Shaolin sfida Ninja

Voto dell'autore: 4/5
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Heroes of the East, meglio conosciuto come Shaolin Challenges Ninja, è un’altro dei classici irrinunciabili del maestro Liu Chia-liang !
The 36th Chambers of Shaolin ebbe un successo di incredibili proporzioni. Uno dei paesi dove sbancò maggiormente il botteghino fu il Giappone. Sir Run Run Shaw chiese a Liu subito un seguito, ma il regista stancatosi momentaneamente delle tematiche Shaolin, insieme a Ni Kuang (forse il miglior sceneggiatore in assoluto della Shaw Brothers) scrive la sceneggiatura di Heroes of the East. Run Run Shaw ne è entusiasta e dà il via al film, che può essere quasi visto come un ringraziamento speciale al Giappone. Il risultato è una perfetta commistione del conflitto cino-giapponese e dei rispettivi stili di combattimento, che si distingue per la rispettosa rappresentazione dei giapponesi nel film, ma ci arriviamo tra poco.

Ah To, un giovane esperto di arti marziali, sposa Kung Zi, ragazza giapponese a sua volta esperta di kung fu e di carattere molto testardo. Appena sposati iniziano a rivendicare la superiorità delle arti marziali del proprio paese. Gli sviluppi porteranno il giovane Ah-to ad affrontare, uno dopo l’altro, sette guerrieri giapponesi (tutti maestri nelle loro relative discipline).

Non ci soffermiamo troppo sulla trama, visto che il film offre una quantità notevole di spunti d’interesse. Differenze culturali, la filosofia delle arti marziali e il ruolo della donna sono gli aspetti chiave (riparleremo in maniera più approfondita delle donne nel cinema di Liu nelle recensioni di My Young Auntie e Lady is the Boss).
La prima metà del film è incentrata sul matrimonio della giovane coppia. Quasi da subito vengono a galla le divergenze dovute alle diversità culturali. Un esempio è la scena del matrimonio in cui Kung Zi veste il tradizionale abito da sposa giapponese, rifiutando in un primo momento le tradizioni del marito, salvo ricredersi nel finale. Una volta che iniziano a conoscere le rispettive opinioni ed a confrontarsi su di esse, incontrano le prime difficoltà. Il litigio degli sposini sulle arti marziali funziona cosi bene, perché è metaforico per i problemi che incontrano tutte le coppie appena sposate. Ma anche le cose più triviali possono svilupparsi in qualcosa di più serio, quando si scontrano due culture che mostrano poco rispetto l’una per l’altra.

Tutta questa parte serve a Liu per spiegare allo spettatore le tecniche e la filosofia delle arti marziali cinesi e giapponesi, preparandolo cosi agli avvenimenti della seconda parte. Yuka Mizuno offre un’ottima interpretazione, piena di charme e humor, presentandoci un personaggio femminile forte e ben delineato. Vedendo l’eccellente performance marziale della Mizuno è difficile credere che fosse alla sua prima esperienza in un film di kung fu. Arriviamo alla seconda parte del film dove, per via dell’ennesimo malinteso,  Ah-to deve affrontare maestri di kendo, karate, nunchaku, polefighting, judo e ninjitsu. Liu inoltre varia gli ambienti ad ogni combattimento fino a quello finale, eccezionalmente girato all’esterno degli studi Shaw. La scena in cui Ah-to affronta il primo avversario, il maestro di Kendo, è significativa per il film. Una volta sconfitto, il samurai offre la sua katana in segno di rispetto, ma Ah-to non pratico del codice Bushido rifiuta, fatto che innesca tutti i combattimenti a seguire. Nel finale questo gesto viene ripreso, questa volta, con un esito diverso. Ovviamente tutto culmina nell’ultimo combattimento in cui Ah-to affronta Sanzo, l’esperto di Ninjitsu, che riunisce in se tutte le tecniche giapponesi mostrate in precedenza. Il Ninjitsu nasce dalle arti marziali cinesi e, nel film, alla fine dovrà arrendersi a queste. Questo è l’unico momento in cui Liu ribadisce la superiorità delle arti marziali cinesi. I “cattivi” non sono i soliti bad guys giapponesi stereotipati, ma la loro avversità nasce da fraintendimenti e mancanza di comunicazione. Il film è permeato da questo senso di rispetto, sia per le persone che per le arti marziali, che lo differenzia da tutti gli altri film con alla base la stessa tematica (soprattutto degli anni ’70) e infatti il finale è li per dimostrarlo.
L’autenticità delle scene d’azioni è garantita dal fatto che i maestri sono interpretati da veri martial artists giapponesi e nei combattimenti, che si possono definire epici, si vede. Soprattutto Yasuaki Kurata è carismatico quanto il protagonista stesso.
E allora parliamo di Gordon Liu (stavolta con capelli !) che è, come sempre, straordinario. Il fatto di non dover interpretare un monaco o un personaggio spinto dalla vendetta gli permette di tirare fuori il suo carisma naturale. Dimostra una varietà di stili incredibili, con un’eleganza e semplicità che ha dell’impressionante. Sembra non fare mai fatica. Ma perché nessuno ha mai pensato di fare un film con lui e Jackie Chan ???
Liu Chia-liang ha sempre messo al primo posto il suo amore e rispetto per le arti marziali. Il kung fu non serve solo per portare avanti la trama, ma è la motivazione stesse per la trama.Heroes of the East è la storia perfetta per Liu, che ha la possibilità di mostrare stili di combattimento diversi, oltre ad un numero notevole di armi. Da questo punto di vista il film fa quasi coppia con un altro del regista, ossia il capolavoro Legendary Weapons of China, ma allargando il discorso al Giappone. Manco a dirlo si ritaglia un cameo come Drunken Master e vederlo in azione è sempre un piacere (oltre ad essere una di quelle scene che solo Liu poteva ideare). Il resto del cast, fin nei più piccoli ruoli, che comprende Philip Ko, Lee Hoi-sang, Wilson Tong e il leggendario Simon Yuen, non è da meno.
Il commento sociale può sembrare superficiale e in parte una scusa per i combattimenti a seguire, cosa che in linea di massima è vera. Ma vediamo la cosa da un altro punto di vista. Quanti film di kung fu  affrontano il tema allo stesso modo di Heroes of the East ? Appunto …
Liu porta il genere aldilà dei suoi tradizionali limiti, che poi è sempre stato l’aspetto che l’ha reso, per quasi un decennio, senza rivali.
Ci preme sottolineare che il film, come spesso in Liu, è privo di morti nè si vede del sangue. Per quanto riguarda la trama è un peccato che la relazione fra marito e moglie venga fatta cadere nella seconda parte del film, dove i combattimenti la fanno da padrone. A risentirne è soprattutto il personaggio di Kung Zi, ma a parte questo ci troviamo di fronte ad una altro must-see del maestro Liu Chia-liang !

Nota a margine : “Heroes of the East” è l’unico [sic !] film di Liu uscito in Italia in homevideo, con il titolo Shaolin sfida Ninja.