Sylvia Chang Ai-Chia
Attrice, cantante, regista, sceneggiatrice e produttrice
Abbiamo intervistato brevemente l’attrice nel corso del 27esimo Far East Film Festival di Udine 2025, dove Chang ha ricevuto anche un meritato Gelso d’Oro alla carriera fianco a fianco a Tsui Hark e Tony Leung Ka-fai.
Nata a Taiwan, ha lavorato anche ad Hong Kong e nella Cina continentale diventando figura di rilievo in tutto il periodo del post new wave.
Ha lavorato nel cinema di genere ma con l’anima di uno dei pochi autori puri dell’ex colonia inglese. 100 film alle spalle come attrice, 16 regie, 18 sceneggiature, 5 produzioni, è stata memorabile e indimenticabile in film come Shanghai Blues, negli Aces Go Places, Full Moon in New York e molti altri. Tra le regie ricordiamo lo splendido Tempting Heart.
Asian Feast: Prima domanda, abbastanza ovvia. Com’è lavorare con Tsui Hark?
Sylvia Chang Ai-Chia: [ride] Scusami, si, è difficile. Perché lui non dorme, non mangia e continua a lavorare, lavorare, lavorare. E poi se ne esce sempre con quelle idee bizzarre, hai presente? Come infilarmi in una vasca piena di schiuma e bolle per ore e ore. Poi ci chiede di tuffarci in un fiume, e poi mi mette dei topi addosso… ecco tutte queste cose folli. Quindi si, è difficile, ma tanto poi il pubblico si divertirà, quindi ok.
AF: Lei parte da Taiwan, poi lavora a Hong Kong e infine approda nella Cina continentale con grandi film come Mountain May Depart, Long Days’s Journey into Night, Buddha Mountain. Ci può raccontare un po’ com’è il lavoro nel cinema cinese del presente?
SC: No, beh, attualmente non lavoro molto nel cinema cinese. Ah, ok, certo l’ultima volta sono venuta a Udine con una mia regia, si, Love Educational, che è una produzione Mainland, vero. E il prossimo anno dirigerò un altro film in Cina. Ma come attrice invece… mi muovo soprattutto tra Taiwan e Hong Kong.
AF: In quanto attrice, quando dirige, come si interfaccia con gli attori? Li lascia fare o li gestisce molto?
SC: Sì, gli do sempre tanto spazio perché li rispetto. Credo che gli attori debbano arrivare sul set e portare un’anima per rendere il personaggio più vivo, piuttosto che sia io a dirgli cosa fare, quindi li lascio fare e lo faccio con tutti.
AF: Nel campo della regia, ama adottare uno stile continuo e ricorrente o cambia a seconda del progetto?
SC: Okay, mettiamola così. Credo che lo stile derivi dal personaggio. Sai, ogni personaggio… come Tsui Hark ha i personaggio di Tsui Hark e in qualche modo farà il suo film con il suo stesso ritmo e forse nemmeno volutamente. Quindi inconsapevolmente, il personaggio ci trasporta, ci porta a fare quello che dobbiamo fare. E’ il mio personaggio che mi “dice” cosa fare e come girare. Che mi rivela di volta in volta il mio stile.
E questo, si basa sui personaggi.
La foto in alto è di Michele Senesi. Quella centrale è del Far East Film Festival. L’ultima è del nostro redattore Marco Lone, autore dell’intervista.



