Snipers

Voto dell'autore: 3/5

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Il primo elemento a colpire l'occhio fin dall'inizio di Snipers è l'inestetismo della messa in scena e la bruttura di incomprensibili effetti digitali applicati ad ogni esplosione, colpo in arrivo, e deflagrazione a terra dei colpi. Sconvolgente. Il che sorprende in un film che porta la firma di Zhang Yimou e che dal marketing richiamava parzialmente l'estetica nevosa del suo narrativamente discutibile ma esteticamente sfarzoso Cliff Walkers.

In realtà lo spettatore si accorge subito che la persona di Zhang Yimou figura solo da supporto alla co-regista Zhang Mo, sua figlia, che lo seguiva da qualche anno sui set, come a volerne supportare la carriera registica dopo l'esordio di Suddenly Seventeen nel 2016. Il nome del regista funge da garante, per produttori e pubblico, favorendo la circuitazione del film che a quanto pare si rivela opera costruita a basso budget. Ma i nomi nei credits (oltre a Zhang Yimou, qualche attore di discreto calibro) e la storia narrata accattivante (un altro film bellico sulla guerra di Corea) hanno tutto sommato favorito il film che ha incassato comunque quasi 100 milioni di dollari.

Resta un budget lacunoso, come giustificarlo? Nel supporto del padre alla figlia senza volerla troppo avvantaggiare nella formazione artistica? Probabilmente non lo sapremo mai. Sappiamo invece bene come la mano della figlia non sia nemmeno lontanamente vicina a quella del padre o comunque spaesata in un film bellico di tale portata.

Preso atto di cotanta bruttura, vanno citati anche i meriti. Il concept funziona. Snipers è ben lontano dal cinema d'azione fatto di migliaia di comparse e spazi sconfinati come nel colossal The Battle at Lake Changjin; è invece un film di trincea. 

Un gruppo di cecchini cinesi durante la guerra di Corea deve recuperare i corpi di due compagni caduti in un agguato. Ma questo atto è una trappola da parte di un gruppo di cecchini statunitensi per tendere loro un'imboscata. Il resto del film si svolge nelle strategie di sopravvivenza e attacco tra due trincee contigue, una di fronte all'altra e tra un pugno di soldati.

Il che porta il film a risolversi come un'ideale fusione tra Downrange di Ryuhei Kitamura e il videogioco Sniper Elite, della Rebellion Developments. Ogni colpo sparato infatti segue la traiettoria virtuosistica del proiettile lungo gli spazi fino all'arrivo nei corpi dei nemici (ma senza la radiografia splatter della controparte videoludica).

La parte centrale in fin dei conti, una volta superata la respingente resa visiva, funziona e intrattiene con competenza, mentre resta tiepida la porzione iniziale di presentazione dei personaggi e la sequenza finale d'azione che include anche un carro armato.

Snipers, che nel corso della produzione ha cambiato più volte titolo (passando da Sharpshooter a The Coldest Gun al titolo attuale riportato di volta in volta al singolare o al plurale, forse anche a causa dell'abuso del termine negli ultimi anni tra cinema e serie tv cinesi) è un'opera inaspettata al negativo, in cui non vi è traccia della mano del maestro accreditato in co-regia, ma che preso atto di queste premesse contiene una buona porzione di onesto cinema di intrattenimento.