pochi attori (e di per sé non sarebbe un difetto), sia registica che stilistica. Ma soprattutto il potente materiale di partenza, ovvero il rapporto tra sesso e contagio, non viene approfondito e sfruttato a dovere, relegandolo a qualche scarno siparietto erotico neanche troppo spinto nella prima parte (siparietti “prontamente” interrotti da Suzune, che spunta all’improvviso per estrarre il parassita dai “poveri malcapitati”) e alle manifestazioni delle creature nel finale, con un tentato stupro tentacolare.
Si ripiega così sul versante action, preponderante nella seconda parte del film, in cui le cose vanno ancora peggio. Gli scontri sono, salvo qualche stunt riuscito, mal coreografati e l’anonima regia di Ryu Kaneda fa poco o nulla per nascondere la goffaggine degli attori.
Una nota positiva la meritano gli effetti speciali e il design delle creature, semplici ma efficaci e in qualche punto genuinamente disgustosi, e l’attrice protagonista Rei Yoshii, che offre una performance più che dignitosa. Da segnalare nel ruolo di malvagia dominatrix, Megumi Kagurazaka (Cold Fish, Himizu).
In definitiva Parasite Doctor è un prodotto mediocre che non ha il coraggio di premere appieno sull’acceleratore per esplorare le tematiche trattate e per diventare qualcosa di realmente eccessivo, oltraggioso e divertente.