The Pye-Dog

Voto dell'autore: 4/5

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L’esordio col botto di Derek Kwok Tse-kin lascia storditi e spaesati ma certi di aver visto nascere un nuovo grande regista ad Hong Kong, sensazione poi confermata dal successivo, splendido The Moss. Ma a differenza del secondo film, questo è ben più destabilizzante e personale; certo, in entrambi l’assunto e il materiale di base è risaputo, ma l’approccio del regista a quest’opera è ardito e lascia basiti come se ci si trovasse dinanzi a barcollamenti narrativi mentre invece è solo la metodologia narrativa a creare un caos aereo narcotizzante. La storia di alcuni “cani randagi” nella periferia urbana sferzata dalle triadi è finanche banale ma il regista dona al tutto un tono onirico e trasognato, frammisto a una presa stylish costruttivista post Time & Tide, in un’ideale mélange tra Tim Burton, Johnnie To e Tsui Hark.
Dui è un bambino vessato che viene adottato da un uomo legato alle triadi (Eric Tsang) che lo cresce come un figlio facendolo diventare, una volta cresciuto (e interpretato da Eason Chan Yik Shun) l’autista della gang. Un altro bambino orfano di madre suicida e privo del padre fuggito anni prima è adottato dalla nonna e diviene preda ambita dalla gang, visto che il padre è un boss di una fazione rivale. Un conflitto morale s’impadronirà di Dui ormai legato affettuosamente al ragazzino.
Grande aria fresca, una brillante sezione melodrammatica, una regia sinuosa e a tratti astratta, un buon senso del ritmo e dell’azione, in un esordio che è un puro miracolo.
Tra gli attori va citato senza dubbio un rarissimo George Lam Chi Cheung, brillante e talentuoso attore degli anni ’80, e le musiche e la produzione di Teddy Robin Kwan, geniale mente, corpo e talento dietro a tanto cinema, più o meno riuscito, dello stesso decennio.