Mozart from Space

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Alcune premesse. Ma quanto ha inciso il cinema di Hong Kong del ventennio d’oro (1979-2000 circa) tale da continuare ad essere citato ed omaggiato (si pensi ad un altro film cinese dello scorso anno,  Too Cool to Kill) ciclicamente? E quanto è stato importante quello di Stephen Chow che continua ad essere perenne stampo per temi, storie, gesti, immaginari?

C’è infatti molto dell’autore hongkonghese dentro questo Mozart from Space, dall’impianto generico che imita quello di CJ7 (anche i poster sono simili) a puntuali rimandi che giungono fino a Shaolin Soccer. 

Lascia un po’ spaesati, invece, la firma del regista del film, Chen Sicheng, gallina dalle uova d’oro del cinema locale e mente dietro alla fortunata trilogia dei Detective Chinatown (il terzo capitolo e il secondo sono -ad oggi- il sesto e decimo rispettivamente maggiore incasso della storia in Patria). Una saga che partiva insicura ed esile salvo poi -nel terzo capitolo- raggiungere risultati anche tecnicamente più che interessanti.

Non si capisce quindi come il regista si sia messo al timone di un oggetto del genere, puerile film per bambini, in cui la sua mano è quasi invisibile, l’originalità latente (dicevamo di Stephen Chow…) a fronte di un budget tutto sommato dignitoso e un cast non indifferente che vanta anche la presenza di alcuni nomi macroscopici come quello di Huang Bo (Journey to the West: Conquering the Demons (2013)) e Yao Chen (Journey to the West: Demon Chapter (2017)). I titoli appena citati non sono casuali.

Nel film un alieno composto di pura energia atterra sulla Terra e prende possesso di un pupazzo a forma di panda. Entrerà in contatto con un ragazzino, appassionato di astronomia, ma osteggiato dal padre che vede in lui un futuro da pianista. Personaggi male assortiti, una missione confusionaria, degli sciocchi villains e un paio di sequenze sopra la media sono alla base di Mozart from Space, uscito abbastanza in sordina e su pochissimi schermi e risoltosi come un inspiegabile flop. 

Forse la parte più bella è il doppio finale (che dichiara un improbabile sequel), proprio come quello di Detective Chinatown 3 che però, a differenza di questo film, provocava una sana dose di esaltazione nei confronti di un atteso quarto capitolo.