Loving Blood of the Volcano

Voto dell'autore: 4/5

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Loving BloodStraordinario questo Huoshan Quingxue, uno dei film recuperati di Sun Yun, fortunatamente sfuggito a censure, invasioni, guerre, rivoluzioni  e usura del tempo. Il film è uno dei primi ruoli importanti per la divina Li Li-li, straordinaria diva cinese degli anni ’30 recentemente scomparsa (08/08/2005). All’epoca l’attrice era giovanissima, aveva solo diciassette anni, ma aveva già recitato e aveva avuto esperienze come ballerina (esperienze che mette in pratica nel film, adattandole al proprio ruolo). Il film è perfettamente sezionato in due parti ben distinte e la prima sembra quasi un proseguo ideale del precedente Ye Meigui, con una parte iniziale, di nuovo inno alla vita e all’idillio agricolo contrapposta ad una seconda sezione altamente melodrammatica in cui i soliti potenti e signorotti trascinano la narrazione verso le derive della tragedia. A differenza del film precedente però questa parte non ha una risoluzione catartica ma sprofonda nella disperazione più spietata, mentre per trovare una risoluzione parzialmente gratificante bisognerà attendere il vero finale dove la forza propulsiva del vulcano, evidente metafora della spinta proletaria (esplicita anche nelle dichiarazioni delle didascalie che recitano indicativamente un incitamento al vulcano a spazzare via con la propria forza i nemici e le forze del male) riuscirà a riportare una parvenza di quiete nell’idilliaco panorama esotico in cui si svolge la narrazione. In questo lo stile di Sun Yu, attento studioso di storia del cinema, è composto di numerose influenze, da una parte le esperienze delle avanguardie tedesche, dall’altro il cinema hollywoodiano e i film di avventure esotiche (da cui probabilmente deriva tutta la seconda parte del film). Coraggioso da parte sua, rischioso, e logiche in questo contesto le fin troppo eccessive accuse di esterofilia e inadeguatezza agli ideali progressisti.

Villaggio dei fiori di Salice, ameno luogo campagnolo deve i contadini lavorano spensierati e pregano per un futuro prosperoso. Song Ke (Zheng Junli) è un ragazzo che lavora la terra con suo padre e adora il suo fratello minore e la vitale sorella Lihua. Un ricco e violento proprietario terriero e il suo seguace passano in zona e decidono di turbare la quiete del luogo scegliendo di prendere la ragazza come concubina. Alle proteste del padre, con un trucco scorretto mettono in prigione i tre uomini e rapiscono la ragazza. Lei acconsente alla proposte dell’uomo in cambio del rilascio dei suoi cari ma mentre dalla finestra li vede tornare a casa suo padre muore a causa di un attacco cardiaco e la ragazza disperata si getta dalla finestra. Dopo la morte del fratellino minore a Song Ke che ha ormai perso ogni sorriso non resta che andarsene a lavorare in un’isola esotica del sud est asiatico, porto di mare colmo di bar e locali  notturni pullulanti di marinai, ubriachi (o entrambe la cose) nani e soubrette. Qui il ragazzo conosce Lihua (Li Li-li) ballerina del locale, che a lui ricorda la sorella, che si innamora di lui e della sua irremovibilità, e al contempo ritrova il ricco e il suo seguace che avevano procurato la morte dei suoi cari. I due attentano alla vita di Song Ke ma stavolta è aiutato da Lihua, da una barista e dalla forza prorompente del vulcano che sovrasta il paesino e che funge da deus ex machina parallelo alla tenacità del protagonista.

Avevano accusato il regista per il film Ye Meigui di eccessivo individualismo, e tanto possono sembrare quasi preventivate le accuse anche per quest’opera che mostra una vendetta attesa per ben tre anni e risolta da un uomo solo contro due intoccabili ricchi e potenti: “Il giovane contadino che ho creato, Song Ke, può sembrare un “superuomo”, che combatte in una protesta e in una lotta personale. Ciò che avevo in mente era: se un contadino di un villaggio povero e remoto fosse rappresentato come un leader politico maturo, armato del pensiero progressista e della coscienza del grande potere delle masse organizzate su cui fare affidamento per rovesciare la classe dominante, allora Song Ke non sarebbe stato solo un giovane contadino qualunque con spirito di ribellione” (cit. a cura di Muller Marco, Polacchi Elena, Ombre Elettriche, Mondadori Electa, Venezia, 2005)
Non solo queste furono le accuse, nel classico gioco di attacchi e difese del cinema cinese, ma alla fine è sempre il film, presente e vivo a parlare; sequenze straordinariamente potenti, come tutta la parte melodrammatica a metà film raggiungendo il climax nell’inquadratura in cui Song Ke, straziato, infila con dolcezza una scarpa sfuggita, ai piedi del corpo dell’amata sorella. Un film composto di gesti, potenti e descrittivi, le smorfie delle due donne, il gioco del ragazzino, la barba toccata dal padre come nel Mosè di Michelangelo, gli sguardi lascivi dei due nequitosi. E sul finale, piccola nota tecnica, lo spettatore può fruire di alcuni modellini volti a ricostruire la cittadina scossa dalla furia del vulcano. Nota di merito agli attori, il sorriso di Li-Lili è rigenerante e irresistibile.