Freesia: Bullet over Tears

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Freesia: Bullet Over TearsFreesia prosegue sulla scia di altri film come Death Note o –perché no- Battle Royale, film che ipotizzano un universo sociale e politico alterato (ma nemmeno troppo), oberato da una violenza sopra la soglia di tolleranza, ipotizzando soluzioni politiche perennemente delittuose e/o oppressive.
In questo caso viene presentata una nuova legislazione che permette ai parenti di vittime di violenze mortali di vendicarsi tramite appositi killer statali assoldati per uccidere meccanicamente i colpevoli, seguendo riti e regole ferree. Questi –da parte loro- hanno la possibilità di assoldare delle guardie del copro e di difendersi con un’arma procurata dal governo stesso. Gli scontri in questione avvengono ad un’ora concordata in un luogo concordato, mentre nel quartiere circostante viene emanato il coprifuoco. Una apparente tensione verso ideali virili appartenenti ad un passato ormai andato, una ideale tensione alle regole del bushido e ai duelli puri e equilibrati, purezza solo nostalgica e di facciata; i killer assoldati sono solitamente persone addestrate e perfettamente letali. Uno di questi, Kano è particolarmente resistente ai colpi ed è segnato da un pesante trauma passato che ritorna di tanto in tanto ad oscurare il proprio presente.
Reputato da tutti un manga assolutamente irrapresentabile al cinema (ad opera di Jiro Matsumoto)  a causa dei suoi contenuti estremi (sangue e –soprattutto- sesso, elemento che caratterizza in modo invasivo le pagine cartacee) avrebbe potuto portare ad un risultato rispettoso e riuscito solo se l’approccio fosse stato fedele, magari sfruttando un metodo simile a quello adottato da Miike Takashi per il suo disturbante Ichi the Killer. Invece il regista Kumakiri Kazuyoshi (Kichiku dai Enkai e Antenna, V. Intervista) opta per dirigere un film decisamente più conciliante e lineare; abolito in toto ogni riferimento e ammiccamento sessuale, mentre la violenza rimane praticamente invariata e abbondante. Al contempo viene ammorbidita e resa meno stratificata anche la psicologia dei personaggi, fin da quella del protagonista che nel manga risultava ben più disturbato e perturbante.
Ciò che resta è un’opera, si sporca e disperata, ma che rimane in parte sepolta dietro una coltre patinata e priva del coraggio di spingere il pedale fino in fondo relegandosi allo stato di un action indicativamente per un grande pubblico. L’opera in sé alla fine è anche piacevole, priva di qualsivoglia empatia nei confronti di alcun personaggio, ma resta nel limbo delle opere in parte mancate, visto il pretesto iniziale e l’opera di origine.