Devils on the Doorstep

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Si racconta che la lama del vecchio Liu “Un Colpo Solo”, un tempo boia imperiale, sia lieve come la brezza e che le sue vittime salgano al cielo degli Immortali prima ancora di rendersene conto. E per dimostrare la loro gratitudine, le teste decapitate rotolano nove volte a terra, fanno l’occhiolino al vecchio Liu e infine gli sorridono. (da Devils on the Doorstep)

 

Nel nord della Cina, provincia dell’Hebei, durante l’inverno del 1945 e l’occupazione nipponica, Ma Dasan (interpretato dallo stesso Jiang Wen): un uomo qualsiasi, un contadino di un villaggio ai piedi della Grande Muraglia, si ritrova di fronte a un dilemma di quelli che cambiano la vita. Una notte qualsiasi, mentre Dasan sta facendo l’amore con la donna con cui vive ma senza averla ancora sposata (piccolo scandalo del villaggio), un misterioso ospite bussa alla sua porta: è un capitano della resistenza cinese, che tuttavia non si identifica e non si fa riconoscere, ma solo deposita due sacchi di juta in casa di Dasan, affidandogli il compito di tenerli nascosti fino al Capodanno Lunare, quando tornerà a prenderli.

Nei due sacchi ci sono due uomini, vivi; due prigionieri: uno è un sergente giapponese, e l’altro un cinese che lavora come interprete per i “nemici”. Messo in mezzo suo malgrado tra l’esercito nipponico, che sicuramente sta già cercando i prigionieri che ora stanno in casa sua, e le truppe della resistenza, che rivogliono i prigionieri dopo averli depositati, Ma Dasan coinvolge i maggiorenti nel villaggio nel suo segreto, e chiede loro consiglio e aiuto su come affrontare la bizzarra e pericolosa situazione senza rischiare la vita. La decisione presa è quella di tenere nascosti i prigionieri finché non li vengano a riprendere, ma Capodanno passa, altri sei mesi passano pure loro, l’estate del 1945 arriva e nessuno si fa più vivo. Giunge il momento per decidere che fare di queste che sono ormai due patate bollenti che oltretutto mangiano a sbafo da mesi il cibo del villaggio…

Sebbene chi scrive abbia provato tre volte a riscrivere questa entrata di recensione, ma per quanto si possa cercare la precisione e la sintesi accurata, alla fine ci siamo inesorabilmente arresi al fatto che si finisce inevitabilmente per ritrovarsi con poco più di un pugno di mosche. E questo accade per un motivo molto semplice, e cioè che la storia raccontata da Jiang Wen in questo film (tratta da una novella di You Fengwei intitolata Survival) poco riesce a descrivere quanto sia articolato nel suo complesso Devils on the Doorsteps, che è insieme un ritratto della guerra nel confronto tra due popoli, un tempo uniti da radici simili ed ora quanto mai distanti come cinesi e giapponesi, e il romanzo di formazione tragicomico del suo protagonista, quell’attonito, vitale e ingenuo Ma Dasan perfettamente interpretato da Jiang in una delle sue migliori prove della carriera.

Insignito del Premio della Giuria al Festival di Cannes, il film pagò a caro prezzo la trasferta in Francia fatta senza l’autorizzazione della censura governativa: dovranno passare sette anni prima che Jiang possa di nuovo dirigere un film, e Devils on the Doorstep non è tuttora mai uscito in Cina né in sala né in cassetta.

Un pizzico di commedia nera, una satira bellica tendente alla farsa, una fotografia di un periodo tumultuoso del Novecento cinese e asiatico, una beffarda tragedia, la storia della perdita di un’innocenza irreversibile, lo specchiarsi della vita nella morte ai tempi della guerra, Devils on the Doorsteps è tutto questo insieme e alla fine è quasi di più delle sue singole parti sommate: va oltre il genere, parla delle persone e delle loro vite, e di come il contesto in cui ci è dato di vivere marchi a fuoco le nostre scelte, parla di violenza e di liberazione, ma anche di risate in faccia alle brutture del mondo e persino alla morte. E forse questa risata, che non è di sfida ma di accettazione di un momento spirituale più alto, è il cardine del film, che abita in ogni scena il ritmo sincopato e il bianco e nero che la regia di Jiang si impongono, ma che esce di soppiatto, alla fine di tutto, ed è solo allora che ti rendi conto che stava là dal principio e tu semplicemente non te n’eri accorto perché preso a seguire le buffe gesta di soldati giapponesi e contadini cinesi…

 

Poster: