Tsukamoto Shinya


Tsukamoto ShinyaRegista e attore

Vi presentiamo un oggetto del tutto unico. Un'intervista doppia fatta allo stesso regista a otto mesi di distanza e focalizzata sullo stesso film, lo stupendo Kotoko.

 

Intervistiamo il regista nei pochi minuti a nostra disposizione durante la 68° Mostra Internazionale di Arte Cinematografica di Venezia. Il suo film Kotoko, vincitore del Premio alla sezione Orizzonti, è stato proiettato la sera precedente e il pubblico lo ha accolto con entusiasmo, ma si sono verificate anche singole e isolate reazioni, alcune anche molto “violente”.
Certo Kotoko non è un film che lascia indifferenti, spiazza, passando da momenti intensamente lirici e intimi, di tenerezza vera e propria, a sequenze particolarmente efferate e dure. Ma l’analisi della psicologia di una donna diventata madre e ossessionata da visioni di morte che riguardano il figlioletto appena nato e dalle tendenze fortemente autolesioniste, ha in sé una forza eccezionale per come parla delle paure e del bisogno di protezione non solo materno, ma di ciascuno di noi. Il film ha come protagonista l’intensa cantante giapponese Cocco, che qui, diretta abilmente da Tsukamoto, riesce a dare una prova sbalorditiva per difficoltà e intensità. Conciso, asciutto e ironico, così risponde alle nostre domande.

Asian Feast: Com’è nata l’idea di Kotoko?

Tsukamoto Shinya: L’attrice protagonista, Cocco,  è una cantautrice  piuttosto famosa in Giappone. Lei mi interessava molto, e quindi ho scritto la sceneggiatura a partire dalle varie interviste che le ho fatto.

AF: Quindi è sempre stato un fan di Cocco, è per questo motivo che l’ha scelta per interpretare Kotoko?

TS: Sì, diciamo che si è creata una sorta di equazione, Cocco uguale Kotoko e viceversa. Lei si identificava col personaggio e il personaggio con lei. Le ponevo delle domande e lei mi rispondeva. A volte lei non si riconosceva nelle soluzioni che proponevo e allora cambiavamo. Così man mano scrivevamo la sceneggiatura. E’ così che abbiamo proceduto nel lavoro.

AF: Cocco ha davvero avuto un figlio, quale dei due temi ha voluto privilegiare? La maternità e il bisogno di protezione o l’ansia nei confronti del futuro?

TS: Si, ho conciliato entrambi i temi. Kotoko è ispirato a un sentimento di paura, di protezione. Abbiamo avuto molte difficoltà nel girare questo film, tanto che alla fine mi chiedevo se continuare a girare. Per me era arrivato il momento di realizzare un film sulla preoccupazione da parte delle madri nei confronti dei loro figli. C’è paura per il futuro ora in Giappone, dopo quello che è successo lo scorso marzo, e questa preoccupazione è quello che volevo trasmettere.

AF: Analizziamo invece il ruolo della figura maschile, il personaggio di Tanaka. Lui prevalentemente subisce, anche quando esercita una violenza su Kotoko su richiesta della donna stessa. Significa che i personaggi maschili sono destinati a subire, ma quanto subiscono in realtà? E questo subire è metafora di qualcos’altro?

TS: Questa violenza su Tanaka da parte di Kotoko è un riflesso del fatto che lei è in grado di vedere la parte cattiva e la parte buona delle cose e delle persone. Anche questa dello sdoppiamento di visione è una forma di difesa. Preferisce uccidere lei il bambino, piuttosto che lui muoia in modo più crudele, a causa di una guerra o di qualche tragedia. Così in Tanaka sono in conflitto la parte positiva e quella negativa, arriva a smettere di scrivere per stare con lei.

AF: La musica è ovviamente una componente determinante del film. Come ha elaborato le canzoni?

TS: Cocco ha lavorato sulla musica totalmente da sola. La colonna sonora, come è evidente, è totalmente opera sua. Le parole e la musica derivano interamente dai suoi stati emotivi. In particolare nella scena in cui danza e canta in spiaggia ha utilizzato un motivo tradizionale okinawaiano, delle isole Yaoyama, Tsukimukaisha.

AF: Nel film la scenografia è fatta di carta e luci, penso alle sequenze di giochi per il bambino, Non usa assolutamente il digitale. E’ una precisa scelta estetica?

TS: Quella di utilizzare uno sfondo di cartoni per quella scena è stata un’idea interamente di Cocco, le ha realizzate lei. L’ho lasciata disegnare e ricreare i particolari. Voleva ricreare nei dettagli il mondo interiore suo e del bambino.

AF: Una curiosità: in tutti i suoi film c’è la pioggia come elemento. Compare anche in Kotoko e anche nel finale di Vital quando l’uomo chiede alla ragazza che cosa porterebbe con sé nell’aldilà e lei risponde che porterebbe la pioggia. Che valore ha per lei la pioggia, è una marca autoriale o ha qualche altro valore?

TS: Il ruolo della pioggia in Kotoko e in Vital non vanno assolutamente accomunati. In Vital, c’è una contrapposizione tra elemento fisico e umano, tra città e natura, quella è una pioggia che si stende sul cemento e sulla pelle, un elemento naturale. La danza sotto la pioggia in Kotoko, invece, era già prevista e ha un valore soprattutto emotivo.

AF: Come colloca questo film all’interno della sua produzione di regista? L’ho trovato più intimo e personale rispetto alle opere precedenti, quindi come lo pone all’interno della sua evoluzione come regista?

TS: Non è che possa dire molto a riguardo. E’ come se fossi diventato adulto. Da una fase in cui ero ancora un bambino sono diventato grande. Anche il primo Tetsuo non era certo maturo. Forse, anche se non ne sono consapevole, non voglio fare film maturi.


Le foto sopra sono di Senesi Michele e Samuele Bianchi. Le trovate in alta qualità, insieme ad altre, nel nostro canale Flickr.

 

Tsukamoto Shinya FrankfurtQuesta seconda intervista è stata raccolta circa otto mesi dopo a Francoforte, alla Studentenhaus dell'Università, nel corso del Nippon Connection 2012. Poco tempo a disposizione ma uno Tsukamoto come al solito affabile e disponibile.

Asain Feast: Come nasce la collaborazione con Cocco?

Tsukamoto Shinya: Cocco è una cantautrice molto famosa in Giappone, la seguo fin dal suo esordio, avvenuto quindici anni fa.
Mi affascina molto la sua figura e anche la sua visione del mondo e, con l'idea di avvicinarmi a quel mondo di cui canta, ho sempre voluto fare un film con lei. Sette anni fa, le mandai la sceneggiatura di Vital; le piacque così tanto che decise di cantare la canzone che si sente nei titoli di coda e da quel momento nacque l'idea di tratteggiare in un mio film il mondo che lei vede. Dopo altri sette anni ci siamo ritrovati e, mentre Cocco mi raccontava le sue storie, io scrivevo una sceneggiatura basata su di esse. In particolare, mi parlava di sua madre, morta sette anni fa, diventata il vero fulcro di questa sceneggiatura. Cocco parlò sì di sua madre, ma il fulcro della storia è la figura della madre nella visione di Cocco: Cocco come madre. Di tanto in tanto, le facevo leggere cosa scrivevo e lei correggeva o eliminava le cose in cui non si riconosceva.

AF: Cocco non è un’attrice professionista, ma dimostra di avere un grande talento. Quanto ha dovuto lavorare su di lei in veste di regista e quanto l’ha lasciata libera di fare?

TS: Grazie alle revisioni di Cocco sulla sceneggiatura, il suo personaggio era diventato così aderente a lei, che durante le riprese non sono servite particolari istruzioni.

AF: Invece, per quanto riguarda gli altri attori, com’è andata? La presenza di un bambino piccolo avrà causato diversi imprevisti.

TS: In genere con i bambini funziona così: ci sono età in cui riescono a seguire le istruzioni che gli dai e altre in cui non ci riescono. In questo caso il bambino era troppo piccolo per spiegargli cosa fare e come muoversi, quindi ho creato un ambiente intorno a lui che gli permettesse di reagire naturalmente, usando piccoli espedienti. Per esempio, quando Kotoko rivede suo figlio ad Okinawa dopo tanto tempo, il bambino è timido e diffidente; nella realtà, quella era la prima volta che i due s’incontravano e io ho filmato quell’incontro.

AF: In molti suoi film lei interpreta la parte de “l’altro”, che entra nella vita del protagonista e gliela cambia. È un caso o è un ruolo che le è particolarmente congeniale?

TS(Esita prima di rispondere): Normalmente nei miei film c’è un protagonista che è più o meno in pace con se stesso, poi appare un altro personaggio, una sorta di diverso “se stesso”, interpretato da me, che lo costringe a farsi delle domande, a chiedersi se questa pace, questa felicità è vera.
In genere il protagonista vince quest’ombra, questo altro da sé, o queste due entità si sommano, creando una nuova persona, un nuovo mondo. Non so per quale motivo interpreto sempre questo personaggio… da bambino ero molto timido e silenzioso, poi, quando ho cominciato a recitare, sono diventato più aperto, facendo così nascere un me stesso più dinamico ed estroverso. Forse mi faccio interprete della mia ombra, e quindi mi piace essere in questo ruolo.

AF: Futsu saizu no kaijin (The Phantom of Regular Size) è stato da poco pubblicato in DVD in Italia, per anni non è stato in commercio, anche se era possibile scaricarlo da Internet. Come si pone nei confronti del file sharing?

TS: Per il pubblico è sicuramente più comodo fare il download di un film. Per quanto riguarda me, penso che, appunto perché un film è di difficile reperibilità, sia molto più facile creare meraviglia nel pubblico, nel momento in cui lo si andrà a proiettare in un cinema. Naturalmente non si può fare un granché a riguardo, ma al di là delle questioni di diritti legali, perso che il download uccida la freschezza di un’opera cinematografica.

AF: Per quanto riguarda invece i suoi primi cortometraggi, quelli girati in Super8, che possibilità ci sono di vederli in DVD?

TS: Questa è una domanda che mi fanno in molti. Il problema è che la pellicola è talmente rovinata, che anche solo proiettarli diventa difficile.

AF: In Kotoko lei ha fatto praticamente tutto (regia, fotografia, montaggio, ecc.). Questo è il prezzo da pagare per essere davvero liberi o, semplicemente, le piace occuparsi di tutti gli aspetti della realizzazione di un film?

TS: Ai tempi in cui realizzavo cortometraggi era ovvio che dovessi fare tutto da solo, adesso continuo a farlo proprio perché voglio che tutto sia esattamente come dico io. Sono talmente abituato a far tutto da solo, che non mi parrebbe possibile fare altrimenti.

AF: Di solito lei viene accostato a David Lynch, perché forse vi rivolgete allo stesso tipo di pubblico. Di recente Lynch si è lamentato della sempre maggiore carenza di spazio per film come i suoi e che forse non ne girerà di nuovi. Lei sente questo stesso disagio?

TS: Di sicuro ci sono ancora film che voglio realizzare e idee che voglio sviluppare, tuttavia mi rendo conto anch’io che è sempre più difficile trovare spazi per film che si posizionano tra la fascia del basso budget e quella dei film pensati per il grande pubblico. Spero che questa cosa non mi tocchi, ma sento che qualcosa sta cambiando.

AF: Lei nasce nel circuito underground e poi diventa famoso, forse più all’estero che in patria.  Pensa che i giovani registi underground giapponesi abbiano possibilità di emergere? O comunque ci sono registi giovani che le piacciono?

TS: Grazie al digitale è sicuramente diventato più facile girare film, perché servono meno fondi. Quindi chi ha talento e si dà da fare, ha la possibilità di girare il suo film. Riguardo ai miei gusti personali, in tutta sincerità, sono troppo preso dal girare i miei film per interessarmi al circuito underground, quindi non so dare dei nomi.

AF: In Kotoko la figura di Tanaka è molto ambigua; visto che lei, oltre ad essere il regista del film, è anche interprete di quel personaggio, ci dice se esiste davvero o è solo una fantasia della protagonista?

TS(Sorride:) Anche questa domanda mi è stata fatta spesso e io non voglio rispondere. Piuttosto mi piacerebbe sapere cosa ne pensa il pubblico di questa cosa: ogni persona a cui l’ho chiesto, mi ha dato una risposta diversa e questa è una cosa molto interessante.

AF: In Italia lei è molto amato, ne è dimostrazione il fatto che alcuni suoi film sono usciti in DVD solo per il mercato italiano. Secondo lei può dipendere dal fatto che i suoi primi film sono stati passati dalla televisione pubblica?

Sicuramente il fatto di essere stato scoperto da Enrico Ghezzi, che poi ha mandato i miei film sulla RAI ha contribuito molto, ma anche la proiezione al Fantafestival di Roma; a Venezia sono stato più volte premiato oltre a vedermi dedicata una retrospettiva che poi è stata mandata in altri paesi.
Non so come mai questo interessamento da parte dell’Italia, ma, prima che a me, era già accaduto a Kurosawa e Kitano. Forse voi italiani riuscite a cogliere le nuove tendenze cinematografiche e a valorizzarle per far sì che si diffondano.

Le foto dell'intervista sono di Manuela Patano