Peninsula

Voto dell'autore: 3/5

VOTA ANCHE TU!

InguardabilePassabilePiacevoleConsigliatoImperdibile (2 votes, average: 3,50 out of 5)

Gli zombie sono ormai entrati a far parte del cinema coreano. Dopo il grande successo nel 2016 di Train to Busan, sono state prodotte altre numerose opere ricche di morti viventi o di infetti e di protagonisti che devono affrontarli. Si pensi a Seoul Station (2016), Rampant (2018), il drama Kingdom (iniziato nel 2019), #Alive (2020) e l’attesissimo sequel del sopracitato Train to Busan, ovvero Peninsula (2020), invitato tra l’altro al Festival di Cannes 2020.

Il regista Yeon Sang-ho, che di recente ha diretto anche Psychokinesis (2018), dopo aver creato questo universo che prevede la trasformazione della Corea in una terra post-apocalittica, ha ritenuto necessario dare un seguito alle sue due precedenti opere.

Per chi non lo sapesse infatti, Yeon non ha diretto solo Peninsula, ma anche Train to Busan e Seoul Station (film d’animazione che racconta il momento in cui l’epidemia è iniziata).

Il cast della pellicola è di alto livello; Gang Dong-won ritorna ad essere personaggio principale di un’opera dopo Illang: Uomini e Lupi (2018), e viene affiancato da Lee Jung-hyun (protagonista in Alice in Earnestland del 2015 e The Battleship Island del 2017), Lee Re, attrice adolescente in assoluta crescita, Kwon Hae-hyo, attore che partecipa a molti film di Hong Sang-soo, Kim Min-jae e Koo Gyo-hwan.

Ma veniamo dunque alla trama. Il film inizia con il soldato Jung-seok (Gang Dong-won) che non appena scoppia l’epidemia riesce in qualche modo a far imbarcare le persone a lui care su una nave, dove però non tutto va secondo i piani stabiliti. Ci si ritrova poi quattro anni dopo ad Hong Kong, con il nostro protagonista che ormai pare aver perso la voglia di vivere e a cui viene proposto un accordo suicida. Viene organizzato infatti, il ritorno nella penisola coreana ormai devastata, per trovare un convoglio pieno di denaro da riportare al capo dei gangster che l’ha ingaggiato. Non avendo niente da perdere e col pensiero di accaparrarsi una parte del bottino, Jung-seok accetta. Arrivato sul posto insieme alla sua squadra, si scoprirà che non ci sono solo infetti, ma anche una malvagia milizia chiamata Unità 631 e una famiglia che si difende come può e con cui l’attore principale si schiererà. Il resto dell’opera si concentrerà sugli scontri tra le due fazioni e su come fuggire finalmente dal paese ormai distrutto, senza tralasciare però una piccola descrizione di quanto l’umanità possa diventare sadica.

Nonostante la performance degli attori sia soddisfacente, soprattutto quella della giovane Lee Re e della sua sorellina interpretata da Lee Ye-won, non si può dire lo stesso della caratterizzazione dei personaggi. Fatta eccezione per le due appena citate, non si riesce molto ad entrare in empatia con i protagonisti, soprattutto a causa di una trama che non approfondisce in maniera troppo marcata i loro sentimenti e le loro sensazioni. Peninsula inoltre, nonostante presenti numerose scene d’azione, le stesse non riescono a raggiungere il livello del capitolo precedente.

Fatta eccezione per una scena impressionante in cui Gang Dong-won vede degli zombie ammassati in una sorta di cavalcavia pedonale, e per il momento in cui Lee Re (di nuovo) appare la prima volta e dimostra le sue abilità alla guida, non si riesce ad essere troppo trasportati dalla frenesia del momento, e i livelli di suspense non sono mai troppo alti. Anche l’inseguimento finale tra le strade della città abbandonata, risulta in parte accattivante ma allo stesso tempo non molto coinvolgente, soprattutto per un problemino presente in tutto il film, ovvero la non eccellente CGI.

Peninsula dunque è sì un’opera molto attesa, la quale però non ha saputo soddisfare al 100% le aspettative di chi scrive. Sicuramente il modo migliore per godersi il film, che comunque non annoia, è quello di non cercare paragoni con Train to Busan, il quale era stato in grado di creare scene più ricche di tensione e di approfondire meglio il lato negativo degli essere umani nelle situazioni disperate, che nell’opera qui esaminata è solo sfiorato superficialmente.