The Warlords

Voto dell'autore: 3/5

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The WarlordsIl 2007 è stato l’anno dei tributi a Chang Cheh; prima Blood Brothers, visto alla 62° Mostra Internazionale di Arte Cinematografica di Venezia, tiepido remake del Bullet in the Head di John Woo (che già di suo era una rivisitazione delle tematiche e del soggetto del Blood Brothers di Chang Cheh in chiave urbana) ed ora The Warlords, vero remake diretto. Per chi scrive, il pioniere è ad oggi un film inarrivabile, straordinaria riflessione morale, permeato da una regia febbrile e sperimentale e da una disperazione interna infinita a scapito di buone sequenze marziali che una volta tanto non sembrano essere l’interesse principale del regista. Era quindi del tutto impensabile aspettarsi così tanto. Peter Chan Ho-sun invece vince la rischiosa scommessa di confrontarsi con un classico, lavorando di fino sui personaggi, personalizzando in parte gli sviluppi narrativi, e regalandosi una regia moderna e virtuosistica ma non gratuita e tutto l’armamentario di effettistica derivante da un budget evidentemente dignitoso. Il risultato è un film epico, mastodontico, sferzato da sequenze di battaglia violentissime e accecanti che non cercano mai di sovrastare il tenore morale e la potenza caratteriale dei personaggi, deprivati di ogni risibile deriva machista e mostrati come uomini prima di tutto, bruciati da passioni, orgoglio, ambizioni, terrore, debolezze; i “classici” argomenti atti a infrangere il patto di sangue tra “fratelli” e a portare all’inevitabile tragedia. Di nuovo la strada intrapresa per raccontare la storia non è quella più facile e alla moda che ha colpito tanti colleghi (Zhang Yimou, Ang Lee, Chen Kaige & Co.), ovvero di ripulire e svecchiare le coreografie post new wave con un abuso di soldi e digitale, ma quella che spinge verso una maggiore brutale verosimiglianza, abbandonando estetismi inutili e derive stilizzate, seguendo invece il metodo del nuovo Tsui Hark (da The Blade a Seven Swords) e già seguito a ruota dal mediocre Battle of Wits.
Il confronto tra gli attori del prima e del dopo è vinto da Chang Cheh (qui la tessera debole è Takeshi Kaneshiro) ma il cast riesce comunque a muoversi con un talento inaspettato grazie ad un sorprendentemente inedito e brutale Jet Li e ad un’ennesima conferma per Andy Lau.

L’unico sopravvissuto ad uno scontro tra eserciti, Ma Xinyi (Jet Li), viene adottato da un gruppo di briganti e con due di loro, Cao Erhu e Zhang Wenxiang (Andy Lau e Takeshi Kaneshiro) sigla un patto di sangue e di fratellanza. I tre successivamente entrano a fare parte dell’esercito e iniziano la conquista di città sempre più grandi e strategiche. Ma l’ambizione e il potere corrompe uno di loro che intraprende una deriva morale che lo porterà ad infrangere il patto di sangue e a tradire un fratello.

Chan lavora molto sui personaggi e si discosta spesso dal pioniere, ma sempre riuscendo a produrre un risultato coerente e sorprendente. Il maggiore punto di distacco tra i due film è la zona finale dove quella di Chan, assolutamente personale, appare però meno inventiva e inaspettata perdendo lievemente di efficacia rispetto alla straziante disperazione del film di Chang Cheh.
The Warlords è gonfio e saturo come il precedente film del regista, Perhaps Love, ma vistosamente più vivo e vitale, lontano anni luce dai brillanti giochi d’autore (e d’attore) delle prime commedie amare degli equivoci (He Ain't Heavy... He's My Father, He's a Woman, She's a Man,Who's the Man, Who's the Woman).
C’è chi ci ha visto di tutto, da Apocalypse Now ad altre influenze letterarie “alte”. Sicuramente Chan vince la scommessa nel confronto con un classico. Sorprendente alla visione, purtroppo non cresce dentro come quello di Chang Cheh, dove – complice un budget minore- la violenza e l’orrore era palpabile mentre qui, tanto si rivela iperrealista, quanto comunque lievemente sbiadito da una sovrabbondanza di potere trascolorante e annichilente del digitale. Un’ottima prova, comunque, un colossal coraggioso e intelligente, cosa assai rara di questi tempi.