Gothic Lolita Battle Bear

Voto dell'autore: 3/5
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Nel film la costruzione narrativa è non lineare ma noi ve la proponiamo semplificata.

Delle creature dalla forma di particelle batuffolose, fuggono dal loro pianeta nativo morente e approdano sulla terra. La maggior parte, atterrate sul nostro pianeta, cadono a terra o nei mari e muoiono. Due, le più forti, prendono possesso di altrettanti orsacchiotti. L’uno, nero, di proprietà di un uomo beffato da una ragazza e umiliato da dei bulli. La fusione tra i due porta ad una creatura che opta per lo sterminio della razza umana generando una pletora di zombie, coadiuvato da delle pittoresche ragazze sexy. L’altro, fucsia, dopo concitate vicende, finisce nelle mani di una Gothic Lolita e la fusione genererà Nuigulumar, eroina delle forze del bene.

Avevamo lasciato il regista Noboru Iguchi (The Machine Girl, RoboGeisha) nel campo del tokusatsu, con il remake per la sala di Karate-Robo Zaborgar (opera testualmente citata anche in Gothic Lolita Battle Bear). Tempo di girare un paio delle sue follie, i discutibili Zombie Ass, Dead Sushi e Tomie Unlimited (ottavo film tratto dal manga di Junji Ito) e il nostro torna all’ovile.

Perché Nuigulumar Z (questo il titolo originale) è perfettamente contestualizzato nell’universo tokusatsu, con eroine che si trasformano con tanto di pose, effetti dell’”henshin” e tutti i classici cliché del genere.

Il film è ispirato al libro Sewing Man Nuguruma, di Kenji Ohtsuki, leader della band Tokusatsu che cura anche la colonna sonora del film. Per certi versi quindi finisce in quel limbo dove stanno prodotti tokusatsu per adulti, da Lion Maru G a The Ancient Dogoo Girl a cui il regista aveva collaborato. La resa estetica invece è leggermente inferiore, sullo stile ormai continuo dei prodotti pop estremi generatisi nel post Sushi Typhoon e di cui Iguchi era una delle star insieme a Yamaguchi Yudai (Meatball Machine, Deadball).

Dalla sua però ha un contegno vagamente più maturo, una drammaturgia più ragionata e delle sequenze d’azione interessanti. Anziché controfigurare goffamente la protagonista, con una puerile ma funzionale scelta narrativa fa si che questa venga interpretata esplicitamente dalla talentuosa Rina Takeda, che al contempo interpreta anche un villain. Grazie alla sua grazia e carisma, il film offre quindi delle sequenze di lotta sopra la media del genere, senza comunque lesinare su un tasso di delirio corposo, incluso un quartetto di ragazze imbarazzate che volano in cielo e sparando raggi energetici dai seni radono al suolo la città. Il confronto finale, qualora lo spettatore decida di accettare l’utilizzo sfacciato e naif degli effetti digitali, è sicuramente un qualcosa di folgorante e folle.

Condiscono il film delle puntuali citazioni ad altre opere immortali della cultura pop giapponese. 

Rispetto a molti film del genere (alcuni anche citati) Gothic Lolita Battle Bear è più maturo, e grazie ad una scrittura leggermente più articolata riesce ad alleggerire la noiosa ed eccessiva corsa al rialzo dei titoli affini, regalando un oggetto di infantile ma innegabile intrattenimento.