Vigilante in the Funky Hat: 200,000 Yen Arm

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funkhat2Fukasaku anno zero.
Dopo essere entrato alla Toei, nel solo anno 1961 il regista dirige 5 lavori: due episodi di due serie e l’esordio nel lungometraggio con High Noon for Gangsters. Le serie sono Furaibo Tantei (Wandering Detective) e Funky Hatto no Kaidan (Vigilante with the Funky Hat), lavori da una cinquantina di minuti prodotti per essere inseriti nelle doppie proiezioni delle sale del circuito della casa di produzione.
Questo Vigilante’s Funky Hat – 200,000 Yen Arm è la seconda parte della saga di Funky Hatto no Kaidan e fu al contempo una serie che lanciò la carriera di un altro nome ormai mitico del cinema giapponese, Shinichi “Sonny” Chiba, noto per titoli del calibro di The Street Fighter, Golgo 13, Battle Royalee Kill Bill.
In controtendenza ai prodotti del periodo della Toei, soprattutto film in costume, chanbara e film di samurai, Fukasaku dirige noir, yakuza eiga e action, percorsi da riflessioni evidenti sulla contemporaneità, situandoli in un arso Giappone post bellico di efficacissima risonanza polemica, rendendo inizialmente i suoi prodotti parzialmente fuori dal sistema. Il soggetto, quasi pretestuoso, è un alibi per uno sfoggio di stile del regista, forse ancora acerbo, ma con un’idea di cinema ben chiara in testa.

Chiba interpreta l’esagitato figlio di un detective privato che indaga sul rapimento di un campione di baseball, caso che si interseca con quello di un misterioso delitto seguito da una giovane e bella giornalista. Tutti gli universi sono destinati ad entrare in collisione nello scontro finale, in una location molto simile (la stessa?) di quella già vista sul finale di Black Tight Killers.

Il film è un’opera minore, ma, come già accennato, segue un’idea coerente e ben precisa di cinema del regista. Modernità assoluta di stile, freschezza e frenesia nella narrazione, montaggio interventista ed esagitato che elimina tutto l’inutile e giustappone con un’energia esemplare le inquadrature e i dialoghi, in un continuo rubarsi le battute tra i personaggi. Se ancora il quadro non è saturo di movimenti dei corpi e dei set, è la regia (comunque pulita e fluida, non ancora così epilettica) e il montaggio a frazionare e smontare con la precisione e pulizia di un bisturi. Ma anche le tematiche e le idee narrative sono decisamente moderne; in una scena i  protagonisti sparano con due pistole contemporaneamente, in tempi non sospetti e la recitazione perennemente sopra le righe costruisce un Sonny Chiba estremamente gigioneggiante che lo avvicina con un certo anticipo ad un Chow Yun-fat diretto da John Woo.
Al contempo già si nota il modus partecipe nei confronti dei propri personaggi e il calore del regista nel raccontare i giovani con una spontaneità e una partecipazione unica.
Un film importante per scoprire le origini di un’idea di cinema coerente che il regista porterà avanti fino alla fine della propria carriera.