Gli Angeli della Morte

Voto dell'autore: 3/5

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AngelAngel è la prima parte di una trilogia fondamentale per il filone delle “woman with guns”, trilogia che, a dirla tutta, già al primo episodio non era così esaltante (anche se forse non esiste un capolavoro interno a questo genere). Il film ha lo spessore di un film come Lilo & Stich, ossia prossimo allo zero, ma nonostante tutto riesce a sedurre per numerosi motivi equamente suddivisi tra quelli dedicati ai fans di questo universo e quelli ad un pubblico più casuale. Tra i primi non si può che citare la performance delle due reginette del genere, una scatenata Moon Lee e una perfida e lasciva Yukari Oshima entrambe più belle e carismatiche del solito. Se Michelle Yeoh è lo stereotipo della donna forte ed emancipata (ma al contempo (d)epurata e positiva), Yukari Oshima è la Dea maligna delle antagoniste, perennemente avvolta da orribili abiti anni ’80 ma, in questo caso, acconciata in modo seducente e sprizzante carisma solo con lo sguardo. Il pubblico casuale invece verrà sedotto dalla forma, da un film che non esiste e si snoda rendendo protagonisti di volta in volta persone o elementi diversi, prima gli attori, poi gli edifici, poi le armi da fuoco. Se la prima parte (intro a parte) è abbastanza esente da sequenze d’azione magistrali e il film si chiude con un clamoroso e violentissimo duetto tra Moon Lee e Yukari Oshima, è al centro del film che sopraggiunge improvviso un macroblocco di pura azione hongkonghese esagerato oltre i limiti imposti dalla fantasia. Immaginate la sparatoria finale di un film come A Better Tomorrow II e toglietele tutta la grazia e lo stile, aggiungeteci della furia e molta immotivazione e ci andrete vicino. Centinaia di persone in una casa si sparano addosso, dall’interno verso l’esterno, dall’esterno verso l’interno, all’interno e all’esterno, mentre un uomo da un elicottero spara a tutti, le granate volano a destra e manca e l’intero edificio si sgretola sotto i colpi delle armi automatiche. La conta dei morti aumenta esponenzialmente sfuggendo ad ogni calcolo razionale, i personaggi si fanno scudo con i corpi degli altri dalle deflagrazioni delle granate. La cosa sorprendente è che i protagonisti non sembrano possedere il dominio delle proprie armi da fuoco, tutt’altro, sembrano quasi stiano portando a spasso un grosso cane che non vuole saperne di camminare dritto e li strascina via; ed infatti le ragazze armate di mitragliatori più grandi di loro corrono quasi spinte da queste armi che vibrano e si scuotono nelle loro mani come dotate di vita propria. Oggettivamente sgraziato ma perversamente eccitante. Altri due motivi per vedere il film sono un giovanissimo Alex Fong di inizio carriera e un meno giovane David Chiang (ai tempi d’oro, spadaccino monco) a metà e passa carriera. E il film è tutto qua. La polizia internazionale assalta un campo di papaveri da oppio lo incendia e stermina i narcos. Scatta la vendetta e gli "angeli" tentano di fermare i giapponesi che stanno sterminando tutti gli sbirri coinvolti nel blitz. Stop. Spegnere il cervello e divertirsi.
Il notevole successo della pellicola portò a sequel, apocrifi, imitazioni, accomunate dal fattore comune di possedere il nome “angel” nel titolo.