Three-Head Monster

Voto dell'autore: 2/5
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Three-Head MonsterIn una foresta vive una piccola creatura fatta di ginseng le cui proprietà curative sono inimmaginabili, tant’è che l’essere è cacciato –invano- da un bambino che vuole curare la propria madre malata. Nella stessa foresta vive anche il grande ginseng dei mille anni, una vecchia creatura dalla forma e statura umana costituita di radici e arbusti della pianta, capace di donare l’immortalità a chi se ne cibi. A questo, danno la caccia un esercito di mostri capitanati da un’amazzone leopardata (Cynthia Kahn) che deve portare l’essere benefico al mostro dalla tre tese del titolo, re del male che ha imprigionato una strega, vecchia regina del regno, e che sta cercando l’immortalità.
Nel frattempo il rapimento ha successo ma da una tomba emerge uno zombie in divisa nazista che continua ad urlare in continuazione “Sigh Heil” e “Hail Hitler” (??!!); verrà fermato da un monaco buddista non prima però di avere ucciso la madre del bambino. Ma visto che il mostro di ginseng può anche resuscitare i morti, il piccolo protagonista parte alla volta del castello del demone aiutato da un vecchio e da due creature giganti dotate di occhi ed orecchie abnormi capaci di vedere e sentire tutto ciò che accade al mondo. Infilati i due in uno zaino, un gigante velocissimo li porta al castello dove riescono a liberare la strega (che si scoprirà poi essere la madre dell’amazzone che subito passa dalla parte del bene) che dopo essersi incendiata le mani estrae da una vasca congelata la spada di ghiaccio, arma finale contro il mostro dalle tre teste.  Nel frattempo però il re ginseng è già stato smembrato e divorato…

Perdonate l’infantilismo di stesura della sinossi ma il soggetto è quello e in questa modalità espositiva rende decisamente al meglio l’essenza del film in questione.
Orribile e raro fantasy taiwanese che guarda a film occidentali come La Storia Infinita ma non riesce mai ad elevarsi nè durante le pessime coreografie marziali (uno dei punti più bassi mai visti) né negli artificiosissimi effetti protesici e ottici (i grossolani raggi azzurri emanati da armi e mostri, dipinti sulla pellicola).
La brava Cynthia Kahan una delle reginette del cinema action femminile locale ce la mette tutta, ma rimane spesso soffocata dalla pesantezza di tutto il resto e dalla totale discontinuità della messa in scena (spaziale, di raccordi..). Spesso ci siamo trovati a promuovere e lodare tali metodi realizzativi ma a fronte di un risultato così pressappochista non si può promuovere a priori l’operazione (il film non è Wicked City, aimè). Rimane solo l’idea folle e libera di cinema che lo sottende e che potrà- sicuramente- fare la felicità di tanti appassionati del cinema psychotronico.