RRR

Voto dell'autore: 4/5

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Alcune premesse. La lanciammo lì come boutade tempo fa ma oramai questa dichiarazione assume contorni sempre meno sfocati. Il cinema di Hong Kong che tanto abbiamo amato, quello degli ’80 e ’90, quello progettato da Tsui Hark e che scosse le fondamenta della creatività e inventiva cinematografica mondiale è tornato. Ma è andato in trasferta in India. Certo, meno fisico, aggiornato alle nuove tecnologie, ma lo spirito libero, furioso, anarchico -come dichiarerebbe qualcuno- di quel tempo, adesso è là e il numero sempre maggiore di titoli ascrivibili a questo contesto ne sono la prova.

Non possiamo sapere per quanto, non possiamo sapere se con continuità e se crescerà, ma visti gli incassi se ne scorge una robusta possibilità.

E’ d’altronde una strada non così erronea nel tentativo di trovare un percorso di competitività anche internazionale a fronte del cinema più noto e popolare di altri paesi “vicini”, Corea in primis.

Tra le varie figure di spicco negli anni si è fatto strada S. S. Rajamouli che ci aveva conquistati con il suo folgorante Eega salvo poi buttare in aria le carte in tavola (e tutto il tavolo) con lo strabordante colossal in due parti Baahubali. Era possibile fare di più? Era possibile fare di più.

A marzo 2022 esce RRR, il suo nuovo film, al momento dell’uscita il più costoso della storia in India (72 milioni di dollari, ne incassa 150), segnando diversi record ai botteghini e diventando il secondo maggiore incasso di sempre in patria (terzo quando un mese dopo esce K.G.F: Chapter 2).

RRR è un colossal epico d’azione che narra l’improbabile incontro tra due rivoluzionari realmente esistiti nel 1920 e della lotta per la liberazione dell’India dai colonialisti inglesi; di nuovo ci ricorda tanto kung fu movie di Hong Kong con le stesse premesse narrative.

Nel farlo il regista adotta la direzione già notata sui Baahubali; potenza pittorica delle immagini dotate di una plasticità e una palette cromatica entusiasmante, quasi dei tableau vivant (spesso pregiati da ralenti stordenti) digitali di estasiante resa.

E senso dell’azione fuori da ogni scala e possibilità edita. Un po’ come nel precedente film indiano Pushpa, ogni sequenza ha una sorta di genealogia a sé. Si va da uno scontro iniziale di un solo poliziotto contro una folla oceanica che affolla una valle, girato non in forma altamente spettacolarizzata ma con un certo piglio verosimile, passando per un furibondo scontro con armi da fuoco che sembra uscire da El Topo di Jodorowsky con i due protagonisti, uno a cavalcioni dell’altro e un fucile per mano che compiono acrobazie sorprendenti.

E poi una sequenza straordinaria in cui i due rivali si battono tra loro mentre intorno un esercito combatte, decisamente invano, contro uno stuolo di bestie feroci liberate dal protagonista. I due eroi arrivano ad usare come arma -lanciandole o brandendole- moto e tigri, vive, intere. Tutta la lunga parte finale raggiunge livelli di creatività, eccesso e violenza come raramente si vede in un film.

Il tutto in un contesto non supereroistico o sovrannaturale ma di base con un piglio “realistico” anche se i due protagonisti sono scolpiti su altrettanti stereotipi di due figure mitologiche locali provenienti dai testi Ramayana e Mahabharata. L’agile e aereo rivoluzionario Alluri Sitarama Raju (interpretato da Ram Charan) è basato sulla figura di Rama del Ramayana mentre il massiccio e muscolare Komaram Bheem (N. T. Rama Rao Jr.) su Bhima del Mahabharata. Come i due rivoluzionari, le due figure non si sono mai incontrate nella mitologia. Ad entrambi il regista affida poi un elemento, il fuoco per il primo e l’acqua per il secondo, che formano una sorta di completezza dei due e garantiscono diverse scelte scenografiche di effetto (fin dal poster che alleghiamo).

Anche l’esplicito rapporto cavalleresco tra i due sembra provenire direttamente dal cinema dell’ex colonia inglese echeggiando più volte quello di John Woo.

Colonna sonora ovviamente solenne, tipica del cinema epico (e non solo) locale; tra le sequenze musicali, le più efficaci sono una sorta di furioso dissing intitolato “Naatu Naatu” e quella finale in cui tutti i personaggi, sopravvissuti o meno, regista incluso, ballano su uno spettacolare sfondo plastico in stile sovietico.

Girato tra India, Bulgaria e Ukraina, ha sfruttato set mastodontici ricostruiti per l’occasione con migliaia di comparse, subìto i limiti della pandemia di Covid-19 ed è stato girato in 300 giorni.

Ad ogni film realizzato S. S. Rajamouli sta incidendo una tacca nel presente del cinema d’azione, puntando l’asticella al rialzo, “costruendo” prodotti di altissima spettacolarità ma non inoffensivi e “piacioni” con il pubblico come la quasi totalità del blockbuster americano. RRR è una straordinaria commistione liberissima di generi; è spietato, violento, commovente, ironico, originalissimo, inventivo e visivamente affascinante. La speranza non è solo affidata ad una continuità qualitativa dei suoi e altrui film ma anche che questi, quanto prima, possano approdare nelle nostre sale per essere fruiti nella massima qualità spettacolare possibile. Lo meritano. Sarebbe giusto. Sarebbe normale in un mercato sano.