Ultraman Max - Ep. 15 - Miracle of the Third Planet

Voto dell'autore: 4/5
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Ultraman Max Ep15Nel 2005, tra Yokai Daisenso e il torrido episodio per i Masters of Horror, Imprint, Miike si imbatte nell’avventura Ultraman. Ultraman è probabilmente la più longeva serie televisiva (e di riflesso cinematografica) sci-fi della storia, nata nel 1966 e proseguita fino ad oggi per ben 22 serie e un numero enorme di film e speciali. Ultraman Max, trasmessa nel 2005 per un totale di 40 episodi è una sorta di remake ultrapop della prima serie, assolutamente riuscita e perfetta iterazione tra effetti classici e digitali. Per l’occasione sono stati chiamati a dirigere gli episodi alcuni grandi nomi del cinema giapponese tra cui Kaneko Shusuke (Death Note, Azumi 2, Pyrokinesis), Jissoji Akio (Murder on D Street), già regista di alcuni episodi allucinati della prima serie e –appunto- Miike Takashi.
La serie in sé è ingenuamente entusiasmante, un vero fan service per gli amanti di Ultraman e di tutto ciò che è stato l’animazione e l’iconografia in stile manga nei decenni, follemente colorata e pop, piena di citazioni e ospiti provenienti dalle precedenti serie (sia umani che mostruosi). L’arrivo di Miike nel quindicesimo episodio si fa notare; i toni si spengono, il clima si stempera, e tutto si fa più cupo e “magico”.

La riflessione portata da Miike è simile a quella introdotta alla serie da Jissoji nel ’66, ovvero una maturazione di tematiche, un senso di cupezza più accentuato e l’introduzione di un filtro, ovvero il bambino. La figura del bambino (ottimo mezzo di identificazione per i coetanei a cui basilarmente è indirizzata la serie) viene spesso utilizzata nel tokusatsu ma solitamente in maniera patetica e “semplicistica”. Una piccola rivoluzione l’aveva appunto introdotta Jissoji nei propri episodi, nostalgici e “magici”, di vent’anni precedenti allo splendido cinema hollywoodiano della meraviglia per ragazzi degli anni ’80. Miike riparte da lì. Al contempo spegne la fotografia brillante e aggiunge colori come il nero, il blu scuro e stilizza le scenografie. Il risultato visivo è simile –fatti i debiti paragoni- al Box di Three…Extremes e a Big Bang Love, Juvenile A, ovviamente più leggeri e semplici.
L’ennesimo mostro piomba dallo spazio sulla terra. Inizialmente è solo una bolla gigante bianca e candida, inoffensiva, posata su un terreno. Miike introduce un altro elemento comune a Jissoji, che crea spessore e riflessione, ovvero una critica alla Dash, l’associazione di difesa protagonista della serie il cui compito è abbattere le creature invasori sempre e comunque. Più volte, infatti, nel corso della serie si pongono quesiti morali sull’abbattimento di creature a volte inoffensive fino al climax della puntata della prima serie (la numero 35, sempre di Jissoji) in cui si ipotizza un cimitero  intergalattico e un kaiju fantasma.
La Dash, infatti, bombarda la bolla e da essa emerge Ifu, un imbattibile creatura dotata del potere di mimare automaticamente gli attacchi ricevuti e di mutare forma a seconda dell’attacco (o semplice stimolo sensoriale) subìto. Così ad ogni missile ricevuto la creatura risponderà a suon di missili organici, abbatterà Ultraman Max e utilizzerà i suoi poteri per radere al suolo la città in una sequenza apocalittica di innegabile efficacia. Quando il destino della terra sembrerà spacciato e la Dash si rivelerà impotente, sarà una bambina disperata ad avvicinarsi al mostro suonando uno strumento a fiato, in mezzo alle rovine della città in fiamme. La creatura allora muterà in un surreale strumento musicale organico e sarà accompagnata in cielo da Ultraman Max.
Ha poco senso valutare questo episodio in sé, ovvio che vada contestualizzato all’interno della serie. E ragionando in questo modo, Miracle of the Third Planet si rivela come un oggetto straordinario e uno degli episodi più memorabili dell’intera serie.
L’episodio successivo, il sedicesimo, porterà di nuovo la firma di Miike Takashi e si intitolerà Who am I?.

Imperdibile per i completisti.