The Inspector Wears Skirts

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The Inspector Wears Skirts
si aggiudica il titolo di una delle serie più incisive degli anni ’80 di un remunerativo filone sulle “ragazze marziali”, film di guerriere abili nelle armi da fuoco come nei combattimenti a mani nude. Il film si allinea così ad una serie di pellicole –come le produzioni della D&B (la fantomatica serie In the Line of Duty) o alcune pellicole di Jeff Lau (Operation Pink Squad)- essendone al contempo contaminata versione parodistica, e evocazione marcia ed estremizzata di pellicole d’oltreoceano come Scuola di Polizia.

Il film non mostra attrattive estetiche o chissà quale ambizione culturale anche perché il regista, Wellson Chin (Era of Vampires) sembra non avere mai realizzato un film davvero memorabile. La solfa è sempre quella, la narrazione semplificata e lineare, la comicità variabile ma in linea di massima infantile, la regia distaccata e poco creativa. Cosa resta quindi? Resta quello che di solito fa la fortuna di questi film, ossia il cast, soprattutto quello femminile. Assistiamo quindi alle performance di Sibelle Hu (Fong Sai Yuk) nel ruolo della comandante di un campo militare di scuola di polizia, Cynthia Rothrock nel ruolo della sua disincantata collega, Sandra Ng (Golden Chicken) nella parte che ha spesso ricoperto, quella della bruttina goffa e volgare, Regina Kent  (A Better tomorrow II) che interpreta la timida e fragile, e nei ruoli più complessi Ellen Chan (Doctor Vampire), la bella e talentuosa Kara Hui (Dirty Ho), starlette della Shaw Brothers e del cinema di Liu Chia-Liang che si infila con partecipazione nel personaggio più abile a livello atletico. Oltre loro, un altro florilegio di bellezze dell’ex colonia come la malinconica Ann Bridgewater e un esercito di caratteristi del calibro di Shing Fui-on, Stanley fung, Bill Tung, con illuminante cameo di Ricky Hui, uno dei geniali fratelli Hui. Va poi menzionata la produzione nientemeno che di Jackie Chan (fattore che ha probabilmente permesso un cast del genere) e la direzione della fotografia di un giovane Andrew Lau Wai-keung, futuro regista di Infernal Affairs.

Dopo che due colleghe (Sibelle Hu e Cynthia Rothrock) hanno sventato un attentato operato da dei ninja abbattuti grazie alle loro elevate doti marziali, alle due viene affidato l’allenamento di un gruppo di ragazze da modellare in abili poliziotte. Nel film viene mostrato –il tutto in chiave parodica- l’allenamento del gruppo e la loro rivalità/attrazione verso un gruppo di colleghi. La prima missione in cui dovranno difendere un diamante di inestimabile valore durante una sfilata di moda finirà in sangue e risate come solo nel cinema di Hong Kong accade.

Nella prima scena c’è poi un dettaglio importante; mentre le due colleghe si difendono dai letali ninja entrambe sfoderano delle pistole. Ma mentre quella di Sibelle Hu è una normale arma d’ordinanza, quella di Cynthia Rothrock è una Magnum assolutamente fuori misura. In questo minuscolo dettaglio però si evince tutta una differenza di culture e di dicotomia dell’essenza della spettacolarità tra Hong Kong ed Hollywood; di nuovo, in contrapposizione l’azione statica e appesantita evocata dai muscoli e dall’armamentario sempre più invasivo proprio dei vari Rambo e Commando degli anni ’80 contro l’agilità marziale e la finezza aerea della lotta del cinema d’azione di Hong Kong. Una dichiarazione d’intenti fusa ad una riflessione cinefila culturale non indifferente che successivamente sfocerà in vere e proprie analisi sociologiche soprattutto in territorio nipponico, evocando ad esempio il contrasto tra cool e kawai, macho e bishonen in un confronto diretto tra occidente e oriente.

Buone e violente le sequenze d’azione, ben coreografate, anche se la regia non è assolutamente all’altezza, tanto da far sorgere il sospetto che il limite più evidente della serie sia proprio il nome del regista. Nonostante tutto, anche a causa del ritmo sostenuto e del carisma fuori misura di tutti gli attori, il film non annoia un secondo e si rivela una piacevole opera di intrattenimento.