Cageman

Voto dell'autore: 4/5

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CagemanCageman racconta la storia di un gruppo di marginali, tutti uomini, che convivono nelle mura di un ostello dove ogni letto è chiuso dietro sbarre metalliche, a proteggere chi ci abita dal mondo esterno, o forse – chi sa – a proteggere chi sta fuori da chi dentro la gabbia ha casa. Le giornate scorrono agrodolci nel sottobosco urbano in cui si muovono i personaggi di Cageman: la storia comincia con il centesimo compleanno di 7-11, che raramente esce dalla sua gabbia e l’ha trasformata in una sorta di drogheria e magazzino per gli altri inquilini, e così tira a campare, e prosegue raccontando la quotidianità di queste vite ai margini, fino al giorno in cui giunge inaspettata un’ordinanza di sfratto del palazzo e di tutti gli inquilini dell’ostello. E tuttavia la comunità di ospiti non si arrende, litiga, resiste, reagisce e porta due consiglieri municipali a vivere la loro vita per tre giorni, chiusi in gabbia come loro. Ma la speculazione edilizia ha leve lunghe e potenti, e qualcuno vede di buon occhio le proposte di un seppur minimo risarcimento in denaro, per abbandonare il palazzo…

Cageman è un film claustrofobico, tutto chiuso in interni bui e sporchi, in un’atmosfera asfittica che necessariamente traduce con grande coerenza la poetica urbana di una sceneggiatura, anche questa ad opera di Jacob Cheung, curata fin nel dettaglio. Dietro la macchina da presa, il regista giostra punti di vista differenti e si aggira tra gli spazi angusti anche lui senza dimora e alla ricerca di una direzione forte.

E una direzione, che forse non è forte se non per inerzia, Cagemanla prende, declinando tra gli ultimi quel senso di amicizia virile che abita la spina dorsale di tanto cinema dell’Ex-Colonia, inserito in un contesto dove la quotidianità delle cose minuscole fa l’essere umano, anche in mezzo alle mortificazioni dell’urbanità, dove i media, la politica, la scarsità di mezzi materiali assumono lo status di fattori limitanti. Ma per ogni lacrima c’è in arrivo un sorriso, perché anche in gabbia, anche in miseria si rimane uomini.

L’estetica del film è resa in maniera splendida dalla fotografia oscura e contrastata di Ardy Lam, uno dei maestri nel genere che a cavallo tra ’80 e ’90 ha prestato il suo sguardo a Tam, a Woo, a Tsui, e lo score musicale di Eugene Pao e Lee Chi-Ngai fluisce leggero leggero e mai fuori pezzo.

Sospeso tra canti importati dal Regno Unito e note morali recitate in mandarino (anche se nessuno lo capisce), Cageman è un film corale che va oltre la prova dei suoi bravissimi interpreti, da Roy Chiao a Liu Kai Chi, da Teddy Robin a Lau Suen, da Ku Feng a Wong Ka Kui, e riecheggia una città tutta, una realtà di un momento storico di contrasti e attriti, tra gabbie e grattacieli, sul quale un raggio di sole non manca mai di brillare: quello che vuol dire essere una persona, senza perdersi nei  numeri della gente.