Hostage: Missing Celebrity

Voto dell'autore: 4/5

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Nella sovrapproduzione di film gangsteristici in Corea del Sud, dove vengono realizzati molti titoli ricchi, ben prodotti, con concept vincenti, ottime regie, nella maggior parte dei casi l’assenza di buoni sceneggiatori restituisce titoli carenti, poco originali, o dotati di un ritmo spesso “ingolfato” (ci vengono in mente al volo film come Tomb of the River o Deliver us from Evil). Brutti film ma ben confezionati. Ne esce invece brillantemente questo Hostage: Missing Celebrity, esordio alla regia di Pil Kam-sung. Peccato che il film sia un altro remake di un recente film cinese del 2015 ispirato parzialmente ad una vicenda vera, Saving Mr. Wu di Ding Sheng (Little Big Soldier).

A rivestire i panni di Andy Lau, nel corrispettivo coreano troviamo il talentuoso Hwang Jung-min (Ode to My Father, New World, The Battleship Island…). E uno dei maggiori motivi di interesse del film è il rimettersi in gioco dell’attore che nel film interpreta letteralmente sé stesso, con tanto di immagini di repertorio. Non un’agiografia ci regala, ma una versione sfaccettata e complessa del sé stesso, di cui si ignora la genuinità e il tasso di realismo. Sporco, ferito, eroico ma goffo, debole e vulnerabile, vigliacco e cruento. Non è un atteggiamento così automatico nel campo degli attori il volersi mettere così in gioco.

L’attore viene rapito da una gang di violenti psicopatici per motivi di denaro. Il nostro e un’altra ragazza rapita (l’adorabile Lee Yoo-mi, già vista in Squid Game) devono tentare la fuga.

E’ un concept interessante e la componente metafilmica sempre in agguato, tanto che spesso vengono citati i film dell’attore inclusi quelli fortunatissimi di Ryoo Seung-wan (Veteran) che figura anche come produttore.

La regia non è sempre oleata ma alcune sequenze arrivano finanche a sorprendere come un inseguimento automobilistico in mezzo alla città tra civili in fuga, estremamente dinamico e “fisico”,  che quasi riesce ad evocare i primi film di Jackie Chan. Sempre bagnato da note leggere di comicità, il film è comunque opera violenta e sanguigna, e uscito in contemporanea ad un altro remake, stavolta cinese, Too Cool to Kill, ne rappresenta quasi una versione oscura.