The Sisters

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The SistersE' ormai inutile continuare a parlare dell'ennesimo figlioccio bastardo di Ring, ma per questa volta faccio un eccezione visto che questo film ha un valore aggiunto. The Sisters ha la qualità di non plagiare (solo) Ring, ma anche (soprattutto) Ju-On. Avevamo dato al film una possibilità visto che altri film del genere thailandesi in passato ci avevano intrigato come Body Jumper o Buppha Ratree, mentre invece siamo ai livelli del ben più temibile 999-9999; non che dovessimo aspettarci chissà cosa dallo stesso regista di Ghost Delivery, che almeno talvolta era "gradevole". Il film invece clona in modo imbarazzante tutto l'armamentario costruito da Shimizu nella saga Ju-On sia esso iconografico che sonoro. E quindi bisogna armarsi di buona pazienza e sorbirsi nel (dis)ordine, donna con capello standard e movenze "jungle", volto devastato verdastro, bambino nudo e in posizione fetale, effetti sonori avvitati e via per questa strada. L'inizio lascia quasi ben sperare anche perchè il cinema thai ci ha spesso mostrato che quando l'orrore viene messo in moto, l'ingranaggio non si ferma più, spesso raggiungendo un ritmo vertiginoso, e anche The Sisters faceva sperare in questa soluzione visto che l'orrore viene innescato prima ancora dei titoli  di testa e corre veloce per una buona mezz'ora. Poi il crollo e un lungo strascico di luoghi comuni (melodramma fantasmatico incluso nel prezzo) fino alla fine. E dire che il film garantisce anche un paio di salti e di scenette suggestive (ma anche diversi minuti di ira funesta verso il regista)

Un gruppo di ragazzi vestiti a caso e appartenenti ad  una rock band si ferma in un albergo nel corso di un tour. In quella stanza tempo prima una prostituta era stata uccisa e infilata nel buco dell'areatore. La stanza è pregna di "grudge" e i ragazzi si beccano una bella maledizione che li falcia uno dopo l'altro. Nulla può fare un monaco buddista contro le visioni e contro l'orrore che si cela nel buchetto del tubo di areazione. Prepararsi ad indigestione di capelli femminili. Alla fine l'unica maledizione è quella che lo spettatore tira al regista e ai responsabili dell'opera in questione. Dicono tratto da una storia vera. Mhà!

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