Drunken Monkey

Voto dell'autore: 3/5
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Drunken MonkeyRealizzare nel 2003 un kung fu movie “vecchia scuola”, prodotto dalla Shaw Brothers e diretto dal grande regista Liu Chia-liang, in teoria, suonava come un’ottima idea. In pratica però Drunken Monkey è un film talmente fuori tempo massimo da far quasi tenerezza.
Liu Chia-liang, dopo un pausa di dieci anni torna dietro la cinepresa, ma ormai i tempi sono definitivamente cambiati e se il regista aveva impresso il suo marchio anche agli anni Novanta con Drunken Master 2, questa volta l’operazione non porta agli esiti sperati.
Drunken Monkey ci riporta ad inizio anni Novanta (più che ai Settanta), sia per la sua trama che individua nei trafficanti di oppio i cattivi di turno, sia per la messa in scena, anche se senza accelerazioni di immagini e con un montaggio meno pirotecnico di molti film dell’epoca. La storia non cattura neanche per un attimo, ma è poco più che un pretesto per l’azione, ed i personaggi lasciano abbastanza indifferenti. Proprio Liu, che in passato era riuscito così spesso a far convivere elementi comici e drammatici, qui sembra sempre insicuro su quale impronta dare al film. Detta così, il tutto suona come un disastro, ma i danni sono contenuti.
Come non aspettarsi da Liu almeno una manciata di memorabili combattimenti e infatti il regista (con l’aiuto dell’intero Liu Clan) ci offre una serie di scontri energici, limitando ancora una volta l’uso del wirework. Diciamo pure che era dai tempi di Fist of Legend (1994), che non si vedevano coreografie così “pure” e rigorose. Ancora una volta, la chiarezza e precisione nell’esecuzione (e rappresentazione filmica) dei movimenti, ha la meglio sulla semplice spettacolarità.
Gli appassionati poi, non potranno che emozionarsi alle (auto)citazioni (The 36th Chamber of Shaolin, Mad Monkey Kung Fu, Drunken Master 2 e Operation Scorpio) sparse qua e là o a rivedere Liu nei panni del protagonista, scontrarsi con i suoi fratelli Gordon e Chia-yung. Pur se - all’onorevole età di 66 anni - contro-figurato nelle scene più scatenate, fa sempre piacere vedere il maestro in azione. In più si ritrova tra le mani il talento di Wu Jing, attualmente tra gli attori/artisti marziali più promettenti in circolazione (vedere Sha Po Lang, per crederci). Nel cast ritroviamo praticamente l’intera famiglia Liu, della quale proprio il più giovane, Yong Jian (figlio di Chia-yung), sembra essere l’unico senza particolari capacità marziali. La giovane Shannon Yao se la cava più che bene, ma quanto ci sarebbe piaciuto vedere un cameo di Kara Hui.
Liu Chia-liang con Drunken Monkey ha, inutilmente, tentato di revitalizzare il genere, liberandolo da effetti speciali e dall’abuso sconsiderato del wirewok. Nelle sue stesse parole:

“Action films in the past made the audience want to learn kung fu, and because the kung fu was real, you can actually learn the style from there. This is the concept behind Drunken Monkey.
I do not know how young people will respond to it, but this film is a tribute to kung fu, and is for kung fu lovers.” (cit. da www.shawstudios.com; articolo a cura di Mathew Scott del 22/05/2003)

[“In passato i film d’azione facevano venire voglia al pubblico di imparare le arti marziali, e dato che il kung fu era realistico, si potevano effettivamente imparare gli stili guardandoli. Questo è l’idea che sta dietro a Drunken Monkey.
Non so come i giovani spettatori risponderanno, ma questo film è un tributo alle arti marziali e agli amanti di kung fu.”]

Gli appassionati non possono che apprezzare lo sforzo, pur realizzando allo stesso tempo - definitivamente - che non si può tornare indietro. Le strade da percorrere sono altre. Il fatto della quasi totale mancanza di film di arti marziali classici, naturalmente gioca a favore di Drunken Monkey, ma in questo deserto metaforico non si rivela il sorso d’acqua fresca, in cui tutti speravano. Un film, solo per nostalgici e completisti, che si perdona volentieri a Liu, che - ad oggi - chiude la sua carriera, nella doppia veste di attore/coreografo, con il bellissimo Seven Swords (2005) di Tsui Hark. Una conclusione più che onorevole.

 

Immagini dal set:

 

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