Bunshinsaba

Voto dell'autore: 3/5

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bunshinDa Ahn Byeong-ki, già regista di Phone e Nightmare (Gawi) un altro horror, uguale nè più nè meno ai due precedenti. Ed è forse questo il difetto maggiore del regista, l'essere pura centralina di produzione, ben oleata e programmata alla fredda e ripetitiva riproduzione di confezioni filmiche stereotipate, gusci di un genere dalla glaciale confezione, imbottiti con una farcitura sempre  uguale e ciclica alla quale di tanto in tanto vengono addizionati alcuni esaltatori di sapidità che differenziano il prodotto dagli altri. Film che non può che supportare poi il classico pregiudizio occidentale che evidenzia tutti gli horror asiatici come rappresentati da macabre figure femminili perennemente avvolte e dotate di lunghe e prensili capigliature corvine. Ci troviamo nel litorale del pieno post Ring, e una regia non sempre sapiente trascina il film, anche con una certa stanchezza, verso il finale. Prima o poi bisognerà analizzare in modo comparativo l'intera carriera del regista, potrebbe venirne fuori qualcosa di interessante, anche perchè, in mezzo a tanta noia e freddezza del prodotto spesso riesce comunque ad inserire dei momenti davvero incisivi. Personalmente aspettiamo il regista al varco, nella speranza di vederlo alla prova con un altro genere, magari un noir; sia mai che venga fuori un'altra sorpresa come nel caso di Soi Cheang (quando passò dall'horror al noir) e del suo vecchio Love Battlefield. Alla fine l'aspetto più interessante del film è la (classica) contrapposizione tra grande città ed ambiente rurale, chiuso ed elitario, quasi una loggia massonica popolare in cui è il volgo a farsi giustizia da sè in un rogo purificatore che innesterà una maledizione lunga 30 anni. Possessioni, sequenze gore e poteri che spingono le persone ad avvolgersi la testa in un sacchetto nero e a darle fuoco. Basta? No, probabilmente.