Tahader Katha

Voto dell'autore: 4/5

VOTA ANCHE TU!

InguardabilePassabilePiacevoleConsigliatoImperdibile (No Ratings Yet)

"Forse la galera era migliore. Almeno lì, avevo sogni di un mondo migliore. Ma ora posso vedere che è marcio, puzza".

Un telegramma consegna la notizia che il combattente per la libertà Shibnath Mookherjee (il veterano Mithun Chakraborty), arrestato per avere ucciso un ufficiale britannico, sarà rilasciato dopo due giorni. La notizia è accolta con entusiasmo dai figli, anche dal più piccolo che non l’hai mai conosciuto e dalla moglie. L’amico Bipin (Dipankar De) accompagna Shibnath nella sua nuova casa a Taherpur in West Bengal, India. Mentre era incarcerato, la sua famiglia è stata costretta a emigrare in India come rifugiati conseguentemente alla partizione del 1947, quando, per decisione britannica, la sua città natale venne assegnata al Pakistan Orientale (che diventerà Bangladesh nel 1971). Bipin si trova davanti un uomo stravolto, dallo sguardo allucinato, semi-privo di memoria. Gli 8 anni di carcere  più i 3 in un ospedale psichiatrico e le torture fisiche, hanno reso Shibnath una larva di quello che era prima della detenzione: il protagonista, a forza di botte prese, ha perso la sensibilità intestinale e si accorge improvvisamente di quel bisogno fisico che non riesce a controllare. Ritornato nel mondo libero, Shibnat si trova in una situazione familiare di povertà estrema che costringe la figlia Puni ad abbandonare la scuola per lavorare a casa di un anziano funzionario inappropriatamente amichevole. Insufficienti sono le 50 rupie che il nuovo governo garantisce mensilmente alla famiglia e la moglie Hemangini (Anashua Mujumdar) ripone totali aspettative nel finalmente libero marito, in precedenza persona istruita, ammirata e rispettata da molti. Hemangini spera in un nuovo inizio e nell’aiuto di Bipin il quale, insieme ad altri amici, si è creato una posizione nella nuova India, arricchendosi. Shibnath, però, non è più il coraggioso e carismatico uomo prestante di un tempo: spesso, non ha controllo sulla propria mente, i ricordi sono frammentati e la concezione del tempo è distorta. Bipin, in realtà, ha ambizioni politiche ed è intenzionato a sfruttare la fama di Shibnath a proprio vantaggio nei comizi, offrendo in cambio un posto da preside o insegnante in una scuola da costruire, a patto che si liberi della sua pazzia. L’ex combattente per la libertà, però, essendosi reso conto che nulla è cambiato negli anni, continua a chiudersi nel proprio passato, nonostante i consigli della moglie e di Bipin che si sono adeguati alla nuova India. Le differenze tra l’idealista Shibnath e l’amico opportunista portano a un’inevitabile rottura tra i due. Parallelamente, il rapporto con Hemangini si affievolisce sempre di più, creando un insormontabile distacco tra Shibnath e la sua famiglia, tra i suoi sogni e il suo spazio della nuova India.

Tahader Katha ovvero La Loro Storia non narra solo gli eventi della partizione, della perdita della città natale e della terribile migrazione che ne è seguita, esodo costato la vita del fratello e padre del protagonista. Non racconta soltanto la condizione contemporanea nella nuova India, dove speculatori e opportunisti hanno rimpiazzato gli inglesi.

La Loro Storia è soprattutto la storia di Shibnath, un uomo che ha pagato un altissimo prezzo per il suo Paese, ottenendo in cambio un misero salario mensile, come se l’esilio nelle isole Adamane e gli anni di ospedale psichiatrico avessero un così infimo valore. É la storia un ex combattente della libertà che non trova spazio nella moderna società, con la quale ha un rapporto di rifiuto reciproco.

É inoltre la visione del mondo dagli occhi di Shibnath, irriducibile idealista e di chi non si riesca ad adattare al regno dei bruchi (per usare le parole dell’amico Mohitosh) disposti a mangiarsi il vomito per un guadagno.

 Ma Tahader Katha è anche la contrapposta concezione della vita stessa, valutata in criteri di opportunismo. Da un lato si trovano Shibnath e Mohitosh che scelgono e si sacrificano per il miglioramento collettivo, relegandosi ai margini della società più o meno volontariamente. Il paragone: “Le creature selvagge sembrano belle nella foresta, ma in società devono essere incatenate,” pronunciato da Bipin lo inserisce nel gruppo degli approfittatori, coloro che, in una visione egoistica, hanno rinunciato ai sogni e alla speranza di un mondo migliore, preferendovi una qualche forma di profitto personale.

Tahader Katha è, infine, la storia della non resa di uno Shibnath ormai fuori controllo che non prova nemmeno a opporsi al vortice degli eventi.