The Silent Sea

Voto dell'autore: 4/5

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Con l’arrivo di Space Sweepers, il 2021 sembrava promettere bene per un nuovo tipo di genere, ovvero il cinema coreano dedicato allo spazio. Ebbene le ipotesi erano più che fondate, in quanto il 24 dicembre Netflix ha deciso di fare un nuovo regalo di Natale per gli appassionati, portando in piattaforma l’attesissimo The Silent Sea, drama di 8 episodi diretto da Choi Hang-yong e prodotto dal famoso attore Jung Woo-sung.

Il regista Choi Hang-yong, laureatosi alla Korea National University of Arts, la più prestigiosa università del paese dedicata alle arti, aveva già nel 2014 diretto un cortometraggio dalla trama molto simile e dal nome leggermente diverso, The Sea of Tranquility. Ciò dimostra come la Corea del Sud continui a sfornare talenti anche dalle università locali. Fatta questa considerazione, in questo caso un grazie a Netflix è dovuto. La piattaforma, che tra l’altro non è esente da difetti e che spesso propone contenuti che non soddisfano pienamente una parte del pubblico, ha dato questa volta spazio a qualcuno che se lo meritava. La speranza è che tali progetti continuino anche in futuro.   

Con l’arrivo di questa nuova serie inoltre, Netflix Corea ha coniato un nuove termine, ovvero quello di K-Uju (K-Space) definendolo un genere già solido. Chi scrive concorda, e spera che le sopracitate opere coreane dedicate all’universo non siano le ultime.

La trama di questo drama è ricca di molti elementi tipici del genere fantascientifico. Siamo su un pianeta Terra ormai morente, divenuto quasi inabitabile a causa della mancanza di acqua (molto particolari le immagini di Seoul deprivata di uno dei suoi simboli, ovvero il fiume Han), dove chi è più facoltoso ha accesso a più risorse d’acqua. Decisa a trovare una soluzione, l’agenzia spaziale coreana organizza una spedizione sulla Luna, precisamente alla base chiamata Balhae, nome storico che rimanda a un regno multietnico insediatosi tra penisola coreana e Manciuria negli ultimi 300 anni prima dell’anno mille. L’equipaggio, formato dai più esperti di vari settori, ha come compito quello di ritirare una capsula contente un qualcosa di sconosciuto.

The Silent Sea dunque, tratta di una missione spaziale ricca di mistero, di dubbi e di certezze che diventano insicurezze dando così sfogo alla bellezza dell’ignoto di cui spesso opere ambientate nello spazio sono caratterizzate. Chiari i riferimenti a Aliens - Scontro finale (1986) e le similitudini ad altre opere quali Moon (2009) di Duncan Jones. Di più non si può dire, anzi, con la citazione di questi due film si è già detto molto. 

Ricca di un cast stellare, non a caso siamo nello spazio(!), questa serie ha come principali protagonisti Gong Yoo, apparso brevemente in Squid Game e divenuto famosissimo all’estero per il drama Goblin (2016) e per Train to Busan (2016), e Bae Doo-na, attrice che non ha bisogno di presentazioni, la quale in passato è apparsa in Barking Dogs Never Bite (2000), Take Care of My Cat (2001), Mr. Vendetta (2002), The Host (2006), e moltissime altre opere coreane o internazionali quali Cloud Atlas (2012) o Sense8 (2015-2018). Di supporto notevoli le interpretazioni di Kim Sun-Young (Malmoe: The Secret Mission, 2019), e Lee Moo-Saeng. 

The Silent Sea, oltre che a un budget stratosferico, presenta degli effetti speciali ottimi (a parte una scena nel primo episodio), e una trama ricca di riferimenti a classici del genere, ma che allo stesso tempo propone un qualcosa di originale, lasciando un finale aperto che molto probabilmente porterà a una seconda stagione.

Da lodare non solo le interpretazioni quindi, ma anche il voler provare a creare un qualcosa di nuovo, senza mettere da parte critiche al capitalismo, ad aziende disposte a tutto pur di guadagnare denaro e a personalità prive di principi morali. Insieme a Squid Game e Hellbound, The Silent Sea ha scalato le classifiche di Netflix rientrando tra i primi dieci programmi più guardati, raggiungendo per un periodo anche il primo posto in svariate nazioni. Un ottimo panorama per l’industria di drama coreana, che quest’anno si è fatta conoscere molto di più anche a un pubblico non interessato ai prodotti multimediali provenienti da questa parte del globo.