The Vengeful Beauty

Voto dell'autore: 3/5
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The Vengeful Beauty è un sequel non ufficiale del celebre dittico composto da La Ghigliottina Volante (1975) e The Flying Guillotine Part 2 (1978). Alla regia il veterano Ho Meng-hua già regista del primo episodio, che noncurante della storia narrata in The Flying Guillotine Part 2 uscito solo due mesi prima, riprende la storia proprio dove l’aveva interrotta.

Il perfido imperatore Yung Cheng continua la sua epurazione delle fazioni a lui opposte, l’esecutore materiale è Jin Gang-feng al comando di un reparto specializzato nell’uso della ghigliottina volante [Piccola curiosità: Lo Lieh era già apparso in un ruolo similare anche nel precedente capitolo]. Il massacro perpetrato non ha eguali, le ghigliottine come falchi sulle prede non lasciano superstiti. La dolce Rong Qiu-yan allieva della scuola Wu Tang, in virtù di una promessa fatta al consorte, fugge giurando di vendicarsi. La donna è incinta, e per la salvaguardia del nascituro decide di recarsi da un lontano e sconosciuto zio del marito. Nel viaggio non privo di pericoli si uniranno Wang Yung, un vecchio amico esperto spadaccino segretamente innamorato di Qiu-yan, e Ma Teng protagonista della prima pellicola, anche lui fuggiasco con una bella taglia sulla testa. Il trio affronterà tutti e tre i figli di Jin Gang-feng ognuno esperto in un’ arma (ovviamente) e tutta una serie di trappole a base di ghigliottine volanti, culminante in un finale epico con un “triello” (duello a tre) da annoverare tra i più violenti di quel periodo.

Ho Meng-hua ci riporta là dove si era interrotta la storia del primo film, le scene iniziali ci fanno entrare subito nel clima di terrore e repressione del regno Manchu: vediamo avvampare tra le fiamme dei libri, mentre un’intera famiglia viene decapitata come monito per la popolazione.
Le prime immagini sono inequivocabili, la critica ad un potere totalitario e centralista  presenti anche nel primo film sono un  marchio di fabbrica del regista, anche se in questo caso vengono mitigate sullo sfondo, in favore di una sceneggiatura schematica e un po’ banale, anche se nella media del genere.
Ho Meng-hua, tra un combattimento e l’altro (e ce ne sono parecchi) preferisce esplorare i rapporti d’amicizia/amore tra i tre protagonisti. Raggiungendo un pathos non lontano dai lavori del maestro Chang Cheh, toccando corde e situazioni non dissimili da un wuxia di quasi dieci anni prima intitolato Killers Five (1969).

Ci piace pensare a Rong Qiu-yan come diretta discendente dei personaggi interpretati dalla bella Li Ching o la Chen Pei Pei di Golden Swallow (1968), anche se alcune scene di nudo, assai rare in questo genere, traghettano il film più in là, quasi una sorta di specchio contemporaneo del cambiamento dei costumi.
Come già accennato i combattimenti rivestono un ruolo fondamentale nella struttura semplificata del film, Tong Gaai oramai coreografo affermato non lesina in quanto a messa in scena e varietà di situazioni. Le prove effettuate nel precedente The Flying Guillotine Part 2 forniscono una solida base sulla quale sperimentare, e il nostro non ci delude.
Le ghigliottine sono le protagoniste della prima parte del film, decapitazioni e combattimenti cruenti sono lo standard, anche se i tre protagonisti riescono a neutralizzarle abbastanza facilmente. Il resto dei duelli sono uno più delirante dell’altro: si và dal classicissimo all’alba del 2006, scontro tra i canneti con tanto di wirework, ben congegnato: forse più sbalorditivo di quello realizzato in The Moon Warriors (1992) o del pluriacclamato La Tigre e il Dragone (2000).
La protagonista “Bloody Hibiscus”, così si fa chiamare, armata di un lancia corta farà strage dei suoi nemici con molta facilità e a nulla serviranno le trappole organizzate dai figli del perfido Jin Gang-feng, compresa un’imboscata con dei tizi nascosti dentro delle statue di Buddha.
I rimandi a Chang Cheh non sono solamente a livello formale, ma anche di natura citazionista: il combattimento finale a tre su un ponte richiama alla memoria lo splendido The Deadly Duo (1971), persino le armi usate (il bastone a tre sezioni) sortiscono lo stesso effetto !
Tong Gaai come già accennato più volte è un innovatore, i suoi esperimenti con il wirework e combattimenti su strutture pericolanti (ai quali darà un forma più concreta nelle sue due opere come regista, Shaolin Prince (1983) e Shaolin Intruders (1983) sono da considerarsi degli antenati delle opere di Yuen Kwai e Yuen Woo-ping.
I protagonisti di questa avvincente dramma sono delle star di prima grandezza. Chen Ping esordisce a soli sedici anni nel mondo dello spettacolo, ma è nel 1972 che entra a far parte degli Shaw Brothers Studio. Esordisce proprio con Ho Meng-hua in Kiss of Death (1973) continuando la sua carriera anche in film semi-erotici che la fanno assurgere a starlette di prima grandezza.
Nel ruolo che fu di Chen Kuan-tai prima e Ti Lung dopo, troviamo Hsu Shai-chiang, attore molto quotato, divenuto famoso perché protagonista di una nota serie intitolata The Bastard Swordsman, ma non si contano le collaborazioni con i più grandi registi del genere da Chor Yuen a Liu Chia-liang.
Yueh Hua e Lo Lieh non hanno bisogno di presentazioni, sono due icone della Shaw, hanno partecipato a centinaia di film donando sempre il massimo, regalando performance di prima grandezza anche i produzioni scalcagnate.
Il mastermind di questa pellicola è il prolifico (in tutti i generi) Ho Meng-hua, già noto a cultori del cinema asiatico grazie a pellicole fantasy come l’adattamento de Viaggio in Occidente, wuxiapian del calibro di Killer Darts (1968), The Lady Hermit (1971), oppure la versione di King Kong ambientata ad Hong Kong, The Mighty Peking Man (1977) o il weirdo The Oily Maniac (1976), solo per citarne alcuni.

In conclusione questo The Vengeful Beauty nonostante sia un sequel “pirata” non sfigura affatto a confronto con i suoi predecessori, anzi regala qualche momento di elevata spettacolarità, non rinunciando ad un discorso di critica sociale, come sottotesto, s’intende.
Lo consigliamo a tutti gli amanti del genere ed in particolar modo ai cultori delle ghigliottine volanti: “Let the Guillotines fly!!!!”.