Challenge of the Masters

Voto dell'autore: 4/5
InguardabilePassabilePiacevoleConsigliatoImperdibile (1 votes, average: 4,00 out of 5)

Il secondo film di Liu Chia-liang e il livello si innalza, pur partendo da un personaggio che più abusato di cosi non si può : Wong Fei-hung (Huang Fei-hong in mandarino) l’eroe nazionale per eccellenz ! Ma Liu non sarebbe Liu se una delle sue principali caratteristiche non fosse quella di far sembrare un concetto tradizionale come nuovo di zecca. Liu, che era cresciuto sui set della serie Wong Fei-hung, prende il personaggio e lo descrive da un punto fino ad allora inesplorato: la giovinezza dell’eroe. Infatti quando il film inizia Fei-hung non sa una mossa di kung-fu, che sia una. Quello che interessa Liu è di descrivere quello che sta alla base del personaggio e della leggenda, raccontandola allo stesso tempo in modo nuovo. Ritroviamo anche il famoso “The General’s Theme” (quello di Once upon a Time in China) e la caratteristica “mossa della treccia”.

Il giovane Wong Fei-hung ripetutamente cerca di farsi allenare da suo padre, maestro di una scuola di kung fu. Quest’ultimo lo considera solo un ragazzino che rischia in continuazione di ficcarsi nei guai. Il giorno dell’annuale e prestigiosa competizione chiamata “Pao” (spiegazione in modalità superignorante: una specie di rugby con più squadre che se le danno contemporaneamente a colpi di kung fu, mentre cercano di conquistare dei bastoni similcandelotti), riesce ad intrufolarsi nella squadra che rappresenta la scuola del padre e a farla perdere. Questo non inganna il maestro Lu Ah-tsai, che riconosce le forti potenzialità di Fei-hung. Cosi il giovane segue il maestro e si allena per due anni prima di ritornare e di vendicare la morte dello zio, ucciso poco prima della sua partenza.

Il film inizia con il caratteristico prologo. Filmato su uno soundstage enorme vediamo i due personaggi principali, Wong Fei-hung e il maestro Lu Ah-tsai, eseguire alcuni esercizi. Il tutto sottolineato da uno score imponente, che mette lo spettatore subito nella giusta atmosfera. In sovraimpressione scorrono i titoli di testa. I prologhi di Liu meriterebbero un’analisi separata e approfondita. Arrivo a dire che possono essere equiparati a quelli storici nei film di 007 fatti da Maurice Bender, solo che qui vanno aldilà della scenografia visuale, assolvendo anche una funzione introduttiva-istruttiva. Da vedere e rivedere. Stupende sono ovviamente le scene di allenamento, che occupano una ventina di minuti. Ma non tanto, o meglio non solo, per l’azione, ma soprattutto per il messaggio che l’accompagna. Fei-hung fa progressi e migliora notevolmente, ma ad allenamento concluso sarà solo all’inizio di un cammino senza fine, perché non si termina mai di studiare le arti marziali. Non diventa subito un maestro, ma sarà in grado di affrontare e vincere la sua prima battaglia. Questo perché nel periodo trascorso ha imparato la cosa più importante, che sta alla base delle arti marziali : l’umanità. A questo proposito cito la frase pronunciata dal maestro Lu Ah-tsai :

“With your Kung Fu when you defeat someone, you conquer him phisically, but when you think for others and you are just and reasonable you capture his heart. This is the Quintessence of Kung Fu. More forgivness, less aggression.”

“Se con il tuo kung fu sconfiggi qualcuno, lo conquisti fisicamente, ma se ti importa degli altri e se sei giusto e ragionevole conquisterai il suo cuore. Questa è la quintessenza delle arti marziali. Più perdono, meno aggressività”.

A prima vista sembra la solita saggezza criptica di cui sono infarciti i film di arti marziali, ma tutto il discorso del film è imperniato su questo tono. Il finale, che può sembrare un pò melenso, ne è la conclusione più logica ed adeguata, perchè in fondo è l’aspetto umano quello conta. Il film rispecchia perfettamente la filosofia del regista che, cosa che non va mai dimenticata, è cresciuto con le arti marziali e le sue regole. Infatti per Liu il cattivo per essere sconfitto non deve per forza morire, in totale antitesi con il suo mentore Chang Cheh. Il livello tecnico del film è ottimo, con le solite coreografie elaborate e un montaggio mai invasivo. Ci sono inoltre alcune scene di massa durante la competizione “Pao”, in cui l’esperienza degli anni passati sui set di Chang Cheh viene alla luce prepotentemente (e che ricordano alcune scene simili in Dragon Lord). Notevole per un regista alla sua seconda prova, anche se il meglio doveva ancora venire. Si sa che nei film di Liu i combattimenti sono sempre di prima qualità, ma particolarmente riuscito è il primo tra i due fratelli Liu. Per chi scrive poi la scena d’allenamento sotto la pioggia è pura poesia. L’interpretazione di Gordon Liu è grande, sotto tutti i punti di vista. Gordon è abilissimo nelle arti marziali, ma mi preme sottolineare la sua bravura come attore, che non è mai considerata abbastanza. Dà al personaggio di Wong Fei-hung quell’atteggiamento da monello, che mi ricorda un pò il primo Jackie Chan (ma senza le smorfie). Chen Kuan-tai nel ruolo del maestro è semplicemente perfetto nella sua eleganza. Una delle migliori interpretazione di uno sifu in assoluto. Il legame discepolo-maestro, aspetto molto importante nei film di Liu, è descritto senza i caricaturismi cosi spesso presenti nel genere.

Essendo il film un “affare di famiglia” sono nel cast, oltre a Gordon, il regista stesso e l’altro fratello, Chia-yung. Inoltre ritroviamo in ruoli più o meno grandi Lily Li, Kara Hui, Wang Yu, Ricky Hui, Yuen Biao, Wilson Tong, Eric Tsang ...