Delinquent Girl Boss: Worthless to Confess

Voto dell'autore: 4/5

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Delinquent Girl Boss: Worthless to ConfessIn poco più di sei mesi, a cavallo tra ’70 e ’71, si consumava l’intera saga composta da 4 film dei Delinquent Girl Boss. Protagonista ne era la bella e giovanissima Oshida Reiko, salita già alla ribalta delle cronache cinematografiche giapponesi per il significativo ruolo della bella ninja Rui in Quick Draw Okatsu. Il bilancio della serie fa constatare come il tentativo in sede di produzione fosse quello di fidelizzare lo spettatore. In tutti i film Oshida Reiko interpreta il ruolo di Kageyama Rika, che appena uscita dal riformatorio di Akagi, va a costruirsi una nuova vita nella grande città. E nel far questo le capita di rincontrare ex-compagne di cella o meglio dire “attraversare” le vite di queste ragazze che hanno più o meno gli stessi volti e gli stessi personaggi di film in film. Si tratta sostanzialmente dello stesso personaggio, ma anche dello stesso film, ogni volta. Sempre uguale, eppur diverso. Come fosse una bella canzone re-arrangiata per la nuova occasione.

Worthless to Confess però è ben più di un semplice instant movie nato sulle note dell’omonima canzone (Zange no Neuchi mo Nai) che fu l’esordio della cantante di Enka Kitahara Mirei. Questo nonostante la stessa cantante si esibisca a metà film pressapoco con il suo secondo singolo (Suteru Mono Ga Aru Uchi Wa Ii), così come accadeva con l’altra diva pop Fuji Keiko che compariva nel primo film della serie (Delinquent Girl Boss: Blossoming Night Dreams). A ben vedere, sebbene vi sia la riproposizione dei medesimi schemi sin dal primo film, l’ultimo della serie risulta più complesso e mediamente strutturato meglio. Il meccanismo risulta ben oliato dal regista Yamaguchi Kazuhiko, non certo uno sconosciuto visto che di lì a poco avrebbe diretto altri grandi classici ed intere saghe per la Toei. Bastino citare i due Wandering Ginza Butterfly con Kaji Meiko, i vari Sister Street Fighter con Shihomi Etsuko e il dittico Karate Bearfighter/Karate Bullfighter con Sonny Chiba. Dove finisse il mestierante e iniziasse l’autore è come al solito difficile da definire con i registi contrattati della Toei, ma il fatto che fosse spesso co-sceneggiatore dei suoi film lascia ben sperare. Ed è notevole anche il cortocircuito instaurato nei primi minuti, quando nel riformatorio delle ragazze viene trasmesso Man from Abashiri Prison, il più grande successo del collega Ishii Teruo con protagonista Takakura Ken, che serve in qualche modo ad instaurare il parallelo tra la prigione femminile di Akagi della serie e quella maschile ben più nota di Abashiri.

In questo specifico caso Yamaguchi consegna un ottimo film, non a caso tra i più amati del sottogenere dedicato alle ragazze ribelli, dove i personaggi sono ben delineati anche grazie ad un ottimo cast che vede oltre ai soliti comprimari della Oshida anche la presenza di grandi ospiti. C’è la bellissima Katayama Yumiko, ben nota in patria per il suo ruolo nel cast fisso della leggendaria serie TV Playgirls, ma anche il grande Junzaburo Ban, monumento del cinema, che vantava nella sua carriera film con Kurosawa  (Dodes’ka-den), Oshima (Il Cimitero del Sole) e Inoue (Tokyo Cinderella Girl). I due interpretano figlia e padre in crisi affettiva, finché nelle loro vite non irrompe la vitale ed energetica Rika. Attorno ruotano le altre presenze fisse della serie come la disperata Kagawa Yukie con il suo compagno ex-Yakuza, interpretato dall’altro ospite d’eccezione Nakatani Ichiro (La Sfida del Samurai, Harakiri, Kaidan), ma anche Tachibana Masumi e Tsudoi Mieko, che lavorano come intrattenitrici nel club in cui fa da inserviente Hidari Tonpei.

Il rendez-vous finale con il laido boss cattivo Kaneko Nobuo (Vivere) è iconograficamente rappresentativo del grande status di salute della cultura popolare e giovanile del Giappone dei tempi. Immagini che si stampano nella memoria quelle delle cinque ragazze con la divisa della loro gang riunita e il lutto al braccio che urla vendetta, ma anche attimi intensi, vuoi anche commoventi, come il lungo e disperato discorso a favore di macchina della Oshida assieme alle altre nella classica posizione della Jikoshokai Yakuza. Sulle sirene della polizia si chiude un’altra splendida tragedia sui perdenti, sui reietti della società, sulla loro dignità di esseri umani cui ci aveva abituato il bel cinema nipponico di quegli anni.

I film della serie Delinquent Girl Boss:

Copertine dei singoli Enka legati al film: