Girl Who Dreams about Time

Voto dell'autore: 4/5

VOTA ANCHE TU!

InguardabilePassabilePiacevoleConsigliatoImperdibile (No Ratings Yet)

Sin dal passato il cinema sudcoreano è stato spesso ricco di riferimenti e opere filmiche legate alla cultura sciamanica autoctona. Sia che si tratti di brevi apparizioni o di ruoli secondari, come la sciamana in Rice di Shin Sang-ok del 1963, sia di vere e proprie pellicole che vedono queste particolari e interessanti personalità come protagonisti, si pensi a A Shaman’s Story (Choi Ha-won, 1972), Io Island (Kim Ki-young, 1977), Divine Bow (Im Kwon-taek, 1979), Eulhwa (Byeon Jang-ho, 1979) e The Hut (Lee Doo-yong, 1981), è innegabile e affermabile senza troppe difficoltà che lo sciamanesimo sia parte integrante della settima arte coreana, e non solo.

Anche Girl Who Dreams about Time, documentario di Park Hyuck-jee uscito nel 2022 ma che ha visto l’inizio delle riprese nel 2015, fa parte di questo filone, ma presenta delle differenze interessanti che hanno caratterizzato anche altre opere uscite di recente. Prima di discuterne però, è opportuno fare una panoramica dello sciamanesimo coreano, per intendere al meglio come questo aspetto culturale faccia parte della Corea odierna. 

Lo sciamanesimo coreano vede le sue radici probabilmente nei tempi più antichi che hanno caratterizzato la penisola coreana, ovvero nel periodo di Gojoseon (2333 a.C.- 108 a.C.). Tuttavia è dal periodo Joseon (1392-1897) che si hanno notizie e fonti più chiare riguardo coloro che praticavano attivamente questa religione. Specialmente nel XlX secolo, dato che lo sciamanesimo entrava in contrasto con le idee moderniste dell’epoca (spesso portate avanti anche da cristiani), si tentò di emarginare queste figure mistiche, le quali furono in un certo senso soppresse anche nella Corea del dominio giapponese (1910-1945), dove erano viste come eventuali micce pronte ad accendere il fervore dei nazionalisti e indipendentisti coreani (dato che rappresentavano, in un certo senso, alcuni degli ultimi sprazzi di coreanità che l’Impero nipponico stava cercando di sopprimere). Dal 1948 in poi, quando si crearono ufficialmente i governi della Corea del Nord e della Corea del Sud, lo sciamanesimo ebbe un destino diviso, proprio come divisa divenne la penisola coreana. A nord, dati gli ideali socialisti, si cercò di bandire e di eliminare queste figure, riuscendoci quasi perfettamente. Al sud invece, nonostante gli sciamani furono soppressi dal regime di Park Chung-hee in quanto portatori di credenze scaramantiche, riuscirono a rimanere in attività e ad arrivare fino alla Corea dei giorni nostri.

E dunque, anche nei film sudcoreani contemporanei quali Manshin: Ten Thousand Spirits (Park Chan-kyong, 2013), The Priests (Jang Jae-hyun, 2015) e The Wailing (Na Hong-jin, 2016), è possibile notare come gli sciamani appaiano e spesso abbiano anche ruoli di spessore. 

Nonostante ciò, è interessante notare come in alcuni contenuti multimediali recenti, quali il film Daemuga (Lee Han-jong, 2021) o proprio Girl Who Dreams about Time, ci sia una tendenza a mostrare gli sciamani non più solo ed esclusivamente come figure mistiche, ma al contrario, in maniera fortemente realistica. In Daemuga, uno dei protagonisti, il quale desidera diventare uno sciamano per trovare un lavoro stabile, inizia a frequentare un “hagwon” (scuola privata) per aspiranti sciamani, e poi, per cercare di diventare famoso quando non è ancora in grado di usare le sue doti paranormali, finisce per utilizzare metodi (rovistare nella borsa di una cliente) tutt’altro che divini per arrivare a conoscere ciò che dovrebbe apprendere grazie ai suoi talenti divini. Talenti i quali riuscirà però a sfruttare in seguito, grazie a un rito particolare fornitogli dal suo maestro. 

Girl Who Dreams about Time è, come accennato sopra, un documentario. Presentato nel 2022 al Jeonju International Film Festival e all’International Documentary Filmfestival Amsterdam, il film in questione racconta la vita della giovane Soo-jin, una ragazza che dopo aver iniziato a vivere con la nonna sciamana sin da piccola, sviluppa l’arte della divinazione. In Corea la credenza vuole che, nel caso si sia prescelti da una divinità (lo sciamanesimo coreano è politeista), si debba tendenzialmente seguire il proprio destino, altrimenti tutto quello che si desidera fare nella propria vita, tutti i propri progetti, non andranno mai a buon fine. Inoltre, nel caso si scelga di rifiutare la divinità, il corpo di colui/colei che è stato prescelto continuerà ad ammalarsi senza sosta, fino a quando il prescelto/a deciderà di adempiere al suo dovere. 

La bellezza di quest’opera non sta solo nel mostrarci la vita quotidiana della protagonista, la quale inizialmente vive in alta montagna e prepara tutto il necessario per numerosi riti. Sostanzialmente, il punto forte di Girl Who Dreams about Time è il mostrare perfettamente la vita di quella che è una sciamana del XXI secolo. Soo-jin infatti, una volta terminato il “suneung”, il tostissimo esame che permette di accedere all’università, si trasferisce a Seoul per frequentare la facoltà da lei scelta, e di conseguenza non riesce più a dedicare anima e corpo solo all’attività di sciamana. Ciò la porta a soffrire, in quanto non riuscendo a coniugare la vita da studentessa (e tutte le numerose attività connesse) a quella di sciamana, sa che per adempiere al suo dovere, sta perdendo un momento della sua gioventù che non tornerà più. Tuttavia, come poi il finale ci mostra, Soo-jin fa la scelta che sente di dover fare, non deludendo la nonna e aprendo il proprio ufficio da sciamana.

Ma cosa fanno esattamente gli sciamani in Corea? Dimentichiamoci per un momento le scene di The Wailing o di The Priests, in cui vengono sacrificati animali in atmosfere decisamente cupe. Nella vita quotidiana, gli sciamani coreani, chiamati “Mudang” o “Munyeo” (la seconda parola indica solo le sciamane donne), oltre a leggere le mani, aiutano, chiaramente su retribuzione, a prendere determinate scelte riguardo scuole, lavoro, case e così via. Nel film in questione ci vengono spesso mostrate scene del genere, dove la protagonista Soo-jin dà numerosi consigli ai suoi clienti. Soo-jin riesce a fare tutto ciò tramite la divinazione donatagli dalla divinità, tramite la cui acquisisce la possibilità di capire l’andamento della vita della persona che ha davanti. Il “Kut”, ovvero il rituale che ci viene mostrato nei film sopracitati, lo troviamo anche in questo documentario, e performato proprio da Soo-jin, la quale indossa il “mubeok” (abito da sciamano) in tutto il suo splendore. Chiaramente però, niente teste di animali mozzate, ma solo la riconoscibile musica e l’agile danza tipica dei veri sciamani odierni coreani. 

Per concludere, si può affermare che Girl Who Dreams about Time ha la capacità, grazie allo zelo e al grande lavoro del regista che ha seguito la vita di Soo-jin per sette anni, di mostrare egregiamente la vita di una giovane sciamana coreana presa dagli impegni da studentessa e da riti divinatori. Giovane ragazza la quale, come suggerisce il titolo, anche se non disdegna minimamente quello che fa, avrebbe magari voluto un po’ più di tempo per stessa.