27° Far East Film Festival


(24 aprile – 2 maggio 2025)
Il Far East film Festival continua a mutare pelle e ogni volta vanno approntate riflessioni diverse dalla volta precedente. Dovessimo riassumere l’intera ventisettesima edizione in poche parole diremmo lapidari: Silent City Driver e Tsui Hark. Ma andiamo per ordine.

La forma è la stessa: Teatro Nuovo Giovanni da Udine per le anteprime e novità, Cinema Visionario per le retrospettive e restauri. Come al solito, dirigendosi nel secondo si ha la certezza abbastanza accurata di assistere a capolavori o prodotti di rilievo che hanno un posto acclarato nella storia del cinema e nel contesto festivaliero. Diversa invece la partecipazione alla zona”mondana” del Teatro Nuovo dove ogni visione è un terno al lotto e dove bisogna accuratamente dribblare film la cui presenza è talvolta discutibile.

Sempre più abbondante invece quella che a tutti gli effetti è una forma speculare dell’evento, dedicata principalmente al pubblico locale e che ha ormai un sito a parte, ovvero i Far East Events; città letteralmente invasa da eventi collaterali per tutte le età e gusti, dedicati alla cultura dell’Asia. Anche quest’anno Asian Feast era presente con due conferenze tenute dalla nostra webmistress Martina Colorio.

Nel 2025 la penality era rappresentata da una radicalizzazione del sistema di prenotazione delle visioni on line che dichiarava sale sold out a pochi minuti dalla mezzanotte, costringendo il pubblico esigente a uscire a metà proiezione o a sonni agitati nel tentativo spesso vano di prenotare le visioni più attese con due giorni di anticipo, riaggiornando compulsivamente le pagine della biglietteria digitale nella speranza di soluzioni, con il risultato che quest’anno spesso non era lo spettatore a scegliere i film ma i film a scegliere lo spettatore, per non rimanere ore intere senza poter vedere nulla. Il posizionamento in palinsesto, le sovrapposizioni marginali, il range di tempo tra una proiezione e l’altra e lo sfasamento tra le due sale faceva si che spesso per vedere un film in una sala se ne perdevano anche tre nell’altra, con ovvi disagi.

I colpi grossi. La Mostra delle opere originali del Maestro del manga Shigeru Mizuki, Mondo Mizuki, Mondo Yokai, a cura di Canicola, Vincenzo Filosa e Mizuki Productions che, dal 26 aprile al 30 agosto è stata ospitata nel Museo d’Arte Moderna e Contemporanea “Casa Cavazzini” di Udine. Questa splendida iniziativa era sorta di cornice a una retrospettiva in 12 film: Yokai e altri mostri: dal folklore asiatico al cinema. Sugli schermi del Far East Film Festival sono passati classici come Mr. Vampire, Shake, Rattle & Roll e Yokai Monsters: Spook Warfare, rarità come The Snow Woman e A Thousand Year Old Fox, e opere più moderne ma di alto rilievo come Yokai Daisenso e il suo sequel, di Miike Takashi,

La proiezione di Green Snake è stata presentata dal regista in persona, il Maestro del cinema di Hong Kong Tsui Hark a cui il Festival ha tributato un motivatissimo premio alla carriera.

La consegna del Gelso d’Oro per mano dell’attore veterano Tony Leung Ka-fai è stato uno dei momenti più memorabili della storia del Festival. Tsui era presente inoltre con una versione restaurata del suo Shanghai Blues e con l’anteprima del suo nuovo colossal Legends of the Condor Heroes: The Gallants. Il regista è stato inoltre ospite di una masterclass che ha percorso la propria carriera.

Tale era la portata della presenza di Tsui Hark che in parte ha oscurato quella di altri due nomi di enorme caratura; il già citato attore Tony Leung Ka-fai e l’attrice Sylvia Chang a cui il Festival ha tributato un altro Gelso d’Oro alla carriera, e regalando sensibili emozioni al pubblico appassionato di cinema e del cinema di Hong Kong.

La già citata retrospettiva offriva titoli comunque “utili” anche tra quelli meno riusciti, tasselli unici per esplorare e capire il mondo e i generi.

Sempre al Visionario un ottimo tributo al regista taiwanese Pai Ching-jui con tre film, mentre sparsi tra le sale tanti restauri tutti degni di nota; ma come si fa a posizionare quel capolavoro di PTU (Johnnie To, 2003) il pomeriggio del primo giorno mentre il pubblico si sta muovendo lungo l’Italia per arrivare a Udine e il documentario su Suzzanna, la regina dell’horror indonesiano, in contemporanea al nuovo film di Tsui Hark?

Passiamo alle novità.

Silent City Driver, miglior film dell’edizione, vero capolavoro mongolo di Janchivdorj Sengedorj, è l’unico titolo del paese in palinsesto e dimostra – di nuovo – come il Festival proponga i migliori film andando ancora in esplorazione e scoperta; di paesi, luoghi, nomi meno chiacchierati, di progetti d’autore senza adagiarsi sul cinema popolare che il più delle volte regala titoli assolutamente discutibili. E non si tratta di un caso; negli anni il Festival ha proposto titoli di enorme rilievo sempre pescando nelle cinematografie “minori” o adottando titoli meno “concilianti”. Basti pensare al caso del malese/taiwanese Abang Adik.

E ci viene da citare poi velocemente il filippino Edward, l’indonesiano Identity, il filippino Mariposa, il malese Soul (e altri titoli poggiati nella nostra lista sui “traumi del sud est asiatico”) e per ultimo l’ottimo Fan Girl di Antoinette Jadaone. Che quest’anno torna al Festival con Sunshine, il migliore degli infiniti titoli tutti uguali a “temino” che invece in questo caso dimostra lucidità e polso. Meno radicale di Fan Girl, ma un’altra regista da tenere d’occhio.

Silent City Driver invece sembra il lato oscuro di un altro grande film di quest’anno, l’enorme Black Dog di Guan Hu. Un titolo nerissimo, sperimentale, languido e disperato che si muove sinuoso lungo le note di Comme un boomerang del francese Serge Gainsbourg; note sinuose che sfiorano polvere, cielo cinereo e vite ai bordi senza margine di speranza. Il film si accaparra giustamente il premio Mymovies, e non è un caso che sia decretato da un pubblico pagante e casalingo, quindi esigente, attento alla scelta e alla visione, consapevole e distante dal caos, stanchezza e frenesia della visione del corrispettivo live. Un voto attento quindi.

Se le novità, le anteprime et similia non sono particolarmente rappresentative del presente delle relative nazioni (per farlo basterebbe prendere i 10 film del capodanno cinese precedente e portarli al Festival, anziché pescare sempre su temi, catechismo e tematiche “alte” che nulla hanno a che vedere con un riscontro qualitativo dell’opera) alcuni titoli hanno comunque lasciato il segno.

Dalla Cina Decoded, il nuovo film del re del botteghino Chen Sicheng, autore dei Detective Chinatown ma che qui esplora una chiave più autoriale in forma di colossal, quasi un corrispettivo mandarino di Christopher Nolan.

Da Hong Kong The Prosecutor, nuova regia di Donnie Yen, mostra una strada mediamente innovativa per le coreografie d’azione mentre Cesium Fallout è un blockbuster catastrofico eccessivo e di limpido intrattenimento che su grande schermo fa al meglio il suo compito. Entrambi tra i migliori action dell’anno. Last Song for You inoltre è uno dei migliori titoli di questa edizione.

Unico film indonesiano, e per quanto detto sopra quindi imperdibile, è Mad of Madness, un horror inusuale, polveroso e spietato con alcune ottime frecce nella propria faretra.

Il Giappone sempre nella media, con buoni prodotti, qualche pregio e qualche difetto.

Il live action del regista di Thermae Romae, Cells at Work!, tratto da un manga, è divertente e ben fatto, Dollhouse un horror buffo con qualche bonus. E due buoni titoli: l’intimo Good Luck e il nuovo film del regista di Siblings fo the Cape e Missing, due opere che abbiamo particolarmente apprezzato in passato. Il suo nuovo Lust in the Rain, dai manga di Tsuge Yoshiharu è un oggetto meraviglioso che sembra diretto da Obayashi. Tra i migliori titoli del 2025.

Dalla Corea del Sud poche emozioni tali da fare apparire più che dignitoso l’inaspettato Dark Nuns, che almeno gode di un ottimo impianto visivo.

Va comunque segnalato il film di animazione sud coreano The Square, opera (bruttina) di propaganda anti Nord Corea ma che non passando per motivi geografici e politici attraverso quella monumentale che l’Occidente ogni giorno è costretto a sorbirsi, riesce nell’effetto contrario di mostrare una Corea del Nord ben più vitale e popolosa di quella a cui ci hanno abituato i nostri media.

Nessun particolare sussulto da Taiwan e Thailandia (anche se The Stone parte bene e poi si inabissa) mentre il Vietnam sorprende con un film particolare e composto da continui deragliamenti narrativi che hanno il loro fascino: Betting with Ghost di Nguyen Nhat Trung.

Totalmente incomprensibile la scelta del film di chiusura, il giapponese Ya Boy Kongming! The Movie, un orribile live action tratto da un manga e classica opera da sala derivante da una serie tv del 2023. Probabilmente potrà piacere ai fan del manga o della serie animata o della serie live action o – più probabile – nemmeno a loro.

Al catalogo del Festival, un tomo monumentale in formato gigante di 350 pagine si è affiancato un volume relativo alla retrospettiva sugli yokai, Yokai a altri Mostri: dal folklore asiatico al cinema, a cura di Giorgio Placereani, e illustrato da Francesca Ghermandi.

Infine i premi:

“Il pubblico ha incoronato con il Gelso d’Oro il campione d’incassi Her Story della regista Yihui Shao, autentico fenomeno di costume in patria, premiando con il  Gelso d’Argento l’hongkonghese  The Last Dance – Extended Version di Anselm Chan e con il  Gelso di Cristallo Like a Rolling Stone della regista  Yin Lichuan. Al  primo e al secondo posto, dunque,  due dei titoli più emblematici dell’intera selezione: provengono entrambi dalla Cina continentale, sviluppano entrambi il tema della  gender equality e portano entrambi una firma femminile.

Se anche gli accreditati Black Dragon hanno scelto The Last Dance – Extended Version di Anselm Chan, i tre giurati della sezione opere prime (Kim Yutani,  Sakoda Shinji e la celebrity giapponese Megumi) hanno destinato il Gelso Bianco a Diamonds in the Sand della regista filippina Janus Victoria e una menzione speciale alla love story animata sudcoreana The Square di Kim Bo-sol. Il Gelso per la Miglior Sceneggiatura (assegnato dai tre giurati Massimo Gaudioso,  Silvia D’Amico e Francesco Munzi, in forza al Premio internazionale “Sergio Amidei” di Gorizia) lo ha invece conquistato il thriller psicologico giapponese Welcome to the Village di  Jojo Hideo.

Il premio Mymovies va al durissimo noir mongolo Silent City Driver di Janchivdorj Sengedorj (la community di MYmovies, ricordiamo, gli ha attribuito il Gelso Viola), ma va segnalato anche il thriller giapponese A Bad Summer di Hideo Jojo con 1426 ore di visione”.