Baahubali 2: The Conclusion

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Baahubali 2: The Conclusion è l’evento cinematografico più rilevante degli ultimi 3 anni insieme al precedente film Baahubali: The Beginning. Ha frantumato ogni record in patria (non andiamo ad elencarli uno ad uno, ovviamente) segnando il miglior esordio e incasso giorno dopo giorno, record legati alla tecnologia, al numero di copie. E’ stato poi distribuito nel mondo segnando anche il maggiore incasso negli Usa per un film indiano e fornendo un nuovo precedente classificandosi terzo in classifica nella settimana di uscita.

Infine, nell’Italia occupata, non ha subito l’operazione di essere distribuito due giorni infrasettimanali come “evento speciale” ad un anno dall’uscita, cosa ormai sempre più comune e che culturalmente forse fa ancora più danni della non uscita, ma è diventato sinonimo di proiezioni clandestine in contemporanea al resto del mondo, sala dopo sala; copie che si muovevano lungo il paese e che si attivavano dopo prenotazioni anticipate, tipo rave party, tipo carboneria. Insomma, un atto politico attivo di resistenza culturale e liberazione dall’occupante (nello stesso periodo, per capirci, le nostre sale erano occupate da un 95% di film americani in doppia o triplice copia, uno italiano e uno europeo).

Un vero precedente culturale per il nostro paese in cui la volontà di vedere un film ha spinto all’attivazione popolare. E non parliamo di un film d’autore ma di uno dei più entusiasmanti film di genere popolari, blockbuster, colossal del decennio. Solitamente, almeno negli ultimi anni e nelle nostre sale, il successo di un film ad alto budget è stato comunque inversamente proporzionale alla qualità dello stesso e la critica si trova imbarazzata a filosofeggiare e cercare significati reconditi e profondi in cinecomics immondi e indifendibili. Tanto escono solo quelli, quindi c’è poco da fare.

Baahubali 2: The Conclusion, come il predecessore, ha invece messo d’accordo tutti, il pubblico e la critica che l’ha promosso all’unanimità risultando a tratti ben più lungimirante di tanto pubblico (italiano) che a fronte di certo cinema si ferma ad un livello percettivo subumano e ad un’analisi che non va più in là di un “gli effetti sono brutti, quindi è brutto”.
I pregi del dittico sono numerosi e gli elementi della fortuna commerciale dello stesso variano da paese a paese (ad esempio lo star system ha una rilevanza minore, magari, in Europa) ma il suo punto principale di forza è sempre lo stesso: epica. Baahubali è l’opera più epica del decennio, respira di quell’aura dei grandi colossal americani del passato dove gli ingredienti erano equilibrati e sapientemente miscelati. Mentre oggi i loro blockbuster poggiano solo su un gap tecnologico e sulla potenza del comparto tecnico dell’effettistica, un tempo l’effetto d’avanguardia era affiancato ad uno studio dei personaggi, ad un’evoluzione narrativa sapiente e ad un ritmo e respiro rigorosissimo.

In questo, Baahubali può essere ottima fonte di ispirazione per i paesi che stanno investendo risorse in una certa tipologia di prodotto con risultati qualitativi discutibili, in primis Usa, Cina e Russia.
Se il primo film narrava il “presente” per poi lanciarsi in un flashback, questa seconda parte prosegue per la quasi interezza del film quell’arco narrativo per poi ricongiungersi sul finale. E gli umori e la narrazione mutano leggermente introducendo maggiormente uno sguardo ironico e agrodolce più limato nel primo film.

Forse la debolezza maggiore del film è nella sua non perfetta continuità con il predecessore. C’è un certo squilibrio nei tempi dei due blocchi narrativi e il personaggio di Avantika (Tamannaah) che era fondante nel primo film, praticamente appare in un pugno di scene nel secondo senza particolare rilevanza. Probabilmente ci saranno stati problemi in fase produttiva. Per il resto Baahubali 2: The Conclusion si attesta sui livelli del primo giungendo nel finale su picchi ancora più evoluti ed eccessivi.
Di nuovo vicende di drammi, scontri fratricidi, tradimenti, vendetta, farcite di epocali sequenze di massa e scenografie immaginifiche che prendono letteralmente il volo durante le sequenze “musicali”. Un film monumentale fin dai titoli di testa che raccontano il primo trasformando in statue/diorama le sequenze più iconiche e con quel finale malinconico in cui la testa della statua d’oro ripercorre a ritroso il percorso affrontato da Sivudu (Prabhas) in Baahubali: The Beginning.

Azione eccessiva, frastornante, accecante, epocale.
Il dittico di Baahubali è opera fondamentale per chi ama il cinema. Qualsiasi tipologia di cinema.

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