Bruce Lee Against Supermen

Voto dell'autore: 3/5
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Dopo vent’anni di visioni/ossessioni  ai confini del “weirdo”, sembra difficile rimanere a bocca aperta davanti ad un film, eppure succede quando ci troviamo davanti a prodotti come Bruce Lee against Supermen. Bastano i primi minuti di pellicola a gettarci nel caos più assoluto, minuti di smarrimento in cui ci chiediamo come sia possibile tutto ciò, e più i secondi passano, più capiamo che è inutile qualsiasi tipo di comprensione. L’unico metodo per apprezzare, o quantomeno godersi un film bruceploitation, è quello di non porsi domande logiche, ma entrare in un mondo fantastico in cui coesistono personaggi delle serie tv con quelli dei fumetti, un mondo dove le normali leggi del raziocinio sono bandite. Ed è qui che tutto ha inizio.

I titoli di testa scorrono mentre assistiamo ad un inseguimento tra una macchina della polizia ed una di malviventi, dopo due curve, i banditi decidono di sbarazzarsi del malloppo gettandolo da un cavalcavia. Il fardello finisce quasi addosso ad una coppia intenta a scambiarsi effusioni d’amore, ma nessun problema, da dietro l’angolo salta fuori Carter (Bruce Li), agghindato come Kato di Green Hornet (serie televisiva americana trampolino di lancio di Bruce Lee), che esorta i giovani a consegnare la refurtiva alla polizia (e già qui siamo in pieno delirio). La vicenda prende una piega allucinogena, quando il Dr.Ting scopre la formula per trasformare l’olio in cibo(?!). Un pretesto che attira il “cattivo” di turno, intenzionato ad impossessarsi della scoperta del secolo, ed usarla ovviamente a scopo speculativo. Tutto quel che segue è una sequela interminabile di inseguimenti in macchina, in rickshaw, di corsa, intervallati da combattimenti privi di pathos e mal realizzati, qualche tetta, e rullo di tamburi: Superman! Sì, perché quando i criminali si rendono conto dell’imbattibilità di Carter -persino un cecchino fallisce miseramente- decidono di rivolgersi a Superman.

Ovviamente nel mondo bruceploitation, anche Superman non è quello vero, ma un clone sfigato vestito di nero con mantellino bianco e due baffi alla Charles Bronson (il solito Lung Fei). Come se non bastasse, il supereroe si fa aiutare da mentecatti nero vestiti usciti dal circo, che per tutto il film emettono versetti scimmieschi. Una volta scivolati nel ridicolo, i creatori di questo scempio decidono di sguazzarvi dentro e non ancora soddisfatti s’inventano combattimenti sempre più noiosi, nei quali Bruce Li s’impegna il minimo sindacale, scordandosi persino di imitare il piccolo drago. Non mancano all’appello le solite scene con Nunchaku, l’uso della tutina (questa volta nella variante azzurra) e il solito combattimento finale nella discarica, location eletta di molti Bruceploitation. Il vero tocco di genio però arriva nella sequenza finale: Carter dopo aver abbattuto con una coltellata nelle palle Superman, indossa un costumino rosso con mantello nero, simile a quello usato dai supereroi di Gianfranco Parolini (I Fantastici 3 Supermen, 1967) e vola a salvare il Dr. Ting. Peccato che nella scena successiva il nostro eroe entri in scena a bordo di un taxi…
Pensiamo non ci sia bisogno di aggiungere altro.