My People, My Country

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I piccoli sinofobi di tutto il mondo batteranno i piedini di fronte ad un film che si intitola My People, My Country. Il che è ammissione di una conoscenza parziale della storia del cinema e mostra la volontà, giustificata o meno, di allontanarsi da un film che raduna alcuni dei registi più rilevanti sulla piazza e alcuni degli attori più noti o talentuosi del presente. Un po’ come nell’omologo hongkonghese Septet the Story of Hong Kong. Tutti raccolti sotto al nome di Chen Kaige (Addio mia Concubina, Palma d’Oro a Cannes) che funge da direttore generale del progetto, responsabile di portare a compimento sette storie di sette autori.

Il film è stato realizzato per celebrare il settantesimo anniversario della fondazione della Repubblica Popolare Cinese ed è infatti uscito alla vigilia del National Day del 2019, il 30 settembre.

Sette storie che raccontano 7 eventi fondamentali dello sviluppo della Cina moderna, ogni storia un anno diverso, una paese diverso, accomunate solo dall’iniziare tutte le vicende con delle penne o matite che scrivono.

Qualcuna più narrativa, qualcuna più retorica, qualcuna più patriottica. Ma praticamente tutte, chi più chi meno, prendono l’evento e ci costruiscono a fianco la vicenda intima di figure “secondarie” in un modo o nell’altro legate allo stesso. Chi è stato parte attiva, chi solo spettatore, chi legato per strani vincoli del destino; da una parte la storia, dall’altra il popolo, anche anonimo, anche una figura che non lascia una traccia indelebile ma comunque, in un modo o nell’altro, fondamentale.

Il primo episodio, The Eve, reca la firma del talentuoso Guan Hu (800 Eroi, Mr. Six) e vanta Huang Bo come protagonista. E’ la storia del tecnico che la notte precedente, tra mille imprevisti, deve sviluppare la tecnologia che permetterà l’alzabandiera in Piazza Tiennanmen il primo ottobre del 1949 durante la cerimonia della Fondazione della Repubblica Popolare Cinese, meccanismo che sarà attivato da Mao Tse Tung in persona. Guan Hu dirige l’episodio più compatto dei sette.

Il secondo, Passing By è diretto da Zhang Yibai (The Longest Night in Shanghai, Lost, Indulgence), è la classica storia cinese di sacrificio per un bene maggiore e narra dello sviluppo della prima atomica cinese nei ’60. Zhang Yi (Operation Red Sea) interpreta lo scienziato protagonista.

The Champion, la terza storia, è diretta da Xu Zheng, attore di successo e regista di campioni di incasso come Lost in Thailand, e Lost in Hong Kong. A Shanghai, un’agrodolce storia d’amore tra bambini in cui l’ostacolo è dovuto al fatto che il ragazzino è costretto a inventare soluzioni improbabili sul tetto di casa per tenere stabile l’antenna televisiva che permette all’intero isolato di poter fruire -in un vicolo- della diretta della medaglia d’oro per la Cina alla squadra di pallavolo femminile nel 1984. Sul finale un cameo della super star Wu Jing. L’episodio è tra i migliori.

Going Home è il capitolo dedicato ad Hong Kong, è ambientato nella notte del 1997 quando dopo un secolo di stato coloniale inglese il territorio si è riunificato alla Cina. Alla regia Xue Xiaolu, autrice dei due campioni di incasso Finding Mr. Right. Il cast è invece locale e regala Simon Yam nella figura di un orologiaio e Kara Hui in quello di una poliziotta.

Un altro attore famoso, Ning Hao alla regia di Hello Beijing, episodio che lega due eventi storici: un ragazzino che ha perso il padre durante il terremoto del Sichuan e un tassista sfortunato che ha vinto un biglietto per partecipare alle olimpiadi del 2008. Episodio leggermente più debole e retorico, elemento che poi toccherà anche le due storie successive.

La prima è quella proprio del padrone di casa, Chen Kaige, che con The Guiding Star dirige l’episodio tecnicamente migliore ma fortemente banale nei contenuti, nel raccontare il ritorno della capsula spaziale Shenzhou 11, il 18 novembre 2016 nel vuoto stupendo della Mongolia.

In coda One for All, di Wen Muye, autore di Dying for Survive, film fenomeno che ha incassato qualcosa come 400 milioni di euro. Episodio poco ispirato che narra di una pilota dell’aeronautica militare e dello spettacolo aereo che dovrà accompagnare la parata militare del 2015 che celebra il settantesimo anniversario della vittoria nella seconda guerra cino-giapponese.

Film pensato esclusivamente per un pubblico locale è un florilegio di bandiere, inni e popolo festante per i risultati ottenuti collettivamente gestito con la classica euforia celebrativa socialista. Ovvio che uno spettatore abituato ad una cultura basata sull’individualismo più sfrenato e alle bandiere solo ed esclusivamente di un unico e stesso paese, difficilmente riuscirà a provare empatia di fronte a questa euforica e ingenua festa autoreferenziale. Il pubblico locale ha invece gradito e il film ha incassato circa 400 milioni di euro, aprendo la strada ad un altro film realizzato con una formula simile due anni dopo, My People, My Homeland, e che incasserà ancora di più. Piaccia o meno, il film resterà un documento storico che potrà assumere una certa rilevanza nel raccontare il presente, tra decenni.